L’INTERVISTA – Simone Bolelli è di nuovo in pista. “Sarà dura, ma sono pronto. Masters di doppio? Si può”. La nuova racchetta, la Davis del passato e quella del presente.
Simone Bolelli ha respirato nuovamente l'aria di un torneo
(Servizio fotografico di Antonio Milesi)
Da Bergamo, Riccardo Bisti – 12 febbraio 2014
Il Progetto-Bolelli è ripartito. Il challenger di Bergamo ha sancito il suo ritorno in singolare dopo sette mesi di stop e gli impegni in doppio a Melbourne e in Coppa Davis. Corsi e ricorsi storici: nel 2006 e nel 2007, proprio a Bergamo, la sua carriera ha spiccato il volo. Nel 2011, invece, perse male e sembrava (e forse era…) un tennista alla deriva. Chi lo vide allora e lo ritrova oggi è rimasto piacevolmente sorpreso: lo sguardo è diverso, più acceso, sereno, di nuovo convinto delle sue possibilità. La risalita sarà lunga, la classifica ATP fa paura, ma Simone è convinto di potercela fare. Ecco il nuovo Bolelli, tra le ambizioni per il futuro e le scorie di un passato che non si può dimenticare. E una ciliegina da mettere sulla torta: il doppio con Fabio Fognini.
Simone, tranquillizzaci: il polso è OK?
Si, ha recuperato bene. Gioco tranquillamente e non ci penso durante le partite. Soffro un po’ i cambi di superficie, ma è una questione di adattamento che non va oltre i 2-3 giorni. Per il resto sono molto contento di come ho ripreso l’uso della mano.
Devi fare ancora dei controlli?
No no, clinicamente sono a posto. Il tendine è guarito, si è fissato bene e quindi posso giocare senza problemi.
Bergamo è un torneo speciale per te. E’ qui che sei “esploso”, ed è qui che hai vissuto il tuo momento peggiore. Ti chiedo una fotografia delle edizioni 2006 e 2007, quando eri un giovane di belle speranze, e del 2011, quando furono giorni di sofferenza.
I primi due anni furono molto belli perché raggiunsi due finali inaspettate. Vinsi match duri e faticosi, poi Bergamo per me è una seconda casa. Ho vissuto qui per cinque anni, quindi ci tengo particolarmente. Ho vissuto belle sensazioni, fu un po’ l’inizio della mia carriera. Il 2011 fu una brutta parentesi. Quell’anno ho raccolto poco, non ho giocato benissimo e anche a Bergamo persi malamente al primo turno. Nettamente meglio le prime due!
Nel 2014 vedremo qualcosa di diverso sul piano tecnico?
Cercherò di esprimere un gioco aggressivo, sempre con le mie armi migliori (servizio e dritto). Inoltre proverò a chiudere più punti a rete, finalizzando il mio schema tattico con la volèe.
Parti da numero 321. Ovviamente la scalata sarà difficile, ma giocherai senza pressioni e forte dell’esperienza accumulata negli anni: può essere un vantaggio?
Si. Credo che per ogni cosa ci sia un lato positivo. Logicamente il ranking non è buono, tra l’altro a breve mi scadranno gli ultimi punti, quindi si abbasserà ulteriormente. Dall’altra parte, tuttavia, non ho pressione e non difendo niente. E’ una cosa positiva. Tuttavia ho in testa un concetto: voglio entrare in campo, giocarmi la partita e ritrovare le sensazioni. Ci starà che non giocherò subito un gran tennis: è normale. Dovrò lottare, stare aggrappato su ogni punto, ma senza aspettative. E ovvio che vorrei vincere subito, ma voglio pensare partita per partita. L’importante è aver ripreso e stare bene fisicamente. Non credo di aver perso livello di gioco. Non sarà facile, ripartire da zero è sempre complicato. Ma se il fisico mi sorregge, con un po’ di pazienza, penso di potercela fare.
Che differenza c’è tra il Simone del 2007 e quello del 2014? Vietato rispondere: “Sono più maturo”.
Sono 6-7 anni di partite, esperienze, match importanti. Credo che negli ultimi anni le partite giocate in Davis mi abbiano aiutato tanto. Abbiamo giocato un doppio super-importante contro la Croazia, ci siamo ripetuti con l’Argentina…Sono partite che rimangono, forse ancora più che quelle dei tornei individuali. A livello umano…beh, sono cresciuto, ho 28 anni, ho certamente più esperienza e credo di giocare meglio rispetto ad allora. Mi sento più completo sul piano tecnico, fisico…insomma, credo di essere migliorato.
