L'immagine più interessante di questa semifinale, episodio numero 51 della rivalità tra Rafael Nadal e Novak Djokovic, è stata la rabbiosa reazione del serbo dopo aver perso il primo set. 70 minuti di lotta furibonda, diversa rispetto a quella che solitamente ci regalano, ma ugualmente interessante. Aveva espresso il miglior tennis da quando si è bloccato nel mezzo della scorsa estate, ma Rafa l'aveva sfangata all'undicesimo punto del tie-break, nonostante le statistiche raccontassero di 38 punti a testa. Al momento di sedersi al suo angolo, Nole ha preso a racchettate la panchina e si è rivolto, furibondo, verso il suo angolo, imprecando in serbo. Poche, pochissime volte lo abbiamo visto così arrabbiato, nemmeno quando il tennis era la sua unica ragione di vita. Si è detto e scritto di tutto sulle difficoltà incontrate dal serbo negli ultimi mesi. Tra queste, c'era un evidente calo di motivazioni, come se la differenza tra vittoria e sconfitta non fosse più la linea di demarcazione tra la gioia e la tristezza. Per questo, il modo in cui ha affrontato la missione impossibile contro Nadal è quanto di più positivo potesse offrirci in una partita comunque vinta dallo spagnolo. I 116 minuti sui quali si è snodato il 7-6 6-3 per Rafa, tuttavia, hanno dato risposte importanti. Nadal sta benissimo, è sempre più vicino al 100% pianificato per Parigi, mentre Djokovic – per la prima volta – sembra sulla via del completo recupero. Può sembrare un paradosso, ma il Nole di oggi può essere più ottimista di quello di 12 mesi fa, che pure arrivava in finale e annunciava in pompa magna l'ingaggio di Andre Agassi. La parentesi è stata progressivamente cancellata, fino a ripristinare il vecchio team.
RITMI ELEVATI
Non è un caso che Djokovic abbia ritrovato una condizione fisica accettabile non appena al suo angolo è tornato Gebhard Phil Gritsch, guru delle preparazione atletica. Sono bastate tre settimane di lavoro per ridare vigore alla muscolatura del serbo, via via sempre più precaria negli ultimi mesi. La scorsa settimana, lo stesso Nadal si era detto “sicuro” che Djokovic sarebbe tornato quello di prima. Questa convinzione lo ha aiutato a non sottovalutare una sfida che lo vedeva nettamente favorito. Per lui è stata la 18esima vittoria su 19 partite giocate sul rosso nel 2018. In passato, Rafa e Nole ci avevano abituato a scambi massacranti, lunghi, dimostrazioni di resistenza ancor più che di tecnica. Ma gli anni passano, le fibre muscolari non possono essere come quelle di 6-7 anni fa, quando potevano trascorrere anche sei ore sul campo da tennis. E allora il match si è giocato a ritmi ancora più elevati, più alla caccia del colpo vincente che dello sfinimento altrui. Un paio di dati certificano la nuova tendenza: da un lato, il fatto che il match sia durato meno di due ore. In altri tempi, un 7-6 6-3 avrebbe richiesto 30-40 minuti in più. E poi il fatto che Nadal abbia corso meno di Djokovic. Il motivo è semplice: giocando a ritmi così alti, lo spagnolo non ha potuto giocare troppo spesso il dritto a sventaglio, girando intorno alla palla per evitare il rovescio.
UN CLIMA FANTASTICO
Ne è venuta fuori una partita spettacolare, capace di entusiasmare un Campo Centrale “esaurito in ogni ordine di posti”, come si diceva qualche anno fa. C'era un'atmosfera eccezionale al Foro Italico, come se il tennis avesse ritrovato qualcosa di bello che si era un po' smarrito. In verità, Nadal avrebbe potuto chiudere in anticipo il primo set, ma Djokovic ha prodotto il massimo sforzo possibile. Rafa brekkava al sesto game, scappava sul 5-2 ma Djokovic si riprendeva il maltolto nel nono game, rifugiandosi nel tie-break. In un clima fantastico, Nole teneva duro fino al 4-5, pur boccheggiando. I punti decisivi se li prendeva Nadal, sigillando il parziale con una risposta sulla riga su un disperato serve and volley di Nole. Sullo slancio, come spesso accade, Rafa prendeva il largo e saliva 2-0 nel secondo, approfittando del nervosismo altrui. Nole si tranquillizzava, resta in scia, giocava davvero un buon tennis (alcuni rovesci anticipati hanno davvero ricordato i bei tempi), e aveva una minima chance sul 4-3 e servizio Nadal, issandosi sul 15-30. Sbagliava qualcosa, arrivava ai vantaggi, ma Rafa alzava il livello quel tanto che bastava per tenere il servizio. La partita finiva lì, con un abbraccio cordiale e la grande esultanza di Nadal, che con questo successo diventa il giocatore con più partite vinte nei Masters 1000 (356 contro le 355 di Federer). La decima finale dello spagnolo al Foro Italico, oltre all'ennesimo sprazzo di gloria, potrebbe consentirgli di riprendersi il numero 1 ATP appena lasciato a Roger Federer. Ma la notizia più importante di questo sabato di sole e raggi caldi riguarda Novak Djokovic: se davvero l'inerzia resterà tale, sarà un pericolo pubblico a Wimbledon e per l'estate sul cemento. Ha gettato le basi: adesso dipende da lui.
INTERNAZIONALI BNL D'ITALIA UOMINI – Semifinali
Rafael Nadal (SPA) b. Novak Djokovic (SRB) 7-6 6-3