dal nostro inviato a Roma Enzo Anderloni – foto Ettore FerreriDopo la caduta delle stelle e le semifinali dimezzate, finalmente qualcosa di pieno da celebrare

dal nostro inviato a Roma Enzo Anderloni – foto Ettore Ferreri

Dopo la caduta delle stelle e le semifinali dimezzate, finalmente qualcosa di pieno da celebrare. La consacrazione di Novak Djokovic con il primo grande successo anche sulla terra battuta.
Il serbo, che compie 21 anni tra 11 giorni, aveva vinto in gennaio il suo primo Slam. Ora dopo il successo nel Masters Series di Indian Wells, la semifinale di Montecarlo, arriva la vittoria a Roma. E non si tratta di casualità: ha dichiarato lui stesso a fine partita che il suo obiettivo è arrivare alla fine dell’anno al primo posto e che per farlo deve ottenere con regolarità grandi risultati nei tornei che contano. Gli Internazionali d’Italia sono uno di questi e “Nole”, come lo chiamano gli amici, non ha fallito.
Aveva rischiato grosso negli ottavi contro il russo Andreev, uno che tira fortissimo e non molla. Contro lo svizzero Wawrinka nel match decisivo ha subito per un set, in modo netto.
I 9.000 dello stadio Pietrangeli erano esterrefatti. Stanislas, il delfino di Federer, picchiava fortissimo e non sbagliava. Impressionante specie con il rovescio che soverchiava persino quello straordinario di Djokovic. Il 23enne di Losanna, che domattina comparirà ufficialmente tra i primi 10 della classifica mondiale, comandava gli scambi, serviva come un treno a oltre 200 orari e Djokovic subiva, sbuffava, perdeva.
Ma non mollava. E all’inizio del secondo ha mostrato che cosa vuol dire nel tennis essere un campione. Saper stare lì a sopportare i momenti difficili, non perdere la testa ma, al contrario, esplorare tutte le strade possibili per arginare l’avversario che ti sta dominando, fino a trovare la chiave per ribaltare la situazione. E’ bastato che Wawrinka calasse due dita, perché Nole riprendesse in mano l’incontro, spostandone completamente il baricentro.
Tutti gli occhi che prima erano catturati dalle accelerazioni elvetiche, si appuntavano su quelle serbe: il rovescio in acrobazia, profondo e preciso da ogni posizione, il servizio sempre vicino alle righe, carico d’effetto, che costringeva l’avversario a rispondere quasi sopra la testa. E se anche non mollava, il povero Wawrinka alla fine perdeva, e avevi la sensazione che se la partita fosse andata avanti altri 100 set, non ne avrebbe più vinto uno.
Eppure aveva battuto nella settimana Safin, Murray, Ferrero e Blake. Eppure da domattina è un Top 10. Ha perso da un Numero Uno.

P.S. La grande performance di Stanislas Wawrinka fa ripensare a quanto ha mostrato questa settimana a Roma il nostro Simone Bolelli. In fondo il Bolelli di oggi non è niente di meno di un Wawrinka, con due anni di esperienza in meno nel tennis che conta. Se noi sapremo aspettare con fiducia e lui continuerà a crederci, c’è uno stadio che lo aspetta per una finale ai primi di maggio. Starà poi a lui dimostrare a se stesso di essere anche più di un Wawrinka.

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