dal nostro inviato a Parigi Enzo Anderloni
foto Ray Giubilo
Il barometro del Roland Garros prevedeva ieri ben 82 partite. Una maratona mostruosa resa necessaria dagli acquazzoni di lunedì e dalle previsioni per oggi, mercoledì, che parlano di cielo coperto e precipitazioni previste per l’ora di pranzo. Ostinandoci a parlare di set e game piuttosto che di millibar, cumuli o cirri, ci tuffiamo nella calca dei match per tirar fuori il succo della giornata. Andremo per capitoli, giusto per non perdere la bussola. A farci da guida non le cifre ma la memoria pura, quella che mette gli argomenti in ordine di importanza automaticamente. E dimentica tutto ciò che in fondo, non ha lasciato il segno e può tornare, come dicevano i saggi pellerossa, “nel grande vento”.
Capitolo Fognini – Può parere strano ma merita cominciare con una sconfitta. E’ quella di Fabio Fognini, n.191 del mondo, entrato in tabellone attraverso le qualificazioni, contro l’argentino Juan Monaco, detto “Pico”, n. 35 e vincitore la scorsa settima del torneo di Poertschach (battendo tra gli altri Davydenko). Ebbene, il ventenne italiano di Sanremo alla sua prima partita tre set su cinque, ha preso letteralmente a pallate l’avversario, che pure è apparso sin dall’inizio molto in palla, per i primi due set. Poi è calato, ha ceduto un po’ di terreno, consentendo all’argentino di recuperare il pallino del gioco e si è ritrovato così a subire una rimonta che è arrivata fino al 2-0 Monaco del quinto set. Lì ha però ritrovato la determinazione iniziale, riprendendo a far match pari, se non addirittura a condurre le danze. E ha perso l’incontro alla fine per un paio di punti giocati sul filo dell’equilibrio. Peccato. Ma resta la bella immagine di un giocatore giovanissimo che ha il piglio del tennista di razza, con un braccio d’oro, la capacità di far filare la palla velocissima e senza sforzo apparente. Efficace, anche se migliorabile in termini di percentuali, il servizio; fulminante il diritto; molto buono il rovescio, incisivo soprattutto quando riesce a impattarlo con i piedi vicini (o dentro) alla linea di fondo; delizioso il tocco, Fognini è già una realtà. Specie se ne prende velocemente coscienza. Il suo tennis è a livello di quello di Monaco, che oggi sulla terra battuta è sicuramente tra i primi venti del mondo. Lui, in conferenza stampa, si è detto consapevole del buono stato di forma. Giocherà nelle prossime settimane challenger sul rosso e successivamente a Gstaad, Bastad, i tornei Atp sempre su terra battuta, per capitalizzare i progressi e costruirsi una classifica che gli permetta di entrare nei tabelloni maggiori. Lasciato prima degli Internazionali d’Italia il coach di sempre, Leonardo Caperchi, oggi Fognini si appoggia a un team di Barcellona. “Me l’hanno consigliato i miei manager Andrea Gaudenzi e Lorenzo Cazzaniga” ha spiegato. Il suo coach è lo spagnolo Oscar Serrano. Attualmente però è accompagnato da Massimiliano Conti, maestro dei suoi primi colpi, quando aveva 9 anni. “Lui è un tipo un po’ particolare – spiega il maestro – può entusiasmare o far arrabbiare specie per quell’atteggiamento un po’ indolente che mostrava in campo fino a un mese e mezzo fa. Ora sta cambiando”. E noi cambiamo campo.
Capitolo Bolelli – Tre campi più a sud di Fognini, un altro italiano emergente vinceva. Si trattava di Simone Bolelli, anche lui al primo Roland Garros della carriera, che in tre set nettissimi mandava forse definitivamente in pensione l’olandese Verkerk, finalista a Parigi nel 2003. Grandi botte di servizio, diritto che fa malissimo, specie nella versione “gancio”, un incrociato stretto che gli esce dalla racchetta istintivo e violento, Bolelli ha impressionato. Ma lo mettiamo secondo in cronaca perché dall’altra parte della rete aveva uno che il ct Corrado Barazzutti, assiduo a bordocampo degli azzurri, ha giustamente definito “un turista”. La scarsa forma dell’olandese non deve però sminuire la prestazione del più interessante dei nostri giovani. Non deve essere stato facile esordire in tabellone contro un avversario dalle giocate discontinue ma molto esplosive, sostenuto a gran voce dal pubblico che lo ricordava grande protagonista su questi campi. Lo stesso Barazzutti era molto soddisfatto: “Bolelli ci darà grandi soddisfazioni” chiosava. A tutta l’Italia e anche al suo grande coach (e nostro columnist) Claudio Pistolesi.
