L’azzurra si fa innervosire da un campo ai limiti della praticabilità (forse oltre) e cede all’americana Shelby Rogers. Le proteste erano legittime, la perdita di concentrazione no. Rivedrà la terra rossa nel 2015.

Di Riccardo Bisti – 13 luglio 2014

 
La sconfitta fa notizia, ma la riflessione è un'altra. Fino a dove possono spingersi i regolamenti per tutelare gli organizzatori? E fino a dove possono rischiare i tennisti? Dando un’occhiata alle semifinali del torneo WTA di Bad Gastein, sono tornate in mente le ultime edizioni dello Us Open, in cui la pioggia ha tormentato il programma e diversi match sono stati messi in campo nonostante le condizioni ai limiti (forse oltre…) della decenza. Ci ha rimesso Sara Errani, ed è un peccato. L’assalto al Masters WTA di singolare si fa più complicato, così come quello all’eventuale Masters B, visto che vincere un WTA International da qui a fine stagione non sarà semplicissimo. Ed è emerso un personaggio nuovo, Shelby Rogers, che mostra un arsenale (e un fisico) simile a quello di Lindsay Davenport proprio nel giorno in cui la ex numero 1 entra nella Hall of Fame. Corsi e ricorsi storici. Lo ha fatto in un giorno martoriato dalla pioggia, dove il programma si è concluso a ora di cena, fatto totalmente insolito per un torneo piuttosto…mattiniero. In precedenza, Andrea Petkovic aveva sofferto per battere Grace Min (altra giovane americana dal buon potenziale). La Errani già pregustava la rivincita dei quarti a Roland Garros, invece è incappata in una giornata balorda che si è chiusa con un 7-6 6-3 per l’americana. Sara ha perso, ok, ci può stare.
 
IL NERVOSO DELLA ERRANI
La riflessione è un’altra. Si doveva giocare? Il campo era pesante, pericoloso, ai limiti dell’impraticabilità. Quando c’è un po’ di pioggia, su terra battuta si può giocare. Ma se il campo diventa marrone scuro, beh, c’è qualcosa che non va. C’era il rischio di impuntarsi, con il forte rischio di farsi male alle caviglie. La Errani, rapidissima e ottima “scivolatrice”, ha evitato diverse scivolate per non correre rischi. Così facendo, tuttavia, le bordate della Rogers diventavano colpi vincenti. E lei, l’americana, aveva buon gioco a picchiare come se si fosse sul cemento. Sara ha sciupato quattro setpoint nel primo set (due sul 5-4 e due nel tie-break), finendo col perdere 14-12 nel gioco decisivo. Al cambio campo ha chiamato la supervisor per manifestare il suo nervoso. Ha parlato a lungo, raramente l’avevamo vista così nervosa. Anche sul 6-5, aveva “invitato” la giudice di sedia a dare un warning al campo. Nel secondo, nonostante una buona partenza (avanti 2-0) non c’era più con la testa e ha finito col perdere. In questi casi, di solito, si dice che le condizioni avverse c’erano per entrambe. E’ certamente vero, ma la pesantezza del campo ha certamente penalizzato più la Errani (impossibilitata a scivolare) che la Rogers, il cui disegno tattico sul rosso non è cambiato di una virgola: botte e scarsa mobilità. E così in finale ci va lei, vera ammazza-italiane dopo il successo su Camila Giorgi.
 
SI POTEVA FARE MEGLIO
Gli organizzatori volevano terminare a tutti i costi il programma e hanno spinto in questo senso, ma così hanno peggiorato lo spettacolo e hanno messo a repentaglio l'incolumità delle giocatrici. La supervisor ha sbagliato nell’ascoltare passivamente le rimostranze della Errani, quando avrebbe dovuto effettivamente verificare le condizioni del campo e valutarne la praticabilità. Detto questo, Sara non ha gestito bene la situazione. Perso il primo set, si è fatta prendere dal nervosismo che riappariva ogni volta che andava in difficoltà. La più penalizzata era lei, ma in alcuni frangenti ha dato l’impressione di utilizzare il campo come alibi. Una campionessa come lei deve andare oltre e giocarsela al 100%, anche e soprattutto nelle difficoltà. Un titolo a Bad Gastein non le avrebbe cambiato la vita, ma poteva gestire meglio l’intera vicenda. Ci può stare un pizzico di stanchezza dopo le fatiche di Wimbledon, ma la tesi regge fino a un certo punto visto che la “gemella” Roberta Vinci è in finale a Bucarest. Tra le due, era quella ad averne più bisogno. Per questo, probabilmente, alla fine va bene così. E Sara ritroverà la terra battuta nel 2015.