Sei un grande amico di Fabio Fognini, è stato uno dei primi a contattarti quando ti sei operato. L’hai sentito dopo la vittoria a Vina del Mar? C’è ancora il progetto di giocare il doppio insieme?
Con Fabio ho un bellissimo rapporto, ci siamo sentiti anche ieri, gli ho fatto i complimenti per la vittoria. E’ cresciuto moltissimo, lo vedo tra i più forti del momento. Credo che possa arrivare tra i primi 10, anche se a quei livelli bisogna conquistare moltissimi punti. Ma fisicamente è fortissimo, gestisce meglio la partita rispetto a prima, è completo…sinceramente non vedo buchi nel suo gioco. Tornei permettendo, credo che porteremo avanti l’idea del doppio il più possibile. Ci ritroveremo a marzo: giocherò le qualificazioni a Miami e lì potremo giocare il doppio insieme, come peraltro negli Slam. Insomma, appena sarà possibile ci rivedrete in coppia.
Il Masters ATP di doppio del 2015 può essere un obiettivo?
Si, credo di si. Nel doppio bastano un paio di buoni risultati. L’anno scorso si poteva fare: abbiamo raggiunto la semifinale in Australia, a febbraio eravamo numero 3 nella Race…non è impossibile. Ti dirò: neanche quest’anno è impossibile. Bisogna imbroccare qualche buon risultato in un paio di Slam e in qualche Masters 1000. Chissà.
Ha cambiato racchetta, passando da Head a Babolat. Per te è stato un cambio storico, perchè eri uno storico testimonial Head. Come è nata l'idea? Cosa ti dà in più la nuova racchetta?
Ho giocato con Head per 15 anni. E’ stato uno cambio “forzato”: dopo l’operazione ho ripreso a giocare con Head e facevo molta più fatica rispetto alla Babolat provata quest’inverno. Mi costava molto di più spingere la palla, facevo un grosso sforzo muscolare al momento di colpire. Insomma, soffrivo un po’. Questa è una racchetta più maneggevole, mi aiuta un po’ di più in fase di controllo ed è più morbida. Faccio meno fatica. Diciamo che è stato un cambio dettato dalle esigenze del momento.
Cosa pensi quando vedi che la FIT accetta senza problemi le richieste di tante giocatrici di non giocare in Fed Cup? Non pensi di essere stato una specie di capro espiatorio per i fatti di 5 anni fa?
Ma si, quello purtroppo è passato. Credo che in quel momento la federazione non volesse colpire me, ma qualcun altro. Però ci sono andato di mezzo io. In fondo ero io il giocatore. Forse ci sono stati errori da entrambe le parti, non so. Non so che dire…ci sono stati due pesi e due misure. Io all’epoca stavo con Pistolesi: si sa che Claudio non ha un grande rapporto con la FIT e secondo me, volendo colpire lui, hanno colpito me. Altrimenti non si spiega.
Però adesso è cambiato tutto, sembra che ci sia un clima migliore. Non pensi che il tuo “sacrificio” sia servito a far riflettere e a cambiare le cose? Immagino che se adesso tu chiedessi di saltare una partita non succederebbe nulla….
Sicuramente le cose sono cambiate. Per esempio, quando a dicembre Barazzutti venne a Tirrenia per chiedermi di giocare in Argentina, non ero molto convinto. Se avessi rifiutato non ci sarebbe stato alcun tipo di sanzione. Le cose si sono tranquillizzate un po’. D’altronde non penso che un giocatore debba sentirsi obbligato a giocare in nazionale, è una cosa che devi sentire. Se in un particolare momento della carriera c’è il desiderio di saltare un match, non credo che sia così grave.
Il clima in seno al team di Coppa Davis, rispetto al 2008, quanto è migliorato? Da fuori sembrerebbe parecchio. Da dentro?
Si, il gruppo è molto unito. Stiamo bene insieme, scherziamo tanto, anche col capitano. Inoltre abbiamo un rapporto di stima reciproca con tutte le persone che ne fanno parte (fisioterapisti, dottore). Quando giochiamo in Davis si sta bene sul piano umano, non solo per la partita in sé. Insomma, la viviamo bene.
Allora non era così? O lo era meno?
Forse lo era meno. Credo che sia stato decisivo vincere partite importanti negli ultimi 2-3 anni. Siamo tornati in Serie A, abbiamo battuto la Croazia, ci è girata malissimo in Canada, abbiamo vinto in Argentina…credo che questi match abbiano rafforzato qualcosa che era gà forte, ma adesso lo è di più. Certamente.
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