Dopo 20 anni al Roland Garros si è chiuso un cerchio. Rafael Nadal, l’agonista per eccellenza, è stato sconfitto per l’ultima volta sul suo campo ma ne uscito da vincente (foto Ray Giubilo)

Talora lento altre volte rapido, il tempo passa e non fa sconti a nessuno, neanche a sportivi che tutti vorremmo infiniti.
Gli stessi che, volgendo l’occhio al passato, si avvedono, un bel giorno, che i migliori anni sono ormai alle spalle. Solo con il tempo realizzano di aver reso leggendarie epoche sportive che altrimenti non avrebbero lasciato orme.
È in quest’ottica che nel pomeriggio di ieri un altro tratto di storia ha consumato il suo epilogo.
L’ha fatto lí dov’era iniziata vent’anni prima, una tarda primavera del 2005 in cui tutto era accaduto per mano di un giovane iberico giunto al successo alla verde età di diciannove anni. Da lì in avanti è stata l’apoteosi, e quando Rafael Nadal ieri ha spedito l’ultimo dritto oltre una maledetta riga del grande ‘Philippe Chatrier’, Sacha Zverev si è guardato bene dall’esultare in modo troppo vistoso, giacché il rispetto per i più grandi può esprimersi anche con un discreto silenzio.
Con l’atto finale della stretta di mano la narrazione sportiva sul mancino di Spagna è diventata immediatamente anche la narrazione dell’uomo divenuto campione. Quella di un giovane guerriero, tenace al punto da risalire la buca di venti infortuni in altrettanti anni di carriera. Un indomito fuoriclasse, che la letteratura di Calderon della Barca avrebbe rapito volentieri per farne un personaggio tutto cappa e spada.
È bello invece sapere che il maiorchino sia un eroe dei giorni nostri, un atleta che per quattro lustri ha incarnato più d’ogni altro il puro concetto di  ‘competizione’. A proposito del tempo che non ritorna: Eraclito dice che “Tutto scorre e nulla permane”. E aggiunge che “non si può entrare due volte nello stesso fiume”.
Allora, evocando il grande pensatore greco, possiamo dire che in venti anni, sotto i ponti di Parigi è fluita tanta Senna, a prima vista uguale a se stessa, in realtà ogni volta diversa. Così come diversi sono stati i quattordici trionfi di Rafa Nadal sulle sabbie rosse del Roland Garros. Titoli tanto numerosi quanto speciali, perché replicati nel tempo con la continuità di un fenomeno irripetibile.