Quindici anni fa, quando stava per affrontare Pete Sampras all'Open degli Stati Uniti, Hyung Taik Lee si fece prendere dal panico. Ma non era il servizio di Pistol Pete a spaventarlo, semmai il timore di dover parlare in pubblico in caso di vittoria. Non sapeva una parola di inglese, lingua molto ostica per chi arriva dall'estremo oriente. Allora fece una telefonata a Seul per farsi dire 2-3 parole da usare alla bisogna. Non ne ebbe bisogno, ma gli tornarono utili quando vinse il suo primo titolo ATP, tre anni dopo a Sydney, in finale con Juan Carlos Ferrero. Il coreano ha comunque vissuto una buona carriera nonostante una scarsa padronanza della lingua franca del tennis. Per anni si è attaccato a Kevin Kim, americano nato in Corea, unico giocatore del tour a parlare la sua lingua. Entrato tra i top-40 ATP nel 2007, si è ritirato sereno. Potrebbe non avere questo problema Hyeon Chung, protagonista a sorpresa al Masters 1000 di Miami. All'esordio nel circuito maggiore, ha battuto un avversario ostico come Marcel Granollers e ha rilasciato qualche dichiarazione con l'ausilio di un traduttore. L'inglese non fa ancora per lui, ma l'impressione è che il circuito ATP possa popolarsi di alcuni coreani. Oltre a Chung ci sono i giovanissimi Seong Chan Hong (classe 1997 e numero 3 del ranking ITF), Yunseong Chung (classe 1998, numero 8. I due non sono parenti) e Duck Hee Lee, pure lui del 1998 e il più famoso di tutti perchè affetto da sordità sin dalla nascita. Nonostante questo, è entrato nel ranking ATP prima di compiere i 15 anni. La sua storia ha commosso gli appassionati di tutto il mondo e la sua carriera servrà a capire se il silenzio è davvero un vantaggio. Lee è quello che farà più fatica di tutti a comunicare: parla con il coach, che interpreta i suoi gesti e li comunica all'interprete. “E' stata dura – ha detto Chung dopo il successo su Granollers – il tempo, le condizioni di gioco e la forza dell'avversario hanno reso tutto complicato. Però sono arrivato a Miami con una settimana di anticipo e ho potuto allenarmi come si deve, con ottimi giocatori come Simone Bolelli e Denis Istomin”. Hyeon è già molto avanti in classifica: numero 121 ATP in virtù degli ottimi risultati nei tornei futures e addirittura due vittorie challenger su tre finali. Il tutto a 19 anni ancora da compiere.
OGGI SFIDA BERDYCH, PRIMO TOP TEN
Di lui impressiona la tranquillità, già mostrata un paio d'anni fa nella finale di Wimbledon Junior contro Gianluigi Quinzi. Perse, e l'esaltazione per il successo dell'azzurro fece passare in secondo piano questo ragazzo occhialuto, aria da secchione ed espressione sempre uguale. Scrivemmo che il servizio ricordava vagamente quello di Nalbandian e il dritto quello di Nishikori. Oggi è più robusto, l'aria un po' dimessa ha lasciato spazio a un fisico robusto e uno sguardo pieno di sé. Il dritto si è personalizzato e la mentalità orientale è nel suo DNA. Hyung Taik Lee comunicava parecchio, sia pur con evidenti limiti. Lui è glaciale sul campo da tennis e anche fuori, per quanto dice di essere in buoni rapporti con gli altri junior appena emersi nel tour. “Ma sto già lavorando per migliorare il mio inglese”. Eppure bazzica da tempo negli Stati Uniti, da quando l'IMG lo ha messo sotto contratto quando aveva 12 anni e vinse sia Eddie Herr che Orange Bowl. Qualcuno sussurra che IMG abbia un gran bisogno di un protagonista coreano, giacchè il Paese è un mercato “vergine” e con tante potenzialità. Nel frattempo gli hanno trovato un contratto con Le Coq Sportif (indossato da pochissimi atleti extra-francesi) e un altro con Dunlop per le racchette. Il filo sottile che lo lega a Lee è rappresentato da coach Yong-Il Yoon (n. 140 ATP nel 2000), suo attuale allenatore dopo aver seguito proprio Lee (di cui era stato anche compagno di doppio). Yoon lo ha irrobustito, mettendolo in condizione di esprimere il suo talento. “Ha un dritto molto solido e la grande capacità di trovare gli angoli con il rovescio” dice la sua pagina sul sito ATP, una delle poche fonti di informazione su un ragazzo timido, di cui non si sa molto. “Quest'anno il mo obiettivo è passare un turno in torneo del Grande Slam – ha detto – ma le condizioni di gioco sono molto diverse rispetto ai tornei junior. Qui trovo una grande energia positiva e un pubblico molto più numeroso”. Per ora non gli dispiace, è ovvio. Vedremo se Quinzi saprà trarre energia positiva da tutto questo, oppure se sarà un fattore di pressione in più. Ad oggi, i risultati sono tutti a favore del coreano griffato da Samsung, più importante azienda del suo paese. Adesso starà a GQ fare in modo che quel pomeriggio di Londra non venga ricordato solo per la scatenata esultanza di Irasema Sandoval, moglie del suo ex-coach Eduardo Medica. Fece gesti talmente plateali da prendersi decine di inquadrature, traendo in inganno persino la regia britannica, che sicuramente l'avrà scambiata per la madre o qualcosa del genere. L'angolo di Chung era molto più composto, e lo sarà anche oggi nel match contro Tomas Berdych, il primo contro un top-10. Il primo di una lunga serie. Perchè Hyeon ce l'ha scritto in fronte. “Guardate che non sono un bluff”.