di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Ne riparleremo tra sei mesi. Così sentenziò, non senza stizza, Roger Federer al termine della semifinale persa contro Novak Djokovic a Melbourne. La risposta era diretta a chi come Todd Woodbridge, osò immediatamente vaticinare l’inizio di un lento ma inesorabile declino. Ebbene la finale di Dubai non ha assolutamente fugato i dubbi sul presunto cambio della guardia in atto.
Più dei numeri, della sonorità del punteggio (6-3 6-3), del fatto che mai Novak Djokovic aveva battuto lo svizzero in due set, a impressionare è stata la frustrazione dipinta sul volto di Roger, sul 3-3 del secondo set, subito dopo aver subìto il controbreak del serbo. In quel frangente l’elvetico si è reso conto di aver vanificato l’unico vantaggio concessogli da un Djokovic praticamente perfetto nei primi 40 minuti.
Il primo set sembra la prosecuzione della mattanza australiana. Un Djokovic stellare al servizio, autore dell’85% di prime in campo quasi tutte vincenti, mette in mostra una difesa come al solito superba, trasformando in attacchi anche recuperi apparentemente impossibili.
Il primo break dell’incontro in suo favore, giunge già nel terzo gioco, su un rovescio steccato di Federer che, però, ha immediatamente l’opportunità di rimediare. Nel game successivo, infatti, si porta sul 15-30, ma qui il serbo mostra ancora una volta quanto sia migliorato il fondamentale in battuta che tanto lo aveva fatto penare nei primi mesi dello scorso anno. Con due ace e altrettante prime vincenti, il numero 3 del mondo si cava d’impaccio, consolidando un vantaggio che potrebbe farsi più cospicuo se Roger non annullasse altre due palle break due giochi più tardi.
Ogni scambio si riduce a un braccio di ferro in cui lo svizzero finisce sempre per soccombere. Quelle poche volte in cui prova a scendere a rete, Roger viene fatalmente infilato. È un miracolo che riesca a portare a casa tre game al termine di un primo parziale davvero a senso unico.
Come era successo più volte a Melbourne, Djokovic si rilassa in apertura di seconda frazione, tornando a percentuali di servizio più “umane” (55% alla fine del set). Grazie anche a qualche errore di troppo dell’avversario, Roger riprende fiducia e si procura le prime palle break della sua partita, nel terzo gioco. La seconda è quella buona per lo svizzero che si invola sul 3-1, prima del black-out finale. Federer cede di schianto i successivi 5 giochi. Lo smash in rete con cui pone fine a uno scambio di rara intensità, e che gli costa il controbreak, è l’emblema più evidente della frustrazione provata da un tennista incapace di trovare una soluzione cui il suo avversario non riesca a trovare una contromossa. Il serbo non gli permette di stazionare sulla riga di fondocampo come piace a lui. Lo costringe a indietreggiare, impedendogli di creare il suo solito tennis.
Sono passati 30 giorni dal rendez-vous australiano e nulla sembra essere cambiato. Anzi, Djokovic sembra sempre più inavvicinabile per lo svizzero che, in precedenza, aveva vinto almeno un set nei precedenti confronti diretti al meglio dei tre set. Per il serbo si tratta del terzo successo consecutivo a Dubai. Salgono a 15 i successi di fila negli Emirati per Novak che rimane imbattuto nel 2011, avendo vinto tutti e 12 i match disputati sinora. Quello odierno è il 20° titolo in carriera su 33 finali, il secondo di un’annata che meglio di così non poteva cominciare.
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Gli Highlights della finale
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