Bastano 71 minuti alla numero uno del mondo Simona Halep per risolvere la semifinale contro Ashleigh Barty, tradita da troppi errori. La rumena concede pochissimo, la spunta in due set senza particolare storia, e domenica andrà a caccia del suo terzo titolo dell'anno, dopo quelli a Shenzhen e al Roland Garros.In tutta la carriera, a Simona Halep è capitato appena in due occasioni di vincere più di una volta lo stesso torneo. Ha fatto il bis solamente a Madrid e nell’appuntamento di casa a Bucarest, ma si è guadagnata la possibilità di provarci anche alla Rogers Cup, di nuovo a Montreal, dove vinse nel 2016. Il nome della sua avversaria in finale è ancora da definire, e uscirà dal confronto fra Elina Svitolina e Sloane Stephens, ma quel che è certo è che la rumena ci sarà, grazie a una convincente vittoria per 6-4 6-1 su Ashleigh Barty. Sulla carta poteva essere una semifinale aperta, perché le caratteristiche dell’australiana possono infastidire la numero uno del mondo, invece è venuto fuori un match senza particolare storia. Semplicemente, la Halep si è rivelata superiore sin dall’inizio, brava a leggere bene i tagli dell’avversaria, a non lasciarle lo spazio per diventare pericolosa, e a trovare quell’equilibrio fra difesa e offesa che può renderla difficilissima da battere. La differenza fra le due si è vista sin dalle fasi iniziali: la Barty ha provato a muovere il gioco e spingere, ma i suoi colpi hanno prodotto più errori che vincenti. Sembrava una legge: o riusciva a prendere in mano il punto con servizio e risposta, oppure ogni volta che lo scambio si prolungava le sue chance di vincerlo si riducevano piano piano, fino ad avvicinarsi allo zero. Una situazione che ha permesso alla Halep di giocare la partita che le piace, controllando il gioco senza strafare, tanto che il punteggio sarebbe stato persino più severo se sul 4-1 e servizio del primo set la rumena non avesse mancato due chance per il 5-1, finendo per cedere due game di fila. Ma è stato solo un piccolissimo passaggio a vuoto, ininfluente nell’economia della partita.
TERZA FINALE AL CANADIAN OPEN
Darren Cahill – convocato in campo – ha tranquillizzato la sua giocatrice, le ha dato un paio di dritte e alla ripresa del gioco Simona non ha più concesso nulla. Ha chiuso il primo set, è scappata subito sul 4-0 nel secondo e poi ha chiuso 6-1, con un nuovo break e il doppio fallo dell’avversaria sulla quarta palla-match. La sintesi della partita la offrono bene le statistiche: la Barty ha colpito tre winner in più rispetto alla numero uno WTA (15 contro 12), ma ha anche commesso ben tredici errori gratuiti in più, vero ago della bilancia della partita, nella quale peraltro ha convertito una sola delle sette palle-break a sua disposizione. Aggiungiamoci che la Halep ha servito con un incredibile 84% di prime palle in campo, e il suo compito è diventato fin troppo facile, fino a consegnarle la sua terza finale al Canadian Open. Ha perso la prima, nel 2015 a Toronto, ma l’anno successivo si è rifatta a Montreal, superando Madison Keys. “Su questo campo – ha detto nell’intervista post match – mi sento sempre bene, e giocare qui è sempre un piacere. Sono contenta di aver giocato il mio miglior tennis, ho grandi ricordi dell’edizione 2016, e mi aspetto una finale complicata, indipendentemente dal nome della mia avversaria. Cercherò di dare tutto”. Non le hanno chiesto chi preferirebbe affrontare in finale, ma la risposta pare scontata, visto che contro la Svitolina ha perso quattro volte su sette, comprese le ultime tre sfide. Una si è giocata proprio alla Rogers Cup, nella semifinale dello scorso anno, quando la spuntò l’ucraina con un doppio 6-1, andando poi a vincere il torneo. Tradotto: per Simona sarebbe meglio giocare contro la Stephens, ma quello non dipende da lei. L’unica cosa che può controllare è il suo tennis, che questa settimana sta funzionando particolarmente bene.

ROGERS CUP MONTREAL – Semifinali femminili
Simona Halep (ROU) b. Ashleigh Barty (AUS) 6-4 6-1