ROMA. La Errani non è (ancora?) in grado di battere una top 10, la Pennetta sfrutta l'esperienza, Serena Williams viene a capo della Petrova e del vento. DI FEDERICO FERRERO
Serena Williams ha battuto in rimonta un'ottima Petrova…e il vento
Dall'inviato a Roma, Federico Ferrero – 16 maggio 2012
A volte i numeri raccontano delle storie. Ventotto su ventotto è la sconfortante somma di sconfitte ammassate dalla trottola Errani contro le prime dieci al mondo. Se mai questa serie poteva conoscere una fine l'occasione era giunta inattesa nell'estate di due anni fa, quando Sarita aveva avuto non una, ma quattro palle del match contro Samantha Stosur nell'ultimo appuntamento pre Us Open sul cemento di New Haven. Lì, a tradirla, fu il cruccio di una vita: il servizio. Oggi è andata come natura vuole: l'imbattibilità di Sara sul rosso di inizio stagione sta iniziando a fare i conti con i tornei pesanti. La grinta e i vamos! non bastano più, spezzare il ritmo con le palle corte porta a un vantaggio di 4-1 nel secondo set ma, con una battuta – ahilei – più problematica di quella di Pippo Volandri, i break non sono mai un vantaggio, al più un'opzione non vincolante di acquisto sul set. La Errani è tanto generosa in campo quanto svelta di cervello e bilancia con riflessioni di cauta e legittima autostima («La partita è dipesa dalla Stosur, ma anche da me e questo è un piccolo passo avanti») considerazioni che tradiscono la consapevolezza di fondo della propria portata massima («In partita ero più vicina a lei di quanto pensassi»).
Sarita no, Pennetta sì. Ieri, post Kirilenko, l'ultima sopravvissuta in casa Italia alla smazzata del secondo turno faceva professione di umiltà: vivere alla giornata, un po' come quel 40% di suoi coetanei brindisini perennemente disoccupati. Sloane Stephens è un'apprendista pantera cresciuta nel mito di Meeka e Vee (Serena e Venus) e temprata da tragedie familiari ma il rosso, per lei, è una terra in larga parte inesplorata. Tra undici anni avrà l'eta corrente dell'azzurra e, per quei giorni, avrà imparato a gestire con più ragione l'arma del suo dritto. Così, mentre Flavia scherzava al gatto col topo, il regalo della settimana lo confezionava Petra Cetkovska, ceca di residenza parigina, una delle rarissime immunizzate al virus Radwanska. Il segreto è quello di Pasteur: uccidi il cattivo somministrandogli una dose del suo stesso veleno. La maga Aga, quest'anno, aveva perso sei partite: tutte contro la ex amica Vika Azarenka. Possibile che la nuova terza forza del tennis rosa si sia fatta irretire da una graziosissima giocatorina, spuntata nella seconda settimana del Roland Garros 2008 per farsi dare 60 60 da Ivanovic e poi sparita per tre anni dal tennis? Qui vengono in soccorso i precedenti: tre sfide, tre sconfitte per Radwanska a suon di smorzate e cambi di ritmo. Il regalo è l'abbinamento degli ottavi di finale, Petra contro Flavia, un'altra sfida tra miss che il ritmo della Pennetta può decidere.
Prima del duello con la pantera vera, Serena. Chiedere un altro regalo sarebbe stato troppo, eppure Nadia Petrova ha fatto di tutto per costringere alla resa la campionessa del blu di Madrid. Qui, sul rosso verace, il punto costa di più, la russa non è una dai timori facili e la (vera) numero uno del mondo ha dovuto spremere tutto il suo carisma per non regalare uno sguardo ancora più profondo al cammino di Flavia nel torneo. Ulteriormente alleggerito di insidie, tra l'altro, dal saluto precoce di Caroline Wozniacki, l'ex regina cui è bastata un'amante del rosso come la Medina e un principio di tracheite per abbandonare la lotta. La maniera più mesta per celebrare un ranking in crollo (altri numeri pesanti: da uno a otto, in neanche cinque mesi), con lo spettro dell'espulsione dalle top ten neppure tanto distante: scaduti i punti della semifinale al Foro di un anno fa, altri sono in uscita da casa Woz per il successo a Bruxelles del 2011. A rimpiazzarli un gioco che non fa più paura e il morale sotto i tacchi: è la penitenza riservata, presto o tardi, a chi ha sposato il dio catenaccio.
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