La franco iraniana si aggiudica il Master B, sfruttando in finale il ritiro della Bartoli. Per Marion si tratta del 6° abbandono stagionale, il 22° in carriera

di Giorgio Spalluto – foto Getty Images 

Non poteva non finire con un ritiro la travagliata stagione vissuta dal circuito femminile che ha visto il suo epilogo a Bali, nel tanto vituperato Tournament of Champions, riservato alle 10 migliori giocatrici a essersi aggiudicate un torneo “International”, più 2 wild card assegnate dalla Wta alla sempre verde Kimiko Date – che il suo torneo l’aveva vinto, a Seul, ma non aveva la classifica sufficiente per entrare di diritto – e alla giovane rampante Sabine Lisicki.

A vincere l’ultimo torneo della stagione è stata, a sorpresa, la franco-iraniana, Aravane Rezai, che il suo posto se l’era guadagnato, vincendo al torneo di Strasburgo, tradizionale appuntamento pre-Roland Garros, disertato dalle migliori specialiste. La transalpina, dopo aver concluso a punteggio pieno il suo girone (battendo in 3 set la Lisicki e la Czink), si è liberata agevolmente in semifinale della Martinez Sanchez (62 63), sfruttando in finale il 6° ritiro stagionale della connazionale Marion Bartoli che, solo un mese fa, l’aveva nettamente sconfitta al torneo di Tokyo. Un problema alla coscia ha costretto la “corsa” all’abbandono tra le lacrime, al termine di un primo set perso per 7-5, ma in cui aveva avuto anche un set point sul 5-3 in suo favore. Un peccato per una giocatrice troppo incline a ritirarsi, se è vero come è vero che quello contro la Rezai è stato il 22° abbandono in carriera per Marion (che ha solo 25 anni), accusata spesso e volentieri dalle sue avversarie di comportarsi in maniera antisportiva. Un’altra sua connazionale, Virginie Razzano, intervistata da un giornale francese, l’aveva accusata tempo di trarre vantaggio da alcuni piccoli infortuni per togliere la concentrazione alle avversarie. La Bartoli non aveva gradito, tanto da rifiutarsi di stringerle la mano, in occasione proprio di un suo ritiro in quel di Eastbourne.

Ad approfittare dei malanni cronici della sua avversaria, una ritrovata Rezai al secondo titolo in carriera che le garantisce un best ranking di numero 26, lei che quest’anno era scesa fino alla 108ma posizione delle classifiche WTA, ma che già all’inizio del 2007 aveva fatto il suo ingresso tra le prime 40.

La maggior parte della sua popolarità, però, le deriva dalle vicende extra tennistiche che l’hanno vista coinvolta prima di approdare al tennis che conta. Aravane comincia a far parlare di sè per la sua fede musulmana che le impedirebbe qualsiasi contatto con esponenti dell’altro sesso; anche ricevere un bacio da coloro che vogliono complimentarsi con lei, magari per la conquista di un torneo, suscita qualche malumore di troppo.

Non passa inosservato neanche lo stile di vita low-cost che caratterizza i suoi primi spostamenti. I Rezai, infatti, sono costretti a viaggiare e dormire tutti dentro un pulmino, un vecchio Big Van. Il Roland Garros 2006 rappresenta la svolta, con il terzo turno raggiunto partendo dalle qualificazioni. Grazie a questo risultato, inizia a godere del supporto dalla federazione francese e può cominciare a muoversi in aereo e a pernottare in hotel.

Non può mancare nella crescita, a dir poco travagliata, di questa ragazzina, la presenza di un padre ingombrante, Arsalan Rezai, protagonista di una lite furibonda con George Goven, uno dei responsabili della federtennis francese. Papà Rezai, fuggito dall’Iran khomeinista, non è nuovo a scenate del genere. Ha litigato con tutti, in Francia e, come tanti altri genitori, ha voluto crescere tutto da solo la figliola, per non affidarsi a tecnici sconosciuti. L’ha fatto con disperata, dolce ferocia, ma lei dice di volere molto bene al suo papà. Cresciuta all’ombra di un padre “carceriere”, anche la sua avversaria a Bali, Marion Bartoli, seguita con asfissiante affetto dal padre che, per improvvisarsi coach ha abbandonato la professione di medico. In tanti hanno alle spalle storie simili. Vittime? Il fatto è che questi rapporti “traviati” tra genitore e figlio, spesso funzionano e producono campioni. Salvo poi rendersi conto, come nel caso Agassi, di quanto odio represso possa essere covato per anni, nei confronti della disciplina che ti ha reso celebre. 

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La Bartoli si rifiuta di stringere la mano alla Razzano