Quel nome di battesimo sembra una presa in giro. Ma non c'è niente di strano: Tennys Sandgren si chiama così per il suo retaggio familiare, giacché i suoi bisnonni erano svedesi. Ci sarà anche lui nel main draw del Roland Garros 2017, al via domenica sui campi di Bois de Boulogne. Da parecchi anni, la USTA ha a disposizione una wild card per lo Slam francese e la concede a chI raccoglie più punti nei tornei di avvicinamento, su terra battuta. Vincendo il Challenger di Savannah, su terra verde, Sandgren si è assicurato in extremis lo spot. E pensare che aveva iniziato il mini-circuito senza grosse aspettative: ad aprile è salito in macchina e ha guidato da Nashville, Tennessee, dove risiede, per giocare il torneo di Sarasota. In quelle settimane ha alloggiato come ospite presso alcune famiglie, in modo da contenere i costi. “Senza di loro non credo che ce l'avrei fatta”, anche perché dopo 13 ore di guida al venerdì avrebbe esordito al lunedì. Invece è andata alla grande: il ranking attuale lo vede al numero 112 ATP, perfetto trampolino di lancio per entrare finalmente tra i top-100. A Parigi giocherà il suo primo Slam in tabellone. Tennys era già stato a Parigi nel 2013, quando era numero 278 ATP e giocò le qualificazioni. Il suo match di terzo turno contro Ruben Bemelmans fu rinviato a causa della pioggia e si giocò su un campo pesantissimo. Lottò a più non posso, ma si arrese 8-6 al terzo, a due passi dal main draw. “Questa wild card significa molto perché me la sono guadagnata – dice Sandgren, che compirà 26 anni il prossimo 22 luglio – adesso mi sto domandando cosa sarebbe meglio: affrontare un top-player su un campo importante o magari sfidare un avversario alla portata? Diciamo che preferirei evitare Rafa Nadal. In questo periodo credo che sia meglio non affrontarlo”.
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IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE
Sa di cosa parla, il ragazzo del Tennessee. Nel 2009, mentre giocava il torneo junior, svolse una sessione di allenamento proprio con Nadal. Esperienza terribile. Ma è stata ancora peggiore quella del 2014, quando un intervento all'anca gli ha impedito di camminare per un mese. Ed è rimasto fuori dal tour per un totale di cinque mesi. Da allora, è diventato un maestro di preparazione atletica. “Potrebbe sembrare stanco durante un match, ma non è così – dice coach Jim Madrigal – credo che abbia più spirito combattivo di buona parte dei top-40. Non molla mai, fino alla stretta di mano. Però gli capitava spesso di distrarsi”. E allora hanno svolto un lavoro mirato per cercare di migliorare la capacità di concentrazione, punto dopo punto. I risultati sono arrivati, belli e fragorosi. Inoltre serve meglio, e il dritto sembra finalmente all'altezza di un ottimo rovescio. Casualmente, ha scoperto che la terra battuta è perfetta per il suo tennis. Si è qualificato per il torneo ATP di Houston, poi ha raggiunto due finali Challenger: ha perso quella di Sarasota (contro Tiafoe) prima di vincere quella di Savannah, vincendo due partite al fotofinish contro Henri Laaksonen e Tommy Paul. Nel pieno della maturità atletica, Sandgren è convinto di avere ancora il meglio davanti a sé. “Non mi voglio certo paragonare a Roger Federer, ma lui è migliorato dopo aver compiuto i 30 anni – dice Sandgren – questo mi fa pensare che, anche se hai faticato per qualche anni, esistono ancora speranze”. E poi, con quel nome lì, cosa vuoi fare se non il tennista? I suoi genitori, come detto, lo hanno chiamato così in onore alle origini svedesi, ma – non poteva essere altrimenti – perché amano il tennis. “Ho pensato che non potessi essere troppo male a tennis, con un nome del genere – dice Sandgren – magari non un fenomeno, ma almeno dignitoso”. A quanto pare, aveva ragione.