A tre settimane dall'assemblea di Orlando, il presidente ITF rilascia un'interessante intervista a Tennis Magazin, media di un paese (la Germania) che voterà contro le proposte di riforma. Haggerty si dice sicuro di vincere e insiste sul fatto che la nuova Davis sarebbe un bene per il futuro del tennis.

Mancano tre settimane esatte alla votazione di Orlando, in cui i delegati di circa 200 federazioni si pronunceranno sulla proposte di modifica alla Coppa Davis. Se ne parla da mesi: affinché la proposta dell'ITF (radunare 18 nazionali in sede unica) passi, sarà necessario raccogliere il 66,6% delle preferenze. La battaglia politica, nel sottobosco, è molto vivace e non sono mancati “colpi bassi”. L'ultimo ha riguardato il presidente FFT Bernard Giudicelli: secondo lo statuto ITF, una sua condanna penale (per diffamazione) obbligherebbe a sollevarlo dall'incarico, ma la federazione cercherà di far passare un emendamento per mantenerlo al suo posto. Dopo un acceso dibattito interno, la federazione francese ha deciso che voterà “sì” alle proposte di modifica. Oggi è interessante ascoltare le ultime parole di Dave Haggerty, attuale presidente ITF e maggiore sponsor del cambiamento. Haggerty è stato intervistato dalla rivista tedesca “Tennis Magazin” e ha fatto il punto della situazione, peraltro spiegando che non esiste ancora l'ufficialità della sede (anche se voci di corridoio molto insistenti sostengono che sia stato scelto lo Stade Pierre Mauroy di Lille). Qui sotto, le affermazioni più significative del dirigente americano. E i nostri commenti.

“Siamo molto fiduciosi per l'esito delle votazioni. Abbiamo parlato con federazioni, giocatori e pubblico. I riscontri sono positivi, hanno recepito che la partnership con Kosmos è una grande occasione per garantire il futuro della Davis. Le riforme andranno a beneficio diretto delle associazioni: l'ITF è l'unico organo a investire nello sviluppo del tennis: in questo senso, il ricavato della Davis è essenziale”.

L'unica certezza è che i benefici saranno di natura economica per le federazioni, sia quella internazionale che le varie associazioni nazionali.

“La Germania voterà contro? Rispettiamo le opinioni di tutti. I cambiamenti non sono mai facili, ma è chiaro che dobbiamo sfruttare l'enorme potenziale della Davis. Votare “sì” significa votare a favore del tennis. Il concetto di rinnovamento non è nuovo: nel 1900 la Davis aveva 2 squadre, oggi sono 133 e si è spesso cambiato per restare al passo con i tempi. Spero che la DTB sostenga l'iniziativa”

Le modifiche ci sono state, ma nessuna aveva mai messo in discussione i principi della singola sfida (tre giorni, 4 singolari e 1 doppio, casa-trasferta). Che votare “sì” significhi favorire il tennis è un'opinione. Di sicuro, favorirebbe i portafogli delle federazioni.

“Ci siamo resi conto che il format casa-trasferta è molto popolare tra giocatori e appassionati, quindi abbiamo deciso di mantenerlo per il primo turno, in modo da continuare a far giocare in tutto il mondo. Ma riunire 18 squadre in un unico luogo a fine anno aumenterà la visibilità e l'importanza della Davis”

L'idea è fare un primo turno a 24 squadre, con le 12 vincenti che accederanno alla Davis in sede unica, a cui si aggiungerebbero le quattro semifinaliste più due wild card. Haggerty ha probabilmente ragione sull'aumento di visibilità, meno sull'importanza. La Davis non diventerebbe più importante, perché sul piano agonistico assumerebbe il formato di un'esibizione: match brevi, tanti soldi in palio. L'esatto contrario dello spirito che l'ha sempre contraddistinta.

“La sede non è ancora stata stabilita. Non ci siamo ancora impegnati con un determinato luogo, ma stiamo consultando i nostri partner. Per i primi due anni si giocherà in Europa, ma ci sono dei fattori da considerare. Vogliamo soltanto trovare il luogo migliore possibile”.

