La mattina del 17 aprile Marco Cecchinato aveva vinto solo tre partite nel Tour. Una cinquantina di giorni più tardi, con un titolo ATP in bacheca, diventa il nono italiano dell'Era Open a centrare i quarti in uno Slam. A Parigi il 25enne siciliano stende in 4 set un acciaccato Goffin ed entra nella storia del nostro tennis.Una vittoria così non poteva arrivare con un match-point qualsiasi. Ci voleva un vincente col rovescio, quel colpo che da maledetto è diventato benedetto, e racchiude l’essenza dell’incredibile svolta vissuta dalla carriera di Marco Cecchinato. Nel giro di una cinquantina di giorni il 25enne palermitano si è trasformato da un giocatore normale a un big del nostro tennis, diventando il nono italiano dell’Era Open a raggiungere i quarti di finale in un torneo del Grande Slam. Parole che suonano strane persino a pronunciarle, ma hanno preso forma sul Court Suzanne Lenglen, dove il Divino è stato l’azzurro, capace di mettere al tappeto in quattro set niente meno che David Goffin, numero 9 ATP, battuto per 7-5 4-6 6-0 6-3. Alla vigilia sembrava che il top-10 di Rocourt non potesse perdere in nessun modo, invece per buona parte delle due ore e mezza da sogno la sensazione è stata esattamente contraria. Era Cecchinato a fare gioco, a inventarsi le smorzate, a correre di più, a difendersi meglio, a giocare con una disinvoltura tale da sembrare il più navigato dei due. Veniva dal suo miglior successo in carriera, contro Pablo Carreno Busta, era al suo primo ottavo in un Major, con 222.000 euro già in tasca, e vale la pena ricordare che prima di questo Roland Garros il numero delle sue vittorie nei tornei del Grande Slam era zero. Ma all’appagamento ha preferito la fame di fare un altro passo avanti, di vincere ancora, di ritoccare di nuovo al rialzo tutti gli aggettivi. Una giornata negativa di Goffin, ancora provato dalla maratona psicologica contro Gael Monfils e il pubblico francese (spezzata fra venerdì e sabato), gli ha dato una possibilità, ma come è giusto sottolineare le difficoltà fisiche del belga va anche dato credito alla anche la capacità del siciliano di gestire il match in maniera magistrale. Si è vista solo un po’ di inesperienza nel secondo set, quando ha mancato varie palle-break, si è lasciato distrarre da un medical time out di Goffin (trattato all’avambraccio), e con un ottavo game terribile ha perso servizio e set. Ma per il resto è stato perfetto. UN SUCCESSO DA GIOCATORE VERO
Il confronto di una ventina di giorni fa a Roma è servito a dargli fiducia, specie per quel primo set incredibile vinto da 5-1 sotto. Si è reso conto di avere il tennis per competere anche contro i più forti, la vittoria su Carreno Busta l’ha riempito di fiducia e i risultati si sono visti. Al Foro Italico dopo il Cecchinato-show era finita 6-2 6-2 per Goffin, mentre a Parigi il belga non ha mai dato l’impressione di poter vincere. I game di Cecchinato scivolavano spesso via in un amen, mentre lui doveva combattere, scambiare, cercare una soluzione. Semplicemente, ne aveva meno. Si è visto per tutto il primo set, risolto meritatamente dall’azzurro nel dodicesimo game, e si è visto ancora di più fra terzo e quarto. I progressi dell’azzurro col rovescio hanno generato una reazione a catena importante: perde meno campo, usa meno lo slice, tiene i piedi più vicini alla riga di fondo, quindi fa più male anche col diritto, e via dicendo. E soprattutto, come sottolinea spesso il suo coach Simone Vagnozzi, ha la capacità naturale di saper interpretare a dovere le varie fasi del match. Contro Goffin l’ha fatto bene: sapeva di dover accelerare di nuovo in avvio di terzo set, per ristabilire in fretta l’equilibrio del primo, e l’ha fatto, chiudendo il set in appena 25 minuti e aggravando le smorfie sul viso dell’avversario. E nel quarto ha reagito alla grandissima quando Goffin l’ha un po’ sorpreso, salendo 3-2 e servizio con un break a zero. Ha capito che era il momento di tirare fuori il 101%, ha alzato ancora il livello e ha fatto un miracolo nel miracolo, dominando la parte finale dell’incontro, con un Goffin sempre più scoraggiato. Il belga si è aggrappato al rovescio per risalire da 0-40 nell’ottavo gioco, ma sulla quarta palla-break il rovescio vincente in lungolinea l’ha trovato “Ceck”, e dev’essergli piaciuto a tal punto da riprovarci (con successo) sul match-point più importante della sua carriera. Ha spedito la palla nella stesso angolo di prima e poi si è sdraiato a terra, per godersi l’ovazione del pubblico.
MEGLIO DI SEPPI, CAMPORESE, GAUDENZI
Se la storia parigina di Marco Trungelliti merita un film, quella del suo omonimo italiano (che alla cavalcata dell’argentino ha messo i titoli di coda) vale almeno un video motivazionale, di quelli che insegnano a credere di poter raggiungere anche i traguardi più remoti. Anche se il suo tennis suggeriva altro, sembrava fosse destinato a rimanere tutta la vita un buon giocatore da Challenger, perché ogni santa volta che tentava di lanciarsi nel circuito maggiore veniva puntualmente ricacciato indietro. Ma ha continuato a provarci, a sbattere la testa contro il muro, fino a quando il muro è crollato e dietro ci ha trovato una vita e una carriera tutta nuova, con un titolo ATP, un posto fra i primi 50 del mondo (sarà almeno numero 42, quarantadue!), 380.000 euro in un colpo solo e il Philippe Chatrier ad attenderlo per i quarti di finale del Roland Garros, contro un tale Novak Djokovic. Roba da non credere, nemmeno per lui, che nell’intervista post vittoria con Fabrice Santoro non sapeva letteralmente cosa dire. Era al limite delle lacrime di gioia, per aver combinato qualcosa che va oltre anche all’immaginazione. Avrebbe firmato per superare un turno, specie quando all’esordio contro Marius Copil si è trovato sotto due set a zero (e poi a due punti dal KO), invece ha vinto quel match e poi altri tre, cogliendo un risultato che lo spedisce dritto dritto nei libri di storia del tennis azzurro. È il nono italiano nell’Era Open a conquistare i quarti in un torneo del Grande Slam, il primo da quando a riuscirci era stato Fognini, sempre a Parigi, sette anni fa. Non ce l’ha mai fatta gente come Seppi, Camporese o Gaudenzi, mentre ci è riuscito lui, e facendo tutto con le sue mani. Quando si menziona il quarto di Caratti all’Australian Open 1991 è impossibile non ricordare che il piemontese ci arrivò senza dover battere nemmeno un top-100, mentre Cecchinato ce l’ha fatta superando prima il numero 11 e due giorni dopo il numero 9. Un dettaglio che non aumenta il prestigio del risultato, ma lo rende sicuramente più vero.

ROLAND GARROS 2018 – Ottavi di finale
Marco Cecchinato (ITA) b. David Goffin (BEL) 7-5 4-6 6-0 6-3