A Cincinnati 2015 lo svizzero svelò al mondo il suo nuovo colpo, nato per gioco ma presto diventato un’arma nel suo piano tattico. Impossibile da imitare per tutti, o quasi come dimostra Nick Kyrgios

Uno scatto da centometrista al momento del lancio di palla e una risposta in controbalzo, spesso negli ultimi centimetri del campo. ‘Don’t try this at home’ recita lo spot del wrestling, riutilizzabile anche in questo caso in campo tennistico dove le possibilità di incappare in figure barbine lisciando la palla o, peggio, venendo colpiti dalla stessa sono decisamente elevate. A meno che non si parli di Roger Federer che nel 2015 lasciò per l’ennesima volta tutti a bocca aperta, implementando il suo già sterminato repertorio con un nuovo colpo. Il primo a fare amicizia con quella che sarà poi ribattezzata SABR (Sneak attack by Roger) fu Roberto Bautista Agut nel secondo turno di Cincinnati. Secondo set, palla break in favore dello svizzero che si catapulta verso la rete e spedisce la risposta di rovescio in mezza volata nei pressi della riga. Lo spagnolo, stupito dalla velocità d’esecuzione, non riesce a organizzare un passante e manda il dritto in corridoio. Mormorii, poi gli applausi accompagnati da espressioni interrogative. Da Federer ci si può aspettare di tutto, è vero, ma così è troppo, quasi irrispettoso nei confronti dell’avversario. Ne sa qualcosa anche Novak Djokovic, battuto in finale nel torneo e per due volte beffato dalla risposta d’attacco di Roger: quasi iconico il volto di pietra del suo ex coach Boris Becker, pizzicato dalle telecamere subito dopo il punto perso dal suo pupillo.

Il nuovo colpo era nato per gioco qualche giorno prima dell’inizio del Western & Southern Open. “Appena arrivato a Cincinnati, dopo pranzo, mi allenai con Paire. Eravamo entrambi stanchi, io per il jet lag e lui per un problema all’orecchio – la spiegazione della genesi della SABR – Per concludere decidemmo di disputare qualche game ma scherzavamo per tutto il tempo. Decisi di giocare chip and charge per accorciare i punti e lasciare il campo quanto prima ma iniziai a colpire vincenti. Paire rideva, io ridevo, Luthi rideva. E così riprovai nelle sessioni di allenamento successive e continuò a funzionare, quindi Severin mi esortò a usarlo anche in partita. Ero incredulo ma lui ha insistito e ci è venuto in mente, parlando di tattica, anche il nome“. Un esperimento felice trasformatosi in una vera e propria arma all’interno dei match: senza abusarne e quasi rigorosamente sulla seconda di servizio, Federer ha trovato un ulteriore metodo per risparmiare energie e allo stesso tempo mettere pressione all’avversario, costretto ad assicurarsi con la coda dell’occhio di non essere aggredito dallo sprint dello svizzero verso la rete. Un vero e proprio marchio di fabbrica, difficile da emulare per tutti. O quasi, come dimostrato dal solito Nick Kyrgios.