Ha dovuto soffrire. Ha dovuto scacciare via la tensione a suon di urla, ma alla fine Roberta Vinci ha centrato i quarti allo Us Open. Ha rispettato le gerarchie di classifica, tutt’altro che scontate. Il dolore al tendine d’achille del piede sinistro, la stanchezza di una carriera che va avanti da 15 anni, e tanti pensieri per il futuro, avevano acceso un enorme punto interrogativo sullo Us Open di Roberta, forse l’ultimo della sua carriera. La tarantina non ha ancora sciolto i dubbi sul suo futuro, ma nel frattempo continua a giocare e a emozionare. Contro Lesia Tsurenko ha giocato un match snerbante sul piano nervoso. Le ansie interiori si sono accompagnate all’entusiasmo di una giocatrice, l’ucraina, mai nella seconda settimana di uno Slam. Numero 99 WTA, sognava di diventare la seconda peggio piazzata a raggiungere i quarti allo Us Open. Era “messa peggio” soltanto Barbara Hallquist, numero 103 nel 1980. La Tsurenko è partita con un piano tattico un po’ disordinato: provava a non spingere, a stanare la Vinci con palle senza peso, ma non era il suo tennis. Incassato il break al terzo game, finiva sotto 3-1 e ben presto abbandonava l’idea iniziale. Tornava ad adottare un gioco piuttosto aggressivo, fondato sul rovescio. Approfittando di una Vinci un po’ scarica sul piano fisico, conquistava un durissimo sesto game (durato 20 punti) e sembrava girare il match a suo favore. Alternando buone soluzioni a errori grossolani, le due si trascinavano al tie-break ed era Roberta a effettuare l’allungo decisivo dal 4-5, aggiudicandosi tre punti consecutivi che la facevano sciogliere in un urlo scaccia-tensione. E’ stato come se si fosse liberata dalle mille tensioni, come peraltro ha ammesso nell’intervista sul campo con Alex Corretja.
In avvio di secondo era la Tsurenko a uscire meglio dai blocchi: l’ucraina, ex studentessa di educazione fisica (dovrebbe riprendere gli studi a fine carriera), saliva 1-0 e 40-15 sul suo servizio. Roberta capiva l’importanza del momento, mostrava una maggiore lucidità tattica e un parziale di 10 punti a 0 indirizzava definitivamente l’incontro. Pur senza un grande aiuto dalla prima di servizio (chiuderà con una percentuale inferiore al 50%), muoveva meglio la palla con il dritto e il rovescio in slice, costringendo la Tsurenko a giocare un buon numero di dritti, colpo decisamente meno sicuro. Avanti di un break, Roberta non concedeva niente salvo un game ai vantaggi sul 4-2, ma poi infilava l’ultimo allungo e sigillava il 7-6 6-2 finale. E così, dal “non ce la faccio più” recitato dopo uno scambio particolarmente duro, sono tornati i sorrisi e la voglia di scherzare. “L’Arthur Ashe è meraviglioso, ma mi piace molto anche l’Armstrong” ha detto Roberta, ammettendo che a 33 anni c’è molta stanchezza e la voglia di viaggiare non è più quella di un tempo. “Ma quando sei in campo scatta qualcosa e ti torna la voglia di lottare e di vincere”. E’ proprio così, anche se questa Vinci non sarà sufficiente per acciuffare una clamorosa semifinale: contro la vincente di Kerber-Kvitova partirà certamente sfavorita. La proiezione-ranking non cambia: per adesso, resta quindicesima nella classifica che uscirà lunedì prossimo. Un eventuale semifinale le consentirà di risalire fino al numero 13, posizioni tutt’altro che trascurabili dopo una stagione forse al di sotto delle aspettative. E intanto, per il nono anno consecutivo, l’Italia piazza almeno una giocatrice nei quarti dello Us Open. Per Roberta è la quarta: New York è l’unica città dove si è spinta così in avanti. E’ l’ennesima traccia di una generazione straordinaria ma forse irripetibile. Per questo, dobbiamo godercela fino in fondo.
Roberta Vinci (ITA) b. Lesia Tsurenko (SWE) 7-6 6-2