Inaugurati a Melbourne Park otto campi in terra battuta, realizzati da una società italiana. Gli australiani puntano forte sul rosso, tanto da aver creato un centro di ricerca.
Il taglio del nastro durante l’inaugurazione dei campi in terra a Melbourne Park
Di Gianluca Roveda – 12 dicembre 2012
I casi della vita. In Italia si spinge con il Progetto Campi Veloci, in cui si prova a dare impulso alle superfici diverse dalla terra battuta. Nel frattempo, a Melbourne Park fioccano i campi in polvere di mattone. Italiani. Prodotti da TerreDavis, azienda lombarda che già fornisce gli Internazionali d’Italia, i campi italiani sono stati inaugurati nella struttura dove si gioca l’Australian Open. Il progetto fa parte di un investimento di 366 milioni del governo del Victoria per migliorare la struttura. E così il pubblico avrà a disposizione più aree pubbliche. Hugh Delanty, ministro dello sport e del tempo libero, sostiene che le nuove infrastrutture daranno una mano a Melbourne per restare in prima linea nell’ambito degli eventi sportivi. “Melbourne Park ha una grande reputazione come impianto sportivo, ma i campi in terra rossa ci daranno quella versatilità di cui hanno bisogno gli atleti”. Il maxi investimento del governo dovrebbe “blindare” l’Australian Open a Melbourne fino al 2036, respingendo le minacce che provengono dall’Asia e dal medio-oriente. “E potremo aggiungere ulteriori grandi eventi”. Se è vero che circa il 70% dei punti ATP vengono distribuiti sui campi veloci, è altrettanto vero che un terzo dei grandi eventi (tra cui tre Masters 1000) si giocano sul rosso. Secondo Todd Woodbridge, ex grande giocatore e mitico doppista, la costruzione dei campi in terra rossa sarà cruciale per lo sviluppo dei giovani tennisti. “Questa terra rossa è la superficie ideale per la crescita” ha detto Woodbridge, direttore del tennis professionistico per conto di Tennis Australia. “E' fondamentale avere campi di questo tipo a Melbourne. Sono perfetti per i nostri giovani”.
Secondo Woodbridge, il tennis di oggi si gioca su campi piuttosto lenti e dai rimbalzi alti, in contrasto con quanto accadeva 20 anni fa. A suo dire, i campi in terra rossa daranno una mano a sviluppare il giusto tipo di gioco. “La terra è diversa dall’erba, la nostra superficie tradizionale – dice Woodbridge – noi siamo cresciuti con il serve and volley, ma adesso dobbiamo cambiare mentalità e insegnare ai nostri giovani un tennis a tutto campo”. Anche John Fitzgerald è entusiasta: “Non avete idea di quanto siano importanti questi campi. La terra è la superficie ideale per insegnare a un giovane tennista. Su questo non c’è dubbio. E’ un giorno molto importante per Tennis Australia”. I canguri sono davvero convinti di questa rivoluzione culturale, tanto che a Sydney è stato addirittura aperto un centro di ricerca sui campi in terra presso la Sydney University. Anche secondo Chris Kachel, responsabile del progetto, i campi rossi sono i migliori per crescere e imparare. “Ci si infortuna di meno perchè sono più morbidi, gli scambi sono più lunghi e aiutano la crescita tattica e mentale. Sono dei coach naturali”.
Gli australiani sostengono che sia più facile adattarsi al veloce proveniendo dalla terra battuta piuttosto che il contrario. “Se guardate la classifica ATP degli ultimi 15-20 anni, buona parte dei migliori giocatori sono cresciuti sulla terra” dice Kachel. L'idea è creare una diffusione capillare della terra battuta entro il 2016. Da quando il progetto è partito, sono stati costruiti 55 campi in terra (47 più gli 8 di Melbourne Park). Oltre ai campi italiani, Tennis Australia ha sperimentato anche una superficie svizzera e il famoso har-tru americano. Ma a Melbourne ha dominato l’Italia. “I campi italiani avevano le caratteristiche di cui abbiamo bisogno – lentezza, rimbalzo alto e buona trazione, oltre a una manutenzione piuttosto semplice”. I campi italiani riescono a gestire anche la ventosa primavera australiana (i mesi di settembre-ottobre) e hanno uniformato Melbourne Park a tutti i principali centri tennistici mondiali, dotati di campi in tutte le superfici. Ma non si fermano qui: l’idea è creare un circuito di tornei sul rosso, in modo da combinare l’allenamento con l’agonismo vero e proprio.
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