La prima parte del 2015 ha consegnato un nuovo status allo spagnolo: è calato, ma non crollato. Oggi vale un Berdych o un Ferrer. E' 2-6 contro i top-10 ed è quasi sempre spacciato quando perde il primo set. Non è finito, ma deve cambiare rotta. 

Il clamore seguito alla sconfitta di Rafa Nadal a Parigi è stato enorme, ma assai immotivato. Qualcuno ha celebrato un evento che attendeva da anni, qualcun altro invece ragiona all’italiana e pensava che Parigi sarebbe stata di Rafa per diritto divino. Ma lo sport è un’altra cosa e non basta essere il Principe del Roland Garros per vincere sempre il titolo.Da mesi la domande che si pongono sul tennista spagnolo sono sempre le stesse. Come sta Nadal? Ritornerà quello di una volta? Forse è finito? Dare una risposta è impossibile. In tanti sparano giudizi solo per il gusto di farlo, ma per fortuna che ciò che si scrive o si dice resta. Il Nadal di questa prima metà del 2015 non è completamente pessimo. Perché lo spagnolo è passato dall’essere un top player a essere un tennista alla David Ferrer o alla Berdych. E sia chiaro che non è un’offesa. I risultati di Rafa dicono questo. Nella classifica ATP è al numero 10, mentre nella Race dopo aver vinto a Stoccarda è balzato al numero 7, è durata poco perché Nishikori lo ha superato dopo Halle. Nadal ha più di 1200 punti di vantaggio su Raonic (che è nono), non è lontano da Ferrer e non è troppo lontano da Berdych e fino al successo di Halle non era troppo lontano nemmeno da Federer. Il tracollo completo quindi non c’è stato. Eppure, come detto in precedenza, Rafa ha cambiato status.


CONTRO I TOP-10 E' DURA

I problemi di Nadal sono tanti e si notano soprattutto nelle sfide con i top ten. Quest’anno ha giocato per otto volte con un tennista classificato nei primi dieci. Il bilancio è di 2 vittorie e 6 sconfitte. Nadal ha battuto proprio Ferrer (a Montecarlo) e Berdych (a Madrid). Ha perso con Berdych (Melbourne), Raonic (Indian Wells), Murray (Madrid), Wawrinka (Roma) e due volte con Djokovic (che gli ha lasciato le briciole a Montecarlo e al Roland Garros). Con i tennisti invece piazzati dall’undicesima alla ventesima posizione, invece, non ha sbagliato un colpo. Agli Australian Open ha spazzato via Kevin Anderson, sulla terra sudamericana ha liquidato Cuevas (era tra i 20 nella Race), poi ha battuto Simon a Indian Wells, ha sconfitto due volte Isner (Montecarlo e Roma) e a Stoccarda ha vinto il torneo dopo aver battuto due tennisti che sono nella top-20 di una Race che a metà stagione inizia ad avere un senso (Tomic e Troicki) e il numero 11 del mondo, Monfils. Poi ci sono state le sconfitte con Verdasco, Fognini e Dolgopolov, che erano e sono tutti e tre fuori dalla top venti. Dunque fino a questo momento Nadal ha dimostrato di valere una posizione di rincalzo nella top ten come un Ferrer o un Berdych di qualche anno fa. Il calo c’è stato si, ma non è stato un tracollo. Con disprezzo c’è chi dice che lo spagnolo nel 2015 ha vinto solo due tornei 250 (Baires e Stoccarda), ma Federer nel 2013 ne vinse solo uno (Halle) che non è né un ‘1000’ né uno Slam.


SCORAMENTO DOPO IL PRIMO SET?

Analizzando ulteriormente i numeri si nota che Nadal perde quasi sempre quando non vince il primo set. É successo recentemente con Dolgopolov al Quenn’s, ma è andata così anche con Verdasco a Miami ed è successo anche in tutte le partite perse con i top ten, ad eccezione della sfida con Raonic. Tutte le sconfitte subite con i ‘big’ sono arrivate in modo identico. Rafa gioca benino il primo set lo perde, non risponde colpo su colpo e perde. Forse perché sa di non avere più la forza mentale e fisica per giocare a un livello altissimo, si scoraggia e non riesce a battagliare contro avversari che non sempre possono essergli superiori. E questo atteggiamento mentale lo condiziona moltissimo nei momenti decisivi delle partite. Con Raonic ha sprecato una serie di matchpoint e poi al terzo ha perso 7-5 (Ljubicic, l’allenatore del canadese, disse che il miglior Rafa quella partita l’avrebbe vinta). A Roma con Wawrinka ha buttato quattro setpoint e poi nel secondo set ha raccolto due miserevoli giochi. A Rio con Fognini, nella semifinale che ha portato alla rottura dei rapporti con l’arbitro Bernardes, lo spagnolo vince il primo set 6-1 e sembra padrone dell’incontro, poi si spegne la luce, Fognini diventa un leone e si qualifica per la finale. Con Dolgopolov era 4-2 al terzo e sembrava avere il match in pugno, e invece alla fine con pieno merito ha vinto l’ucraino. I blackout sono troppi, le occasioni mancate sono tantissime e le primissime posizioni mondiali almeno per quest’anno resteranno un miraggio. Nadal non è finito, ma per far capire agli avversari di essere ancora in grado di vincere un torneo importante e deve provare a lasciare un’impronta concreta sul 2015 del tennis.