dal nostro inviato a Parigi Enzo Anderloni foto Ray GiubiloChe giornata: due italiani sul campo centrale, contro i numeri uno del mondo, Starace contro Federer e Santangelo contro Henin



dal nostro inviato a Parigi Enzo Anderloni
foto Ray Giubilo

Che giornata: due italiani sul campo centrale, contro i numeri uno del mondo, Starace contro Federer e Santangelo contro Henin. Il campo uno praticamente dedicato agli azzurri con Garbin, Volandri e Schiavone a inseguire un posto negli ottavi. Taccuino, scarpe buone e si parte, fiduciosi.

Quando la realtà supera il sogno –  Tathiana Garbin aveva sognato di perdere contro la francese Stephanie Cohen-Aloro, n.138 del mondo, nella sua grande occasione per entrare tra le prime sedici giocatrici del Roland Garros. Forse perché era sicura di vincere. Fatto sta che ha confessato di essere entrata in campo un po’ tesa, dopo l’incubo notturno:”Ho sognato che mi svegliavo e avevo perso la partita, senza ricordi dell’avversaria o dei punti”. La tensione è durata però pochi punti, il tempo di rompere il fiato e di creare fisicamente negli schemi di gioco quegli oltre 100 posti in classifica che dividono Tathiana da Stephanie. Non c’è stato più match e l’azzurra ha festeggiato con il suo piccolo team che comprende anche le sue fan parigine. Ora, per un posto nei quarti la aspetta Nicole Vaidisova, n.6 del tabellone. Quest’ultima è grande favorita. “Tira forte, ti fa muovere, si apre il campo – riepiloga mentalmente la Garbin pensando alla Vaidisova – Ma io corro”. E sorride, consapevole di una bellissima stagione, che la sta portando in alto come non mai, a un passo dalle prime venti giocatrici del mondo.

Troppo Roger – Secondo a entrare in campo dei nostri, per il match più atteso, è stato Potito Starace. Il suo ottimo stato di forma, l’attitudine alla superficie e i precedenti, sempre negativi con Federer ma sempre con punteggi tirati, avevano indotto l’angolo italiano di sala stampa a un certo ottimismo. Il quotidiano giochino del pronostico di un match, organizzato ufficialmente, tra tutti i giornalisti accreditati, era stato eccezionalmente soppiantato da una versione artigianale ma più pepata che verteva proprio sulla sfida Federer-Starace e richiedeva un’iscrizione di 5 euro. Si trattava di indovinare vincitore, numero di set, numero di game e durata dell’incontro. Ebbene dei 10 partecipanti (le penne di tutte le principali testate quotidiane più il sottoscritto) 5 avevano puntato su Federer e 5 su Potito. Dunque ci si attendeva lotta. Tutto questo preambolo per dare un po’ di atmosfera a un confronto che poi sul campo si è dimostrato senza… confronto. Il motivo: Federer era più Federer che mai. E Potito ha giocato bene, da par suo. Però quando lo svizzero entra in campo così sicuro e così concentrato diventa impossibile giocarci. Forse anche per Nadal. Il n.1 del mondo ha affrontato Potito come si trattasse di una finale, segno di grande rispetto. Non ha mollato un “quindici”, non si è distratto un secondo. Per dare l’idea basti dire che già incassato il primo set per 6-2, Roger ha sottolineato, con un fortissimo “Come on”, il break che lo ha portato 4-3 nel secondo. Serviva alla grande, teneva lo scambio con sicurezza e alla prima occasione accelerava e veniva a prendersi il punto a rete. Era troppo Roger anche per un ottimo Potito.

Filippo come Filippide: che maratona! – Mentre Starace si arrendeva al Migliore, Filo Volandri cominciava la sua sfida con Ivan Ljubicic, che aveva da difendere la semifinale dello scorso anno e la testa di serie n.7. Il croato d’Italia, allenato da Riccardo Piatti, temeva di Volandri il ritmo da fondocampo e la grande mobilità. Ha impostato il match su turni di servizio da tenere a suon di cannonate, come sua abitudine, e game di risposta da costruire attorno al suo rovescione, giocato alto e carico d’effetto sul rovescio di Volandri, cercando di spingerlo indietro e di impedirgli di accelerare. Meno a suo agio sulla terra battuta rispetto all’azzurro, Ljubicic è riuscito nella sua tattica ingaggiando una battaglia di straordinaria intensità. Volandri riusciva a strappargli il servizio nel primo set portandolo a casa (6-4) ma nel secondo sprecava l’occasione di chiudere con un break di vantaggio e si faceva impallinare di servizi nel tie-break. A quel punto, un set pari, nuvoloni neri in avvicinamento sul campo n.1, si è temuto il peggio. Filo infatti chiamava il fisioterapista, si toccava la pancia e si faceva impacchettare di cerotti tutta la fascia degli addominali. Che si trattasse solo di sostituire il cerotto che porta da qualche giorno per tenere sotto controllo un dolorino che ogni tanto ritorna, l’avremmo saputo solo alla fine dell’incontro. Incollati al match potevano solo assistere alla crescita di Ljubicic che incamerava la terza partita grazie a un solo break, incitato dal suo coach di sempre, il nostro Riccardo Piatti.

