Dopo Melbourne e Miami, il fisico tradisce Milos Raonic anche a New York. Nel match con Harrison fatica negli spostamenti, va in tilt col servizio e saluta lo Us Open al secondo turno. Dopo la finale a Wimbledon, una durissima battuta d’arresto. Ride lo statunitense: vittoria di spessore, ritorno nei top-100 e seconda settimana a portata di mano.

Il tennis per stare in alto c’è, ma il fisico di Milos Raonic continua a pensarla diversamente. E così, dopo la finale a Wimbledon che sembrava la prima di una lunga serie, il bombardiere canadese ha rimediato una durissima battuta d’arresto a Flushing Meadows. Il suo Us Open è durato solamente due match, giusto il tempo di battere Dustin Brown all’esordio prima che venisse spedito a casa al secondo turno per mano di Ryan Harrison. Proprio lui, l’ex grande promessa a stelle e strisce, fra i top 50 a 20 anni ma poi sparito dai radar, crollato non appena qualche sconfitta di troppo aveva sollevato alcuni dubbi sul suo reale valore. Oggi ha 24 anni ed era fuori dai primi 100 addirittura dal gennaio 2014, ma ci tornerà grazie agli ottimi risultati delle ultime settimane, culminati col 6-7 7-5 7-5 6-1 con cui ha regalato la prima vera scossa agli Us Open 2016, mostrando che forse è ancora in tempo per costruirsi una carriera di spessore. Non diventerà il nuovo Agassi, come scrivevano di lui quando vinceva nel Tour da teenager, ma fra campione e bidone c’è una via di mezzo che può fare al caso suo. A lui i meriti per aver finalmente dato ossigeno a un bilancio terribile contro i top-10, 1-25 prima del torneo, ma va detto che Raonic gli ha dato una mano, obbligato per buona parte del match a combattere con difficoltà di natura fisica.

Al fastidio all’adduttore di Melbourne, quando crollò al quinto set con Murray, e ai problemi alla schiena di Miami, mai in partita nella finale con Djokovic, ecco aggiungersi un altro problema, questa volta alla gamba sinistra, che ne ha limitato parecchio gli spostamenti. L’umidità di New York ci ha messo del suo, logorandolo piano piano, e le oltre tre ore impiegate per i primi tre set hanno fatto il resto. Per il canadese è stata la classica giornata da dimenticare: un rendimento deludente al servizio (15 doppi falli e un misero – per lui – 67% di punti vinti con la prima) l’ha obbligato a rischiare più del solito coi colpi di rimbalzo e le discese a rete. Un insieme che ha lasciato parecchio a desiderare, costandogli 62 errori gratuiti pesantissimi, praticamente il doppio dei 33 di Harrison. Eppure, quando è salito di un break nel terzo set sembrava potersi lasciare i problemi alle spalle, invece è andato in tilt col servizio sul 4-3, commettendo tre doppi falli che hanno ridato linfa al californiano. Con altri due, più uno smash sbagliato, ha perso di nuovo la battuta – e il terzo set – sul 5-6, e in quel frangente ha capito che vincere altri due set sarebbe stato proibitivo. Ringrazia Harrison: l’avevano escluso dalle wild card, ma si è arrangiato alla grande e ora può sognare un posto alla seconda settimana. Contro Marcos Baghdatis non partirà battuto.

US OPEN UOMINI – Secondo turno
Ryan Harrison (USA) b. Milos Raonic (CAN) 6-7 7-5 7-5 6-1