di Daniele Rossi – foto Getty Images
16 settembre 2012. A San Jose do Rio Preto, la peggiore Russia degli ultimi vent'anni, perde 5 a 0 contro il Brasile. La sconfitta costringerà la squadra a giocare l'anno prossimo nel Zone Group, quello che noi chiamiamo comunemente Serie B. Il capitano Shamil Tarpischev si è dovuto affidare ad Alex Bogomolov jr., Igor Andreev, Teymuraz Gabashvili e Stanislav Vovk. L'unico a vincere un set nel weekend è stato Gabashvili, capace di strappare un parziale a Bellucci nel secondo singolare. Per il resto, buio totale.
Questa annunciata debacle è lo specchio di una ormai ex superpotenza che sta attraversando una seria crisi in ambito tennistico. Il movimento maschile conta su pochissimi elementi di qualità, tra l'altro quasi tutti a fine carriera, mentre quello femminile, dopo un decennio di successi, è contraddistinto da una serie di buone giocatrici – anche loro quasi tutte al tramonto – aggrappate alla gonna della Regina Sharapova.
Fra gli uomini, ci sono cinque top 100 russi, ma solo due fra i primi 50, Youzhny e Davydenko. Misha e Kolya hanno tenuto su la baracca nell'ultimo decennio, ma ormai sono entrambi ultratrentenni e il meglio delle rispettive carriere è già passato. Le semifinali colte questa settimana a Metz e San Pietroburgo, non devono ingannare. Sia Youzhny che Davydenko sono alle prese con una stagione più che deludente, normale tramonto di una vita tennistica di alto livello, ma comunque lontana dai campioni del passato.
Vedere Kolya, che è stato numero 3 del mondo e vincitore del Masters due anni fa, arrancare fra la quarantesima e cinquantesima posizione, fa tristezza, così come alcune sue performance di quest'anno (sconfitte inspiegabili con gente come Chiudinelli, Farah e Haase). La velocità di gambe se ne è andata, così come la regolarità e l'anticipo grazie al quale era in grado di battere Nadal e Federer. E forse è sparita anche la motivazione: Nikolay ha vinto molto di più di quanto si potesse immaginare (ben 21 titoli nel complesso) e la nascita della figlia Ekaterina in aprile avrà contribuito ad allontanare le sue energie mentali dal campo di gioco.
Dietro di loro in Top 100 ci sono due onesti mestieranti come Alex Bogomolov jr. (grande stagione nel 2011, scomparso quest'anno) e Dmitry Tursunov, più il giovane Andrey Kuznetsov, questa settimana al numero 91. 21 anni da Tula, Kuznetsov sta scalando la classifica grazie a qualche vittoria nei Challenger, ma dopo una grande carriera da junior, sembra ancora troppo leggero e inconsistente per poter sfidare i top player.
Fra i primi 200 troviamo giocatori come Andreev, Donskoy, Kunitsyn, Gabashvili, Kudryavtsev e Kravchuk, discreti impiegati della racchetta, già in là con gli anni.
Il futuro è riposto nelle mani di Victor Baluda, Stanislas Vovk e Mikahil Biryukov. Il primo – 19 anni e numero 392 del mondo – arranca tra i Futures, il secondo – 21 anni e numero 456 – ha già assaggiato l'aria di Coppa Davis, ma quest'anno ha giocato solo tornei minori in giro fra Russia, Armenia e Georgia. Mikhail Biryukov prometteva tantissimo, qualcuno se lo ricorderà vincere il Trofeo Bonfiglio nel 2010, ma finora non ha mantenuto le attese. A 20 anni è numero 562 del mondo ed è ancora impantanato nell'inferno dei Challenger locali.
Insomma un quadro abbastanza sconfortante, per una nazione che ha prodotto giocatori del calibro di Kafelnikov e Safin.
La punta di diamante del tennis russo però, è sempre stato il movimento femminile. Tra gli anni '90 e 2000, la Russia ha letteralmente invaso il circuito, producendo una quantità infinita di giocatrici. Qualche campionessa (Sharapova, Kuznetsova e Dementieva), promesse svanite nel nulla (Kournikova, Myskina e Safina), tante ottime giocatrici e una valanga di fotocopie dal tennis potente e monocorde.