Capitolo Volandri – Anche la vittoria di Flippo Volandri, sul francese Capdeville, proveniente dalle qualificazioni, va in archivio tra le buone prestazioni ma di normale amministrazione. Filo è in forma, ha fiducia in sé stesso e un nuovo taglio di capelli. Il tabellone non è proibitivo e tocca dunque fargli sentire la pressione di attenderlo protagonista. Dopotutto se batti Federer, poi tutti si aspettano che il Vassallo Arguello del prossimo turno non sia un problema. Le cose nel tennis non sono proprio così facili, lo sappiamo; d’altra parte il Volandri visto a Roma fa sognare e dunque ha il dovere di puntare diritto su Ivan Ljubicic, la testa di serie che gli tocca secondo tabellone. Poi si vedrà.
Capitolo Santangelo – Mara, è insieme alla Garbin, l’italiana che sta giocando meglio e con maggiore continuità. La terra rossa non è la sua superficie preferita e la polacca Radwanska non era un’avversaria materasso. Il 6-1 6-4 finale la dice lunga sulla condizione dell’azzurra che gioca facile ed è una delle pochissime tenniste che sa uscire dalla monotonia del batti e ribatti di pura violenza da fondocampo che caratterizza il panorama femminile.
Capitolo Schiavone – Vittoria facile per la nostra ex numero uno contro l’austriaca Meusberger. L’avversaria non era irresistibile, ma in questo momento di recupero della condizione ottimale, ogni successo fa morale e diventa una palata di fieno da mettere in cascina. Francesca del resto si è presentata molto più serena che a Roma. “Dopo quattro anni di lavoro al massimo delle mie possibilità e di progressi continui ero arrivata a non poterne proprio più – spiegato dopo il match – Ora sto piano piano lavorando per ritrovare le sensazioni giuste, il mio tennis. Questi momenti di calo, di pausa ci stanno nella carriera, nella vita di chiunque. Io comunque voglio tornare a sentire che spingo forte il diritto, che il servizio è incisivo, che la terza palla è veloce. Voglio sentire di nuovo che riesco a giocare alla pari con Henin, Mauresmo, le più forti”.
Capitolo Vinci – “Non sono stata aggressiva come avrei dovuto” Questa la spiegazione che Robertina Vinci dà per la sua sconfitta in due set contro l’austriaca Bammer. Ora pensa al doppio che, dopo la finale di Roma raggiunta insieme a Tathiana Garbin, giocherà qui a Parigi con Flavia Pennetta. Ma, una forte come lei, non potrebbe avere una compagna fissa? “E’ difficile – spiega- perché mi piacerebbe giocare con un’italiana ma hanno tutte già impegni. Flavia doveva giocare con la Dementieva che poi si è fatta male. Tathiana era d’accordo con Meilen Tu. Mara Santangelo ha un impegno con la Molik”. E anche per il misto è difficile trovare un compagno: “Gli italiani non hanno classifica sufficientemente alta per riuscire a entrare in tabellone. Ho chiesto a Ljubicic ma non gioca il misto. Ho chiesto a Flavia per Moya, ma è stata vaga. A me piacerebbe tantissimo giocare con Max Mirnyi, ma non lo conosco di persona”. Max, dall’alto del tuo serve and volley, chiama Roberta: chi vi batte voi due, fatti per il doppio?
Capitolo Di Mauro – Capitolo breve. Dopo aver subito per due set le botte di Tursunov, sembrava avergli costruito intorno una bella ragnatela. Il russo l’ha strappata nel quarto set.
L’ultima magia… del mago Santoro
Il pubblico del Roland Garros ha salutato uno dei suoi grandi eroi. Fabrice Santoro, detto “il mago”, il giocatore per vedere il quale Agassi “avrebbe sempre pagato il biglietto” (parole di Andre), a 35 anni ha giocato il suo ultimo match. A chiudergli la strada nell’ultimo tabellone parigino della carriera è stato l’argentino Chela , in quattro set. Ma proprio sul primo match point da affrontare Fabrice ha fatto l’ultima grande magia: al termine di un serrato scambio da fondo ha giocato un diritto bimane incrociato in back. La palla tagliata, come per magia (un’invisibile buca?), ha toccato terra è non si è più alzata, mandando a vuoto il colpo di Chela. Che nel game successivo però ha chiuso la vicenda e la carriera parigina di Santoro nel modo più indolore. Un ace.
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