Come detto, pare che la città favorita sia Lille. Chiaramente l'eventuale luogo dovrà tenere conto della sede delle ATP Finals, che si giocano la settimana prevedente: fino al 2020 si terranno a Londra, dunque Lille sarebbe perfetta sul piano logistico. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare.

“La partecipazione dei giocatori? Questi cambiamenti, inizialmente, sono stati richiesti nel 2016 dal players council. I giocatori si sono espressi positivamente, e la nuova formula consentirà di bilanciare la passione dei tifosi con la tutela della salute dei giocatori, riducendo il loro impegno. Inoltre, grazie a Kosmos, possiamo offrire molti soldi. Questi fattori, uniti alla storia della Davis e all'orgoglio di giocare per il proprio paese, ci danno la sicurezza che i migliori vorranno partecipare”.

È chiaro che un paio di riforme vanno incontro agli interessi egoistici dei giocatori: un (ricco) montepremi dedicato fa gola. E poi il fatto di dedicare all'evento due sole settimane anziché le canoniche quattro, beh, per loro può essere interessante. È possibile che il campo di partecipazione possa essere buono, anche se diversi giocatori hanno manifestato forti perplessità e scarsa voglia di partecipare (Lucas Pouille su tutti). Solito discorso: più che al bene del gioco, si sta pensando al bene dei portafogli. Di sicuro, non ci sarebbero più match epici. Ma è questione di gusti: meglio un 6-3 6-4 tra due top-10, o cinque set di lotta furibonda tra un brasiliano e un croato?
"Con la World Team Cup, l'ATP ha perso l'occasione di lavorare con noi e garantire un beneficio a tutto il tennis. I nostri progetti non cambiano, noi siamo gli unici a investire nello sviluppo del tennis grazie alla Davis. Di tutto questo, beneficeranno 210 federazioni”.

Che l'ITF debba investire nello sviluppo del tennis c'è scritto nello statuto: non è dunque un merito, ma un obbligo istituzionale. Le altre associazioni fanno interessi privati, non hanno obblighi e sono pienamente legittimate a fare quello che preferiscono, senza pensare alla nascita di campi nell'Africa nera o nei villaggi della Foresta Amazzonica. La domanda è la solita: dove finirebbe il mare di soldi che Kosmos verserebbe nelle casse delle federazioni?

“Non daremo punti ATP? Giocare in Davis ha molti vantaggi. È la manifestazione più antica, vanta appeal e prestigio e chi gioca sa di contribuire al futuro a lungo termine del gioco”.

Nessun giocatore scenderà in campo per l'appeal o il prestigio della manifestazione, e nemmeno per il futuro del tennis. Molti lo faranno per soldi, qualche romantico perché ancora attaccato all'idea di giocare per il proprio paese. Ma farlo in sede neutra, con partitine da due set su tre, con due singolari e un doppio, sarebbe quantomeno insipido.

“La Fed Cup ha bisogno di riforme affinché rimanga attraente. Vogliamo portare il World Group a 16 squadre, poi abbiamo in mente altre riforme a lungo termine. Tuttavia, i piani sono ancora in corso”.

Affermazione che rende curioso il sorteggio per il 2019, effettuato qualche giorno fa, in cui c'è ancora la suddivisione tra World Group I e World Group II. Se la riforma passa, che si fa? Un altro sorteggio? Sembra che ci sia un po' di confusione.

“Non pensiamo alla prospettiva di una sconfitta. Il nostro unico pensiero è che il progetto di riforma sia sostento dalle associazioni”.

La risposta ci sta sul piano politico, ma Haggerty deve essere consapevole di essersi esposto moltissimo. Da quando ha assunto la presidenza ITF, l'ha impostata quasi esclusivamente sulla riforma della Davis. Dovesse perdere, le dimissioni dovrebbero essere un'opzione concreta.