E' vero che fra le prime 100 ci sono dieci giocatrici russe (e 42 fra le prime 500), ma stiamo parlando di quantità e non di qualità. Dietro a Maria Sharapova, che di russo ha solo il passaporto visto che vive in America da quando ha 7 anni, ci sono Kirilenko, Petrova, Zvonareva, Makarova, Pavlyuchenkova, Kuznetsova, Vesnina, Panova e Bratchikova.
La Kirilenko sta giocando un'ottima stagione, ma è troppo leggera ed emotiva per vincere qualcosa di importante. La Petrova continua a vivacchiare fra le prime 20 ma non è più competitiva, così come le “desaparecide” Zvonareva e Kuznetsova, entrambe alle prese con misteriosi infortuni che le hanno dissolte nel nulla. La Pavlyuchenkova è giovane (21 anni) e ha buoni margini di miglioramento, ma deve assolutamente recuperare una condizione atletica presentabile. E' notizia di pochi giorni fa il suo ritorno all'Accademia Mouratoglou, non potrà farle che bene.
Tra i prospetti più interessanti ci sono Valeria Savinyk e Irina Khromacheva. La Savinyh, 21 anni e numero 139 del mondo, si sta facendo le ossa giocando le quali dei tornei più importani (si è qualificata agli Australian Open perdendo al primo turno dalla Errani), ma sembra una sbiadita copia della classica tennista “made in Russia”.
Tutt'altro discorso per la Khromacheva, che ad appena 17 anni è già numero 176 del mondo. Talento e personalità, può essere lei la nuova stella del tennis russo. Ancora troppo giovane per dare un giudizio definitivo, ma quest'anno ha già battuto giocatrici del calibro di Regina Kulikova, Eugenie Bouchard, Caroline Garcia e Arantxa Rus.
Ma qual è il motivo di questa crisi? Si è semplicemente esaurito il filone?Aumento della concorrenza? O un disinteresse delle alte sfere? Un suggerimento ce lo da proprio Tarpischev, presidente della federazione, nonché capitano di Coppa Davis e Fed Cup: “Nessuno calcola i costi dell'attività all'estero. Il tennis è l'unico sport in cui l'atleta deve pagarsi l'attività: un under 16 può costare 200.000 dollari l'anno, un under 14 50.000. In Russia mancano i finanziamenti, allora i ragazzi scappano ed è profondamente sbagliato. Adesso ci sono 13-15 giocatori russi che rappresentano gli altri paesi, perchè danno loro più soldi. Noi non possiamo garantire nulla”.
Sembra quindi che il problema sia a monte e che sia quello più scontato: i soldi. La Federazione non investe, non sostiene i giocatori e quelli scappano all'estero. La più palese dimostrazione di questo problema è stato lo “shopping” del Kazakistan, che si è comprato Golubev, Kukushin, Schukin, ma anche Voskoboeva e Shvedova.
Ma attenzione, perchè sta cominciando ad accadere anche fra i giovani. Dennis Novikov, 18 anni e numero 545 del mondo, è uno dei prospetti più interessanti in chiave futura: è nato a Mosca e suoi genitori sono russi, ma la nazionalità sul passaporto è quella americana. Stesso destino per Anna Danilina e Yulia Putinsteva (rispettivamente numero 8 e numero 14 Itf, classe '95), entrambe moscovite di nascita, ma già adottate dal Kazakistan.
Crisi di questi tempi è una parola abusata e sicuramente più adatta a qualcosa di più importante di una partita di tennis, ma è certo che l'aspetto economico per la crescita di un giovane tennista, è fondamentale. Se i giocatori più promettenti finiscono per svendere la propria nazionalità a qualche federazione più ricca, è evidente che c'è qualcosa di sbagliato nella fonte del sistema. E non illudiamoci che la cosa riguardi solo la Russia. Tantissimi dei nostri giovani giocatori sono costretti a migrare all'estero per trovare sostegno e strutture di allenamento adeguate, e non è detto che quando si trovino a decidere quale nazione scegliere da rappresentare, scelgano quella del tricolore.