Oltre a inseguire i suoi obiettivi, Milos Raonic ha un'altra missione: farsi apprezzare come giocatore, visto che buona parte dei suoi match sono ricordati per la sonnolenza provocata da un tennis bum-bum fondato quasi esclusivamente sul servizio. Ma a un tennis “ignorante” si affianca una persona intelligente, in grado di elaborare pensieri complessi e raffinati. Lo sta dimostrando in un 2016 dove non sta sbagliando una partita, anche al netto di un fastidioso infortunio che gli ha fatto saltare una quarantina di giorni. Dopo la semifinale all'Australian Open si è ripetuto a Indian Wells, battendo Tomas Berdych negli ottavi e Gael Monfils nei quarti. E adesso parte favorito contro David Goffin. “Sto giocando il miglior tennis della mia vita – ha detto in questi giorni, intervistato da Kamakshi Tandom – mi muovo meglio e ho sistemato alcuni dettagli che possono fare la differenza. Ad esempio, non gioco quasi più la volèe con i piedi dietro la linea del servizio”. Alzi la mano chi se ne era accorto. Ma Milos, mente suprema, sa percepire anche le piccole cose. E ha un grande pregio: non si intestardisce, anzi, ha la mente aperta a qualsiasi soluzione. E' anche una necessità, visto che il suo fisico è tanto scultoreo quanto fragile. “Infatti cerco di cambiare sempre qualche abitudine dopo un infortunio. Ad esempio, se inizio ad allenarmi alle 10 del mattino, faccio riscaldamento già dalle 8. Cerco di prendermi cura di tutto. E' difficile capire quale sia la cosa giusta da fare, a volte faccio troppo e mi stanco mentalmente. Però voglio provare ogni soluzione possibile”.
PIATTI-MOYA, ACCOPPIATA PERFETTA
Da quando ha trovato una certa stabilità personale, Milos sembra inarrestabile. Sul piano personale si è fidanzato con Danielle Knudson, mentre il suo staff è cambiato: perso Ivan Ljubicic, che ha accettato la proposta di Roger Federer, ha trovato una valida alternativa in Carlos Moyà. Lavorano insieme da appena tre mesi, ma il canadese è già entusiasta della collaborazione. Non lo dice chiaramente, ma sembra che non si sia mai trovato così bene con un coach, anche se è più corretto parlare di “mentore”. “Mi piace l'umiltà di Carlos. Non mi ha mai detto di essere stato numero 1 ATP: da quando lavoriamo insieme, ha messo da parte il suo ego e si concentra solo su di me. E' la persona più aperta con cui abbia mai lavorato. Alla fine di ogni allenamento mi chiede se abbiamo fatto le cose giuste, se si può migliorare qualcosa. Credo che la struttura del mio team sia migliorata, sono molto soddisfatto”. Se il rapporto tra Riccardo Piatti e Ivan Ljubicic era forgiato da una conoscenza pluriennale, non era scontato che tale alchimia si ripetesse tra il coach comasco e Moyà. “I ruoli sono ben distinti: Carlos mi segue soprattutto per i tornei e comunica con me, mentre Piatti fa il lavoro quotidiano e settimanale. Riccardo è soprattutto un coach, ama passare anche sei ore al giorno su campo, mentre Moyà ha ancora la mentalità da giocatore. Durante i tornei, quando gli allenamenti si limitano a un'ora, può essere molto efficace”. I risultati stanno dando ragione al clan: nel 2016 ha vinto 13 partite su 14, perdendo solo da Murray nella semifinale dell'Australian Open, in cinque set, dopo essersi fatto male a metà del terzo. Durante l'ultimo TennisBest Podcast, Jacopo Lo Monaco si è sbilanciato: “Se non avrà problemi fisici, il numero 1 ATP tra cinque anni sarà Milos Raonic”. Il diretto interessato è d'accordo. “Quest'anno credo di potermi dare la chance di vincere uno Slam. Gli altri obiettivi arriveranno di pari passo. Ad esempio, diventare numero 1. Sì, credo di poterci provare. E nemmeno Djokovic è imbattibile: a Roma, in semifinale, gli sono stato molto vicino. Dovesse ricapitare di affrontarlo, spero di avere più chiaro il da farsi”. Se i pronostici saranno rispettati, potrebbe accadere molto presto. In finale a Indian Wells, per esempio.