Parentesi: che situazione, quella del tecnico italiano che ha portato il suo allievo Ivan ai vertici del tennis mondiale e al tempo stesso lavora con il settore tecnico azzurro per aiutare i migliori a raggiungere grandi risultati e i più giovani a emergere. Lo stesso coach di Volandri, Fabrizio Fanucci, dopo la semifinale di Roma aveva tenuto a ringraziare Piatti per aver contribuito a migliorare la condizione atletica di Filo, consigliando e supportando una presenza più continua del preparatore atletico (Stefano Barsacchi) a fianco del livornese. Se il suo giocatore stava soffrendo ieri la grande condizione di forma dell’avversario, la colpa (merito) era anche un po’ sua.

Tornando al match, il continuo martellare di Volandri ha progressivamente fiaccato la resistenza di Ljubicic , che il giorno prima aveva combattuto più di tre ore contro lo svizzero Wawrinka. Il quarto set era un 6-3. In apertura del quinto Volandri volava 2-0. Ljubo, di puro orgoglio, accelerava per stringere i tempi e riapparigliava 2-2. Lì avrebbe avuto un inizio di crampi a gli adduttori. Sul campo non ne ha dato segno. Continuando a lottare su ogni palla ha costretto l’azzurro a dimostrare che, oltre a un’incredibile condizione fisica e a una piena fiducia nei suoi mezzi, oggi è anche in grado di estrarre gli attributi al momento giusto. E’ un Volandri che vuole vincere e vince. In 3 ore e 51 minuti la sua terza partita della carriera tirata fino al 5 set (le prime due, una vinta, una persa, entrambe contro Goran Ivanisevic a inizio carriera). “Non sono affatto stanco – ha dichiarato poi – e non ho paura di Robredo (il suo avversario negli ottavi). E’ forte, è un top ten, ma io entro in campo per vincere”. L’ultimo italiano nei quarti di finale al Roland Garros è stato Renzo Furlan (oggi direttore del centro tecnico Fit di Tirrenia, ieri presente in tribuna) nel 1995. Se Filo ci arriva, probabilmente ritrova Federer, tre settimane dopo i due set a zero rifilatigli a Roma. Come fresco ricordo, non c’è male.

Justine time – Ha giocato bene Mara Santangelo contro Justine Henin, ma anche per lei come per Potito ha prevalso la legge del più forte. Un’ora e 16 minuti ad alta velocità hanno portato la belga un passo più avanti verso un nuovo titolo, Serena Williams e Jelena Jankovic permettendo. Mara però è sempre più vicina alle primissime come livello di gioco: il 6-2 6-3 finale non rende giustizia di quanto visto in campo.

Francesca sotto ma un po’ più su – Entrata in campo subito dopo Volandri, Francesca Schiavone ha messo in mostra netti progressi rispetto ai primi mesi di quest’anno. Dinara  Safina, sorellona di Marat Safin, la sovrastava per stazza fisica (un metro e 83) e per classifica (n.11 Wta) ma ha dovuto soffrire fino al terzo set per avere ragione della milanese che sta cominciando a ritrovare potenza e profondità nei colpi. Insomma una sconfitta non del tutto amara: Francesca sta tornando.

Il Resto del mondo
Venere sconsolata – Era vestita a lutto, in nero, Venus Williams per la sfida sul campo centrale con la più in forma del momento Jelena Jankovic, la vincitrice degli Internazionali d’Italia. La visierina nera e i capelli raccolti “in avanti”, le creavano attorno al capo l’alone di una veletta. Non era venuta a Parigi per piangere, ma alla fine ha trovato pochi motivi per sorridere. Troppo forte la serba, solidissima fisicamente, grintosa e anche acuta dal punto di vista tattico. Le sue variazioni di ritmo, le improvvise accelerazioni hanno letteralmente annichilito nel terzo set una campionessa che non è più abituata a confrontarsi con la dovuta frequenza ai massimi livelli. E la Jankovic oggi è espressione del miglior tennis delle donne, seconda solo (forse) a Justine Henin.
Fuori i francesi – Roland Garros ha salutato ieri anche Gael Monfils, infilzato dal dall’argentino Nalbandian ed Eduard Roger-Vasselin preso a pallate da un altro argentino Juan Monaco. La loro presenza in tabellone è legata a due comprimari come Mathieu e Patience. Anche i ricchi (60 milioni di euro di utile l’ultima edizione del torneo)  piangono.

La ricetta
Volete farvi una Coppa Roland Garros a casa vostra? E magari risparmiare.? Qui tra il campo Chatrier e il numero uno, al chiosco dei gelati Haagen Dasz, la fanno pagare una follia, 7,50 euro:
1 pallina di vaniglia
2 palline di Cappuccino con caramello
Salsa fudge di cioccolato, panna e croccantini di mandorla.

Ecco tutti gli accoppiamenti di entrambi i tornei: il tabello ne maschile e il tabello ne femminile in formato Pdf