La decisione dell’Aeltc di non ammettere tennisti russi va contro l’universalità e la neutralità dello sport. E ora si rischia un nuovo boicottaggio

Il precedente risale al ’73. Quella volta, motivo del contendere fu la squalifica rifilata a Niky Pilic reo di non essersi schierato in Davis per l’allora Yugoslavia, suo paese natio. Pilic voleva dimostrare che anche i tennisti hanno un cervello mentre il governo, da par suo e senza andare tanto per il sottile, usò la mano forte chiedendo la squalifica del giocatore dalle competizioni. Anche quella volta i parrucconi di Wimbledon non se lo fecero ripetere due volte ed esclusero il giocatore dal torneo. La risposta della neonata Atp non si fece attendere e mettendo in campo il coraggio che attiene a un’associazione di categoria, fece sentire la sua voce per via di 82 giocatori che si rifiutarono di scendere in campo.

Dieci lustri più tardi la storia si ripete seppure con dinamiche diverse. A fare da sfondo questa volta c’è la guerra tra due nazioni dell’est europeo, un conflitto che la storia giudicherà a distanza di tempo, mentre al momento avrebbe un disperato bisogno di parole e azioni di pace.

Due aspetti di cui lo sport potrebbe farsi ambasciatore in quanto fenomeno sociale che da sempre pone aI centro del suo operato l’uomo e le sue qualità, al di là delle posizioni politiche. Quanto sta accadendo, invece, va nella direzione opposta, ignorando l’universalità del suo messaggio e per tutta risposta fa calare la mannaia su una serie di giocatori rei soltanto di appartenere ai due paesi belligeranti. E poco importa che essi siano tra i migliori al mondo. Fossero anche gli ultimi, ciò non sposterebbe il problema di un’unghia giacché ciò che va ribadito è la trasversalità dello sport e la sua capacità di fare da collante. Stando così le cose, sorprende che ancora una volta un torneo come Wimbledon, in passato apripista di grandi cambiamenti che hanno reso migliore il tennis, offra il fianco a provvedimenti che invece di usare un linguaggio distensivo inaspriscono i toni venendo meno ai principi fondamentali dello sport: onestà, neutralità e confronto.

Così come accadde col caso Pilic, l’Atp ha fatto sentire il suo dissenso e minaccia un nuovo boicottaggio. Staremo a vedere. Nel frattempo la storia si ripete e racconta che comunque la metti, la politica non impara la lezione entrando a gamba tesa in questioni che non la dovrebbero neanche riguardare.