Fabio Della Vida, una vita nel tennis come manager e talent scout di fama internazionale, riflette sulle attuali regole Atp, Wta e Itf, e propone le SUE modifiche
Cosa non mi piace del tennis internazionale
Il tennis a livello mondiale sta vivendo un buon momento: finalmente si comincia a vedere quel cambio generazionale che aspettavamo da tempo e che è stato ritardato dai tre fenomeni, anzi dai 4 perché anche Murray tanto grande quanto sfortunato appartiene a questa élite così dura da abbattere.
In Italia poi abbiamo un secondo boom grazie anche alla Federazione che finalmente ha trovato il bandolo della matassa, lasciando liberi i giocatori e limitandosi ad assisterli, cosa che sta facendo benissimo: ma di questo ci occuperemo magari un altra volta. Adesso voglio parlare della cosa che mi piace meno del tennis internazionale: alcune regole, per me, assurde.
Lasciatemi dire che Atp Wta e Itf vanno solo ringraziate per quello che hanno fatto, specialmente l’Atp che si è trascinata appresso la Wta: dal famoso boicottaggio del ‘73 a oggi il tennis è cresciuto tantissimo, i giocatori guadagnano bene e il nostro sport è forse anche più globale del calcio. I tennisti hanno una bella pensione, e questo è tanto, solo grazie all’Atp. Però queste tre associazioni spesso dimenticano che il tennis ha successo perché piace alla gente, perché è uno sport semplice da capire (non da giocare), e invece sembrano fare di tutto per renderlo più noioso, per appiattirlo e robotizzarlo.
Toilet Break: la regola più ingiusta e odiosa
Cito un po’ di esempi, per spiegarmi meglio: il toilet break. La regola più ingiusta e odiosa, almeno per me. Nei 40 anni e passa che seguo questo sport meraviglioso non ho mai visto nessuno, dico nessuno, andare in bagno durante un allenamento: allora perché farlo in partita? Vi faccio un esempio: match di boxe, un pugile mette a terra l’avversario, questo si rialza a fatica, resiste fino alla fine del round, arriva al suo angolo e dice vado in bagno e si prende 10 minuti di pausa. E’ assurdo ma è quello che succede nel tennis quando si prende una pausa dopo 20 minuti. Una palese e intollerabile ingiustizia verso chi sta vincendo.
Nella boxe chi esce dal ring ha perso, nel tennis no, e non è serio: puoi uscire se piove, o se l’incontro e sospeso per oscurità, ma decide l’arbitro, non il giocatore.
Injury Time: così Djokovic ha ‘sottratto’ Wimbledon a Federer
Prima uno stiramentino alla gamba, poi un doloretto alla spalla, o un problemino alla schiena, e ne approfitti per riordinare le idee. Così Djokovic ha ‘sottratto’ una finale di Wimbledon a Federer un po’ di anni fa, chiamando tre volte nel quinto set il fisioterapista. Per carità, Novak ha sfruttato il regolamento, da persona intelligente qual è, però è un po’ una farsa, e il tennis non lo merita. Non parliamo poi del pubblico che fra l’arrivo del fisioterapista la ‘evaluation’ del danno, e il trattamento, si gratta quello che ben sapete per una ventina di minuti.
Coaching: perché non inventarsene uno d’ufficio?
Perdiana, il tennis è l’unico sport dove non esiste il coaching. Certo, in alcune gare è impossibile averlo, per esempio nelle gare di velocità in atletica, o nel nuoto, ma solo perché non puoi fisicamente ascoltare nessuno, ma per il resto esiste dappertutto, paradossalmente anche nel tennis nelle gare a squadre. Dicono che alcuni giocatori non possono permetterselo… Può essere, ma anche in tribunale se non hai un avvocato te ne danno uno d’ufficio. Allora forse è meglio inventarsi un coach d’ufficio piuttosto che affibbiare un warning per coaching per un gesto, o per un urlo di incitamento. Siamo seri: vedere un coach dire a uno spettatore «chiedi alla ragazza di fare questo gesto», come mi è capitato di persona, è da ‘oggi le comiche’.
Lucky loser: dove servirebbe è proprio in finale
Una regola che non capirò mai. Va bene, facciamo entrare il lucky loser nel tabellone principale: ma allora perché non al secondo turno, ai quarti, e così via? Anzi, vi dirò di più, dove serve il lucky loser è proprio in finale: immaginate uno Slam che deve rinunciare a una finale, che danno per pubblico, tv, organizzatori. Mi direte: «non è giusto, uno perde in semifinale e vince il torneo». Può essere vero, ma che differenza c’è con chi ha perso in quali e vince il torneo? Quindi per me, o lo mettiamo sempre, o non lo mettiamo mai. Ricordiamoci quando a Roma la finale non si è giocata: gente che voleva il biglietto indietro, la tv costretta a mostrare un altro programma…
Liberiamo i ball boys dall’asciugamano. Giudice di sedia o notaio?
Ball boys o towel boys? Letteralmente: raccattano le palle. Se invece devono dare l’asciugamano ai giocatori a ogni punto, o li chiamiamo towel boys, o glielo proibiamo, cosa molto più giusta. E igienica.
Giudice di sedia o notaio? L’arbitro dovrebbe, appunto, arbitrare, non limitarsi a leggere il punteggio. Lui sa se un giocatore è veramente infortunato o fa finta, se esagera con le reazioni se prova a fare il furbo, se sbatte la racchetta dopo un errore stupido in un punto importante, o se lo fa per partito preso. Sa quando tollerare un po’ più di riposo dopo uno scambio molto lungo e dispendioso, e capisce quando un giocatore vuole solo guadagnare tempo perché è stanco: insomma lasciamolo lavorare ! Non confondiamolo con regole assurde e burocratiche, spetta a lui interpretare il match.
Panchina: vorrei sempre un coach e un fisio
A me piacerebbe un tennis con coach e fisioterapista seduti accanto all’atleta ai cambi di campo, pronti a consigliarli e massaggiarli come nella boxe. E se non ti alzi dopo un minuto e mezzo hai perso.
Concludendo: il tennis è come la vita: è bello perché è spietato. O vinci o perdi, atavicamente all’uomo è sempre piaciuto questo, fin dai tempi dei gladiatori. Mors tua vita mea. Non servono regole da squallidi burocrati.