Continua l'impressionante crescita di Salvatore Caruso: impantanato al n. 400 ATP fino a un paio di mesi fa, ha messo il turbo e oggi è già n. 237. Ha passato il primo turno anche a Manerbio e ci spiega le ragioni della sua crescita. "Finalmente non ho più ansie inutili". (Foto Felice Calabrò)

MANERBIO – All'ora di pranzo di lunedì, l'Italia aveva già piazzato due giocatori al secondo turno del Torneo Challenger di Manerbio. Due ragazzi nati nel 1992, in ascesa e con obiettivi simili: Federico Gaio e Salvatore Caruso. Ha destato una grande impressione il siciliano di Avola, che compirà 23 anni il prossimo 15 dicembre. Con un netto 6-4 6-1 ha superato un cliente ostico come l'austriaco Dennis Novak, un anno più giovane di lui. Novak fa parte del team guidato da Gunther Bresnik e Wolfgang Thiem, padre del numero 1 austriaco. L'azzurro lo ha tenuto a bada: un break al quinto gioco ha spezzato gli equilibri e il secondo set è stato poco più che una formalità. Caruso migliorerà il suo best ranking, frutto di una crescita impetuosa negli ultimi due mesi. Numero 394 ATP a fine giugno, oggi “Salvo” è 237esimo e sembra entrato in una spirale più che positiva. “Ho giocato un'ottima partita – attacca il siciliano – forse non ho espresso il miglior tennis possibile perché le condizioni non erano semplici. Con il freddo e il vento, la palla si sente meno nelle corde. Ho commesso pochi errori e soprattutto ho servito bene. Nei momenti di difficoltà, la battuta mi ha dato una grossa mano. Quando sei 30-30 e il servizio ti toglie dai guai è un'ottima cosa. Spero di continuare così”. Dopo un anno e mezzo di difficoltà. Caruso sembra finalmente in grado di esprimere il suo ottimo potenziale: è un giocatore aggressivo, completo, molto attento nelle scelte. Allora vien da domandarsi come mai il 2014 sia stato un anno di transizione. “Quando fai un anno buono come il mio 2013, passando da numero 700 e numero 300, ti ritrovi catapultato in una posizione che non senti tua. Il 2014 è stato comunque importante: mi è servito per prendere consapevolezza nei miei mezzi. A dire il vero, il 2015 non era iniziato troppo bene: qualche risultato future, ma nulla di più. Non ero soddisfatto, sapevo che il mio tennis poteva darmi di più. La differenza? Finalmente mi sono tolto le ansie che mi mettevo addosso. Quando vinci poco capita di avere fretta, perdere lucidità…adesso gioco tranquillo, in campo cerco di divertirmi. E col divertimento arrivano le vittorie”. Ed ecco il cambio di marcia: semifinale al challenger di San Benedetto (con tanto di vittoria sul top-100 Gimeno Traver, la migliore in carriera), quarti a Recanati, un'altra semifinale a Biella e il titolo al ricco future di Bolzano. Risultati talmente buoni da far sembrare un passo falso il quarto di finale di pochi giorni fa ad Este. E la classifica dice numero 237: impensabile fino a qualche anno fa.


"AVERE UN TRAGUARDO E' SEMPRE POSITIVO. MA SENZA ANSIE"

Buona parte del merito è del coach Paolo Cannova. “Non è presente a Manerbio, ma ha seguito la partita in streaming e 'abbiamo analizzata insieme – continua Caruso – mi trovo molto bene con lui e spero di andare avanti ancora a lungo”. A questi livelli, capita che il giocatore viaggi da solo per qualche settimana, senza allenatore al proprio fianco. “Quando accade ci vuole una certa autodisciplina, anche perché devo pensare a molte più cose: prenotare i campi di allenamento, le palline, l'acqua…e poi, non c'è dubbio, manca anche l'aiuto immediato a bordo campo, specie nei momenti importanti”. Il 2015 è quasi agli sgoccioli, ma non è mai sbagliato parlare di obiettivi. “A dire il vero non me ne pongo, almeno nell'immediato. Più salgo e meglio è. Diciamo che giocare qualche Slam sarebbe una bella soddisfazione. Qualificazioni dell'Australian Open? Magari! Sarei pronto a partire dalla Sicilia anche a nuoto…”. Scherzi a parte, Caruso si è concesso una riflessione sul valore degli obiettivi. E' giusto averne oppure è meglio di no? “Ci sono dei pro e dei contro. Fissare un traguardo può creare pressioni extra, poi se li raggiungi potresti avere un calo di motivazioni. Ma credo che sia giusto porsi dei traguardi: ogni giocatore deve sapere dove arrivare e il modo giusto per arrivarci. Direi che la cosa migliore è avere un obiettivo ma senza mettersi ansie inutili, del tipo 'se non ce la faccio è un guaio'. In realtà non fa niente, perché ormai a tennis si gioca fino a 34-35 anni, come insegna Roger Federer”. Al secondo turno, Caruso avrà un match affascinante contro il vincente del derby sudamericano tra Carlos Berlocq (reduce dalla finale a Meerbusch) e il giovane qualificato cileno Christian Garin.