“C'è una cosa che non mi piace dei giornalisti, ma non so se sia colpa loro o degli editori: ogni tanto capita di leggere titoli eccessivi”. Parlando di un vecchio titolone sulla prospettiva di diventare presidente del Real Madrid, Rafael Nadal si è espresso così in una lunga intervista concessa nei giorni scorsi all'Espanol, in cui si è parlato meno di tennis e più di altre faccende. A scanso di equivoci, Nadal ha preferito non esprimere un parere compiuto sulla vicenda della Catalogna, consapevole che le sue affermazioni potrebbero essere strumentalizzate. Tra l'altro si era già espresso in passato, sostenendo che Spagna e Catalogna dovrebbero restare insieme. Il 2017 è stata una stagione di rilancio per Rafa, straordinaria sotto tanti punti di vista, ma anche l'ultima con lo zio Toni al suo fianco. E allora, in vista del 2018, dovrà riconsiderare alcune cose. Il punto fermo si chiamerà Carlos Moyà. “Con lui abbiamo cambiato un po' il modo di allenarsi. Quando arrivi da tanti anni con la stessa routine, non è facile cambiare perché certe cose si danno per scontate. Francisco Roig sta a Barcellona e con lui passo più tempo durante i tornei, ma negli allenamenti quotidiani a Maiorca è cambiato qualcosa. Moyà aveva idee un po' diverse, più specifiche. Quando arriva una persona nuova è più facile ascoltare i suoi suggerimenti, perché è qualcosa di diverso. Anche per Toni, con il supporto di Carlos, è stato più facile. Si è formato un ottimo team e sono più che soddisfatto del risultato”.
PROSPETTIVE OLIMPICHE
Nel 2018 le cose cambieranno ancora: il team potrebbe accogliere una persona nuova. Moyà ha una famiglia e non potrà seguirlo ogni settimana, così come Francisco Roig ha il suo lavoro e non è sempre disponibile. “Ma sono sicuro che se avessi bisogno di Toni, lui sarebbe disposto ad accompagnarmi a qualche torneo. Tuttavia, presso l'accademia c'è moltissima gente preparata in grado di darmi una mano. Dovrò organizzare il tutto, ma ci penserò a fine stagione”. L'accademia di Manacor, inaugurata circa un anno fa alla presenza dell'amico-rivale Roger Federer, rappresenta il futuro di Nadal. In questo momento, Rafa si vede più legato a questo progetto che al ruolo di coach itinerante. “Non so se sarei un buon allenatore – dice Rafa – in questo momento non ci penso, ma non dico di no a priori perché molti giocatori non avrebbero mai pensato di farlo,invece adesso sono ottimi coach. Mi vedo più in accademia, dando una mano ai giovani. Vedremo tra 5-10 anni”. A proposito di futuro, Nadal si è espresso per la prima volta su un principio molto delicato: il ritiro. L'assist è stata una domanda sulle Olimpiadi. Poiché i Giochi del 2024 si terranno a Parigi, nel magico (per lui) impianto del Roland Garros, gli hanno chiesto se potrebbe essere un obiettivo. “Se parliamo di Tokyo 2020 ok, ma nel 2024… si giocherà sulla terra, ma dovrei andarci da allenatore! (ride) Mancano sette anni e ne avrò 38. Non credo che giocherò ancora a 38 anni, a maggior ragione essendo competitivo. Oggi la penso così, poi non posso sapere cosa succederà in futuro. Il 2024 mi sembra molto lontano, ma mi piacerebbe arrivare al 2020. Questo può essere un grande obiettivo”.
LA MICCIA CATALANA
Questo Rafa trasmette serenità. Per ovvi motivi, la sua carriera sta entrando nell'ultima parte, in cui nessuno gli chiederà di vincere a tutti i costi. Ovviamente gli hanno chiesto se punta a raggiungere il record di Slam di Roger Federer. “In questo momento non è né un traguardo e nemmeno un obiettivo. Spero che in futuro lo possa diventare, ma ora sono felice della mia carriera, di quello che faccio e non mi preoccupo del resto”. Rafa sta vivendo le tensioni catalane da Pechino, dove martedì esordirà contro Lucas Pouille, ottima chance per vendicare la sconfitta dell'anno scorso allo Us Open. Ecco le sue ultime parole sulla faccenda: “Negli ultimi tempi ci sono state delle persone che hanno portato questa situazione a un punto di non ritorno. Il conflitto c'era, ma la situazione si viveva con tranquillità. Poi sono arrivati dei soggetti che hanno acceso la miccia. Si è complicato tutto. Non è facile parlare di questo argomento perché tutto quello che dico viene preso con le pinze. Alcune fazioni politiche potrebbero prendere male le mie parole o i miei silenzi, e lo stesso con altre persone. Ovviamente ho un'idea precisa e ho detto quello che credo di poter dire. Sfortunatamente, in questo momento non posso esprimere la mia opinione reale sulla faccenda”. Quindici anni di bombardamenti mediatici hanno formato un uomo molto, molto attento e diplomatico. Anche questo è segno di intelligenza.