Al trentacinquesimo tentativo, Robin Haase centra la sua prima semifinale in un Masters 1000. Da giovane prometteva bene, poi gli infortuni e una condotta non sempre professionale lo hanno tenuto fuori dai top-30 ATP. Dopo l'arresto per omicidio del suo ex coach ha messo un po' di ordine nella sua carriera. E i risultati lo premiano.

Robin Haase deve essere un tipo sensibile ai luoghi dove gioca. In carriera ha giocato quattro finali ATP, tutte racchiuse tra Austria e Svizzera. Manco a dirlo, le uniche due vittorie sono arrivate nello stesso torneo: Kitzbuhel. Ma anche l'aria del Quebec deve fargli bene: dieci anni fa, quando aveva ben altre speranze, colse la prima vittoria contro un top-10. Battè Tomas Berdych a Montreal, stesso torneo dove – a 30 anni di età, quasi fuori tempo massimo – ha colto la prima semifinale in un torneo Masters 1000. Non ci credeva più nemmeno lui, (ex) ragazzo talentuoso ma con uno scarso senso della disciplina. Coetaneo di Novak Djokovic e Andy Murray, da junior è stato numero 3 del mondo (con tanto di finale a Wimbledon) e aveva dato l'illusione, ai suoi connazionali, di poter essere l'erede di Richard Krajicek. Niente di tutto questo. Un po' di sfortuna (soprattutto i guai al ginocchio) e una tendenza a essere disordinato, sia in campo che fuori, lo hanno tenuto a debita distanza dal tennis che conta. Mai oltre il numero 33 ATP, peccato per uno che sa giocare bene più o meno dappertutto. Ma la Rogers Cup 2017, inedita moria dei migliori, gli ha spalancato un posto tra i primi quattro, dove appare come possibile vittima sacrificale di Roger Federer.

DUE ANNI PER METTERE ORDINE IN TESTA
​Però c'è arrivato, a questo weekend: se l'era meritato battendo Dimitrov, si è ripetuto contro Diego Schwartzman in uno di quei match che valgono una carriera. Non capita tutti i giorni, a tennisti come loro, di giocarsi la Final Four di un torneo così importante. Pur senza brillare, l'olandese col papà tedesco si è imposto 4-6 6-3 6-3. “Ho giocato molti buoni match, soprattutto ieri contro Dimitrov – ha detto Haase – è difficile scendere nuovamente in campo e giocare allo stesso livello. Non l'ho fatto, ma ho portato a casa la vittoria perché ho lottato duramente. Eravamo stanchi mentalmente, avevamo battuto ottimi giocatori”. Nella sua lunga carriera, Haase aveva raggiunto un solo quarto di finale in un Masters 1000 (Monte Carlo 2012, perse contro Djokovic). “Dopo l'infortunio non sono più stato il giocatore di prima – ammette Robin – non ero più così veloce, ero insicuro, ho avuto altri problemi fisici. Tutto questo ti prova molto sul piano mentale. Puoi fare meglio, ma il corpo non te lo lascia fare. Ho avuto bisogno di un paio d'anni per mettere ordine nella mia testa”. Piano piano, tuttavia, Robin si è ripreso. Ha iniziato a crederci di più, il suo gioco è migliorato. “E finalmente quest'anno ho iniziato a vincere più partite di fila contro buoni giocatori. E allora ho capito che può succedere di nuovo”. L'argentino ha giocato con buona aggressività, ma Haase è stato più bravo di lui nello sprint finale. Riacchiappato sul 3-3 al terzo, ha perso soltanto 6 punti negli ultimi tre game.

L'ARRESTO DEL SUO EX COACH
Ci si domanda dove sarebbe potuto arrivare. Chissà. Forse al suo tennis manca un colpo decisivo, però il problema è spesso stato di natura disciplinare. A dispetto del DNA, Haase ama divertirsi, fare un po' di baccano, baldoria. Ricordano il suo spirito di squadra, unito alla sua voglia di festeggiare, a Casale Monferrato, dove per qualche anno ha giocato il Campionato di Serie A1. Per anni è stato allenato dal connazionale Mark De Jong, arrestato oltre un anno fa con l'accusa di omicidio (il movente sembrava essere una brutta storia di debiti). Rimase sconvolto da quella faccenda, ma forse è da lì che ha messo da parte le bizze giovanili ed è diventato un giocatore più maturo, tranquillo, consapevole delle sue armi. “Sono finalmente libero da infortuni, e poi ho lavorato tanto sul piano mentale” ha detto in questi giorni. Certi treni sono ormai passati, e forse non aveva neanche il biglietto valido per salirci. Ma l'ostinazione paga sempre, e Robin Haase ha dimostrato di averne. "Spero che qualcuno faccia il tifo per me contro Federer…" ha sussurrato. Ecco, forse qui ha chiesto troppo…

ATP MASTERS 1000 MONTREAL – Quarti di Finale
Robin Haase (NED) b. Diego Schwartzman (ARG) 4-6 6-3 6-3