Nel primo trimestre sono previsti appena 21 challenger, con una diminuzione del 30%. Il tennis rischia di essere sempre più elitario. E i ritiri forzati aumentano giorno dopo giorno.
Nel 2012, Evgeny Donskoy ha collezionato 627 punti ATP nei challenger. Ma se i tornei diminuiranno…
 
Di Riccardo Bisti – 31 dicembre 2012

 
Dobbiamo essere fieri di chi resiste. L’Italia ha perso un mucchio di challenger negli ultimi anni, ma la tendenza è globale. E c’è ragione di preoccuparsi. A differenza di quanto accade per il circuito maggiore, l’ATP dirama il calendario challenger a blocchi trimestrali. E nel 2013 la tendenza è terribile. Nei primi tre mesi dell’anno nuovo sono in calendario appena 21 tornei (con Bergamo unica tappa italiana), mentre l’anno scorso erano stati 30, addirittura 33 nel 2011. Un calo netto del 30%. L’importanza di questi tornei è fuori discussione. Da questa categoria sono passati i Federer, i Nadal, i Djokovic…e sta per entrarvi Gianluigi Quinzi. Si tratta di una tappa intermedia che forgia i tennisti e li prepara al circuito maggiore. Devi lottare duramente ed emergi solo se hai qualità importanti. Ma con meno tornei sarà ancora più difficile. Negli ultimi 20 anni, i challenger sono cresciuti costantemente. Nel 1992 se ne sono giocati 88, nel 2012 147. L’anno più prolifico è stato il 2008, con ben 175 tappe. Mentre il circuito minore è cresciuto a dismisura, i tornei ATP sono diminuiti. Una decina d’anni fa, l’ATP ha portato avanti una campagna di riduzione degli eventi. In alcuni casi (vedi Palermo) ha acquistato la data in prima persona senza rivenderla a nessuno. Da qualche anno, il calendario è composto da circa 65 eventi. Ma nel 1994 c’erano ben 90 tornei ATP. In altre parole, la crescita dei challenger ha offerto importanti possibilità ai giocatori fuori dall’elite. La crescita dei challenger è andata di pari passo con la diminuzione (e il sapore sempre più elitario) dei tornei ATP. In un decennio, i challenger sono aumentati del 35%, ma il numero combinato di posti in tabellone è cresciuto di appena il 6%
 
Nel quinquennio tra il 2002 e il 2007 c’è stata l’esplosione dei challenger, ma adesso la tendenza è cambiata. Per intenderci, nel 2012 il mix tra ATP e Challenger ha offerto 7432 posti nei tabelloni principali, con una crescita del 9,5% rispetto a dieci anni fa. Lo sviluppo sembra adeguato alla globalizzazione del tennis, ma la tendenza al ribasso è preoccupante. E ci sarebbero meno possibilità di emergere (e mantenersi) grazie al tennis. Ad oggi conosciamo solo il primo trimestre: se la tendenza dovesse essere confermata, tuttavia, si giocherebbero poco più di 100 challenger, cifra più bassa da 15 anni a questa parte. In verità, buona parte dei tornei sono concentrati nel periodo estivo. Tra luglio e settembre ci sono settimane con 6-7 tornei in contemporanea, quindi non è detto che il primo trimestre sia…paradigmatico. La diminuzione dei tornei challenger rischia di demoralizzare tanti giocatori e disincentivare il professionismo, magari a favore delle gare a squadre o dei tornei nazionali. Meno tornei, generalmente, significa più viaggi. Ma con i montepremi (irrisori) di diversi tornei, i tennisti rischiano di andare in passivo, settimana dopo settimana. Il problema non riguarda i campionissimi, ma centinaia di giocatori che sgomitano e cercano di risparmiare anche nella quotidianità (racchette, incordature, pasti….)
 
Il calo dei challenger rischia di diventare un problema per chi proviene da paesi più poveri o – più nello specifico – da famiglie meno abbienti. Non è questa la sede per raccontare le storie di chi è stato costretto a ritirarsi (Castiblanco, Alcaide), chi rischia di farlo (Goodall) e chi ha trovato soluzioni alternative come le gare a squadre (Weintraub e tanti altri). Chi non ha soldi da investire né tornei sotto casa, potrebbe avere sempre meno possibilità per provarci con il tennis. Il rischio è che i casi sopra citati siano sempre più frequenti, senza che nessuno abbia la forza o la possibilità di intervenire. Se arrivasse il ritiro del numero 500 del mondo, non se ne accorgerebbe nessuno. Ma una decina d’anni fa c’era un Radek Stepanek con il portafoglio ridotto ai minimi termini. Grazie al circuito minore è rimasto a galla e 45 giorni fa ha vinto una storica Coppa Davis. Nei vivaci dibattiti sul prize-money non ne parlerà nessuno, mentre avranno grande pubblicità le differenze tra il secondo e il terzo turno del Roland Garros. Forse qualcuno dovrebbe pensarci, perché lo Stepanek del domani potrebbe davvero appendere la racchetta al chiodo. E non sarebbe giusto.