Larry Stefanki, uno dei migliori coach degli ultimi 20 anni, è tornato su piazza. “Non è ancora il tempo di andare in pensione”. Il sogno di vederlo con Bolelli.
Larry Stefanki in compagnia di Andy Roddick
Di Riccardo Bisti – 11 ottobre 2012
Larry Stefanki è uno degli allenatori più famosi, rispettati e di successo. Ha guidato due cavalli pazzi come John McEnroe e Marcelo Rios, poi ha seguito altri grandissimi giocatori: Kafelnikov, Henman, Gonzalez e – per ultimo – Andy Roddick. Gente che con lui ha raggiunto il picco. Ma il ritiro di Roddick, giunto lo scorso settembre, lo ha lasciato improvvisamente senza lavoro. Messe a posto le valige, Larry è tornato in California per godersi un po’ di riposo. Lo hanno cercato quelli di ESPN per fare il punto della situazione su una carriera piena di successi (da coach, mentre da giocatore è stato al massimo numero 35 ATP, vincendo un solo torneo). A 55 anni è normale domandarsi cosa fare, anche se nel circuito ci sono dei “guru” ancora più anziani di lui. Corrado Barazzutti, per intenderci, compirà 60 anni il prossimo febbraio. “Non mi sento ancora totalmente ritirato – attacca – ho ancora il fuoco nella mia anima. Quella cosa che permette di allenare ad alto livello”. Era normale che glielo chiedessero. Se Roddick è giunto al capolinea, cosa poteva fare il suo coach? I due lavoravano insieme dal 2008, quando Stefanki accettò la nuova avventura mettendo fine al prolifico rapporto con Fernando Gonzalez. Fu una scelta difficile: in fondo aveva portato Gonzalez tra i primi 10 e gli aveva fatto giocare la finale in Australia…ma il richiamo di Roddick era troppo grande. A-Rod aveva meno di 26 anni, sentiva di poter fare ancora grandi cose. E Stefanki ammise: “Potrebbe essere l’ultimo giocatore di livello che alleno”.
Gli anni passano. Viaggiare è faticoso per i tennisti, figurarsi per un coach di 55 anni. Per questo è ben contento di stare un po’ a casa. Tuttavia, se arrivasse l’occasione, la prenderebbe al volo, proprio in virtù del “fuoco” che gli brucia ancora dentro. Naturalmente, dopo il ritiro di Roddick, il telefonino ha iniziato a squillare. Ma non erano proposte interessanti. Erano perloppiù genitori di giovani tennisti che vogliono fare il salto di qualità. Evidentemente non lo stimolano abbastanza. In questo è diverso, per dire, da un Leonardo Caperchi, che a Genova ha messo su una scuola di allenamento che parte dalla base con la speranza (obiettivo?) di portare un ragazzo al professionismo. E stiamo parlando di uno che ha allenato Andrea Gaudenzi e ha forgiato Fabio Fognini e Gianluca Naso. “Non è mai finita – dice Stefanki – il tennis è nel mio sangue. Roddick mi ha detto che sono un ergastolano, ma io gli ho detto che non è così. Semplicemente mi piacciono le sfide. Mi piace quando qualcuno decide di sfidare se stesso. La classifica non mi importa granchè: può essere 20, 25 o 30, non è un problema di numeri”. E’ andata così con Fernando Gonzalez. Il cileno lo chiamò e gli disse che aveva affrontato tutti i suoi giocatori, chiedendogli un parere sulla proposta. Larry rispose. “Non importa cosa penso io. Tu cosa pensi?”. Secondo Stefanki, le risposte arrivano da dentro. In uno sport individuale bisogna avere il coraggio di guardarsi allo specchio e capire se si vuol un aiuto reale (in questo caso un coach) oppure intascare qualche milione di dollari in prize money.
Il cileno aveva obiettivi importanti. Con Stefanki ha raggiunto il top, diventando più solido e migliorando il rovescio in topspin, mentre prima ricorreva a un poco incisivo slice, perfetto contraltare a un dritto-dinamite. “Stefanki? E’ stato il miglior allenatore che io abbia mai avuto. Mi ha insegnato molte cose. Insieme a lui ho imparato a vincere senza giocare il mio miglior tennis. Larry è un grande allenatore, eccezionale soprattutto quando cerchi di raggiungere il top”. Adesso si gode il tempo libero, impartisce lezioni a un ragazzino di 15 anni. Come tanti top-coach, ha pensato di aprire un’Accademia. “Certo, ma per farlo hai bisogno di altri due o tre allenatori. E’ gratificante, ma in questo momento non sono pronto a fare questo passo”. Ravi Uhba, autore dell’intervista, dice che potremmo rivederlo a breve nel tour. Ma con chi? Visto il suo vecchio rapporto con Henman, ha un rapporto privilegiato con la Gran Bretagna…sei anni fa era stato vicino ad allenare Andy Murray. Non se ne fece niente, ma i due sono rimasti in buoni rapporti. “E’ stato bello vederlo vincere allo Us Open. E’ un buon amico, mi piace molto come persona. Ha un umorismo asciutto…è il comico più sottile che ci possa essere. Non ride di quello che dice, ma io rido perché prende in giro la gente per vederne la reazione. E io sono un suo grande fan”.
A parte la boutade-Murray, felicissimo con Ivan Lendl, chi potrebbe allenare Larry Stefanki? C’è un giocatore che potrebbe fare il salto di qualità sotto la sua guida? Certo, più di uno. I primi che vengono in mente sono John Isner e Sam Querrey. Sono il presente del tennis americano, eppure sono seguiti da coach bravi ma non di primissimo piano come Craig Boynton e David Nainkin. I metodi di Stefanki, uniti alle ambizioni, porebbero fare miracoli. Anche uno come Fernando Verdasco avrebbe bisogno di un coach così. E cosa dire di Tsonga, da tempo senza allenatore? Tra i giovani, con Dimitrov felicemente accasato con Mouratoglu, Tomic avrebbe bisogno di un sergente di ferro viste le sue bizze dentro e fuori dal campo. Stefanki sarebbe perfetto. Ma noi avremmo un sogno, purtroppo irrealizzabile. Vedere Stefanki con un italiano. Con Seppi “sistemato” a vita con Massimo Sartori e Fognini lanciato in un progetto interessante con Josè Perlas (coach simile a Stefanki), il sogno sarebbe vederlo al fianco di Simone Bolelli. Quando Stefanki e Gonzalez hanno iniziato a lavorare insieme, il cileno aveva 26 anni. L’azzurro ne ha compiuti 27 lunedì scorso (auguri!). La classifica è diversa, certo…ma il talento c’è. Ce lo vedete un Bolelli tirato a lucido con le mazzate di Stefanki, uno che chiede tantissimo alla preparazione atletica? Un Bolelli reattivo in risposta, micidiale con dritto e servizio, schiumante rabbia. Un Bolelli desideroso di migliorare, di andare oltre il compitino. Adesso ci prova con Umberto Rianna, coach di livello (ha portato Starace tra i primi 30) e formatosi negli States. Gli auguriamo fortuna, ma vedere il bolognese allenarsi negli States sarebbe un sfizio troppo gustoso. Magari toccherebbe il limite, chissà. Ma come i sogni, soprattutto i più belli, è destinato a restare tale. E Stefanki allenerà qualcun altro.
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