BERGAMO – Uno dei principali handicap per i giocatori di bassa classifica è l'impossibilità di avere uno staff itinerante. Nei Challenger capita di vedere giocatori soli, o magari costretti a condividere un solo coach. Eppure, preparatore atletico e fisioterapista non sono figure secondarie: lo sa bene Salvatore Caruso, che per il 2018 ha scelto di investire su Niccolò Liberati, abile fisioterapista marchigiano che si sta prendendo cura dei suoi muscoli. Quella al Trofeo Perrel-Faip di Bergamo (64.000€, Greenset) è la prima settimana in cui Liberati accompagna Caruso e lo storico coach Paolo Cannova. I risultati si vedono: “Sabbo” è nei quarti grazie alla dirompente vittoria contro il francese Vincent Millot, molto pericoloso a questi livelli. Un netto 6-0 6-2 maturato in un'oretta lo ha portato nei quarti, ma gli obiettivi sono ben più ambiziosi. Il modo in cui Caruso ha gestito il match è più che incoraggiante.“Credo che ci sia stato un mix tra meriti miei e demeriti suoi – racconta Caruso, ancora sul lettino del fisioterapista a oltre un'ora dal match – sin dall'inizio mi sono accorto di colpire bene, la palla usciva alla grande e lui ne ha sofferto. Nel secondo set, sono stato bravo a non farlo entrare in partita. Quando vinci 6-0 il primo set c'è il rischio di pensare che sia finita: errore gravissimo, perché un match può sempre girare. Due anni fa vinsi 6-0 il primo set contro Karen Khachanov, poi ho perso. I match non sono mai chiusi, l'esperienza di quel match mi è servita oggi”. Numero 156 ATP la scorsa estate, Caruso sta iniziando ad annusare l'aria del grande tennis, spinto anche dalla mentalità internazionale di coach Cannova. La qualificazione all'Australian Open, oltre a dare un valido supporto economico, gli ha fatto capire di poter giocare a certi livelli.
UN SOGNO SICILIANO
La scelta di portarsi un fisioterapista in giro per i tornei è segno di una forte ambizione. “È un aiuto importante, ci credo molto – continua Caruso – questa è la nostra prima settimana, stiamo facendo davvero un bel lavoro. Con Niccolò ci siamo conosciuti a Recanati e mi è piaciuto sin da subito, ho voluto fortemente questa collaborazione. Avere il fisioterapista è un aiuto incredibile: conosce bene il tuo corpo, a differenza del “fisio” del torneo che ti vede – se va bene – una volta all'anno. Sa dove muoversi, quali sono i punti deboli… inoltre aiuta in tante cose: ad esempio, non devo più pensare allo stretching o agli integratori. Per adesso fare una prova di 6-7 settimane, poi in base alle varie disponibilità cercheremo di allungare. Il prize money intascato in Australia mi darà una mano, ma l'impegno con Niccolò era già stato preso. Posso promettere una cosa: investirò bene e con grande attenzione i soldi conquistati a Melbourne. E il fisioterapista è uno dei miei investimenti”. 25 anni compiuti il 15 dicembre (è nato lo stesso giorno di Paolo Lorenzi, 11 anni dopo), Salvatore Caruso veleggia da qualche anno intorno alla 200esima posizione ATP. Adesso è giunto il momento di fare un salto di qualità. “Negli ultimi anni ho imparato tante cose, ma la più importante è che ci vuole costanza, ovviamente con alcuni picchi. A ben vedere, un giocatore fa la classifica con 5-6 tornei. Ma la costanza aiuta tanto”. Oggi il ragazzo di Avola occupa la poltrona numero 189, ancora lontanuccio dalla 68esima posizione conquistata una dozzina d'anni fa da Alessio Di Mauro, miglior siciliano di tutti i tempi. Viene spontaneo chiedergli se ha mai pensato a superarlo. “È un sogno nel cassetto. Alessio è un mito per tutti noi, arrivare al numero 68 vuol dire aver fatto le cose per bene. In campo era molto intelligente, la sapeva lunga. Abbiamo anche giocato due volte, con un successo per parte. Ho diversi obiettivi, ma ogni tanto do un'occhiata anche a questo”.
LA VICINANZA DELLA FAMIGLIA
La figura dei genitori è molto importante per un tennista: ci sono famiglie molto presenti, sempre al fianco dei figli, anche in giro per i tornei. Alcuni sono diventati molto popolari. Al contrario, non si sa molto della famiglia Caruso. “Da tipica famiglia del sud siamo molto uniti, ci sentiamo tutti i giorni, anche con mia sorella che vive e lavora a Milano – racconta Caruso – loro sono molto presenti e mi hanno sempre sostenuto, anche se in famiglia nessuno giocava a tennis. Mia madre fa l'insegnante, mio padre ama i motori e la vela e mia sorella suonava il pianoforte. Papa Enzo mi ha sostenuto tanto, è il mio primo tifoso. Mia madre, Lina, ha fatto altrettanto ma in modo più silenzioso. È normale: quando vedi un figlio soffrire in campo, soffri anche tu. Avevamo fatto la scommessa che se avessi giocato in tabellone a Roma sarebbe venuta a vedermi. L'ha fatto, ma era molto tesa. Ogni tanto mi voltavo verso il box e aveva sempre lo sguardo abbassato… non so quanti punti abbia visto! È molto presente, si fa sentire in silenzio!”. Facendo un pizzico di autocritica, Caruso ha ammesso di essersi un po' rilassato la scorsa estate, dopo la finale a Biella (la prima in carriera in un torneo Challenger). “Il rischio che possa capitare di nuovo c'è sempre. Per fortuna imparo molto dagli errori: per esempio, la stagione è iniziata bene e sto facendo un filotto positivo. L'esperienza di Biella mi ha aiutato a non essere appagato. Dopo l'Australia sono stato bravo, ma non bisogna calare l'attenzione e pensare che un problema sia risolto. Guai commettere sempre gli stessi errori”. Se davvero dovesse raggiungere i suoi obiettivi, Caruso sarebbe un grande acquisto per il pubblico mainstream. Il suo sorriso, la sua simpatia e la tipica solarità siciliana lo rendono un personaggio molto positivo, così come è positivo il suo atteggiamento sul campo. Per un posto nella Final Four bergamasca, se la vedrà con il vincitore di Berrettini-Lestienne.