SPECIALE – Ripercorriamo 10 episodi quasi dimenticati. Dal giudice di linea che scappa via al campo misurato male, ecco alcune delle stranezze del tennis.
Andre Agassi si appresta a rispondere al servizio di Mats Wilander…con un ombrello in mano
Di Riccardo Bisti – 10 dicembre 2013
Tutti conoscono gli albi d’oro. Per ottenere qualsiasi informazione, basta fare un giro su internet o consultare un manuale. Eppure la storia del tennis è piena di episodi che non lasciano traccia nei libri, me restano vive nella memoria degli appassionati dopo che qualche giornalista li ha raccontati, magari dimenticandosene il giorno dopo. Sono le stranezze, le curiosità che hanno colorato la storia del nostro sport, così bello e complicato da viverne a centinaia. In questa pausa invernale, è bello guardarsi indietro in modo non convenzionale e ricordare dieci tra gli episodi più strani-curiosi-simpatici. Non abbiamo la presunzione di sostenere che siano i migliori, tuttavia li abbiamo scelti cercando il giusto compromesso tra rilevanza dell’episodio e la sua notorietà, cercando quelli meno famosi e/o ricordati. Perchè le bizze di McEnroe o la storia della Racchetta-Spaghetti le conoscono tutti.
1903 – LA FUGA DEL GIUDICE DI LINEA
La prima sconfitta americana in Coppa Davis maturò in modo decisamente curioso. Gli statunitensi ospitavano le Isole Britanniche dei fratelli Reggie e Laurie Doherty. Nell’ultima giornata, sul punteggio di 2-1, i match si giocarono in contemporanea, su due campi adiacenti, impensabile al giorno d’oggi. Laurie Doherty, opposto a William Larned, si trovò 15-40 sul 4-4 al quinto set. Scese a rete e fu trafitto dal passante dell’americano. 5-4 e servizio Larned. Ma Laurie, pensando che il suo servizio fosse fuori, si voltò verso il giudice di linea…che non c’era! Il giudice arbitro, che decise di far rigiocare il punto. Doherty si aggiudicò tre punti di fila salvo poi vincere 7-5. I britannici scipparono per la prima volta la Coppa Davis dalle mani americane. E il giudice di linea? Tempo dopo, si seppe che aveva avvertito di poter restare solo fino a una certa ora a causa di un impegno improrogabile. Giunto il momento, se ne andò senza avvisare nè dare la possibilità di essere sostituito. Nessuno seppe mai quale fosse l’impegno “improrogabile”, decisivo per la conquista della Coppa Davis.
1910 – UNA VITTORIA AL GUSTO DI PASTICCINI
Non gli era andata giù, a May Sutton, la sconfitta in finale al torneo di Ojai Valley. La grande rivale Hazel Hotchkiss l’aveva schiantata alla distanza, rifilandole un secco 6-2 al terzo. Era talmente furiosa che non le strinse la mano. E meditò vendetta per mesi. Le due si ritrovarono alla finale di Monterey, e l’esito sembrava lo stesso: primo set alla Sutton, secondo alla Hotchkiss. Quando quest’ultima stava per servire, si accorse che l’avversaria non era pronta a rispondere. L’arbitro le spiegò che la Sutton fu colta da un improvviso desiderio di tè con pasticcini, e non avrebbe ripreso a giocare finchè non l’avrebbero accontentata. L’hotel che ospitava il match organizzò la “merenda” in fretta e furia, ma ci vollero 20 minuti. In quel lasso di tempo, la Hotchkiss passeggiò nervosamente sulla riga di fondo. Alla ripresa, ovviamente, era totalmente fuori fase e perse 6-4. Si dice che la vendetta va servita fredda. In questo caso, fu immersa in un piatto di pasticcini.
1931 – IL BACIO GALEOTTO DI FRED PERRY
L’impianto del Roland Garros era stato inaugurato da pochi anni, ed era il proscenio preferito dei Quattro Moschettieri del tennis francese. Per il loro torneo, certo, ma anche in Coppa Davis. Quell’anno, tuttavia, arrivò la Gran Bretagna di Fred Perry. Opposto all’istrionico Jean Borotra, pensò che per vincere ci voleva un diversivo. Allora ebbe una trovata pazzesca: andò presso una casa d’alta moda e assoldò una splendida indossatrice per farsi accompagnare in Bois de Boulogne. La fece accomodare in prima fila, e nel primo game mise in atto il suo piano. Su un facile lob, Borotra tirò uno smash vincente. Ma Perry, anzichè correre verso la palla, si diresse a tutta velocità verso la ragazza. Lei non perse tempo e ci fu un bacio appassionato davanti al pubblico, che applaudì con vigore. Perry si era accattivato le simpatie dei locali e finì col vincere contro un furioso Borotra, battuto sia dentro che fuori dal campo. Chissà quale delle due sconfitte gli ha fatto più male.
1988 – L’OMBRELLO DI AGASSI
Fu il battesimo del personaggio Agassi. Quello folle, irriverente dei primi anni di carriera. Due anni dopo avrebbe perso la finale del Roland Garros contro Andres Gomez muovendosi come se fosse in una cristalleria, perchè aveva paura che la parrucca gli volasse via. Nel 1988, quando non aveva ancora questi problemi, giunse in semifinale contro Mats Wilander e conquistò i parigini con un gesto semplice ma efficace: quando iniziò a scendere qualche goccia di pioggia, sottrasse un ombrello a una spettatrice e si apprestò a rispondere a un servizio con la racchetta in una mano e l’ombrello nell’altra. Anni prima, Ilie Nastase aveva fatto qualcosa del genere a Wimbledon. Forse era una tattica per distrarre lo svedese, ma non sarebbe servita a molto: quell’anno, Mars avrebbe vinto tre Slam su quattro. Ma Andreino riuscì ad accattivarsi le simpatie del pubblico. Un affetto che gli sarebbe tornato utile 11 anni dopo, quando avrebbe completato il suo Career Grand Slam.
1991 – PAPA’, RISPONDI AL TELEFONO!
Era forse destino che l’ultimo titolo di John McEnroe arrivasse contro il fratello Patrick. Correva l’anno 1991 ed era il torneo ATP di Chicago. Il mondo stava entrando nell’era della tecnologia sfrenata, ma erano ancora in pochi a potersi permettere un telefono cellulare. Poco prima che Mac tirasse un servizio, risuonò l’inconfondibile trillo. Anzichè andare in escandescenze, John si rivolse verso il padre in tribuna: “Papà, rispondi, deve essere la mamma!”. Patrick rispose: “Salutacela!”. John, in vena di scherzi, proseguì: “Dille di preparare cena, che qui abbiamo quasi finito”. Patrick non la prese benissimo, provò a ribaltare il pronostico, ma il fratello maggiore era troppo forte. E vinse il suo 77esimo torneo. Patrick si sarebbe consolato anni dopo, quando avrebbe vinto la Coppa Davis da capitano, ruolo in cui il fratello maggiore aveva fallito.
1993 – IL LIBRO DI JIM COURIER
Armistead Maupin avrà eterna riconoscenza per Jim Courier. Grazie a Big Jim, ha avuto notorietà globale. Durante le ATP Finals 1993, alla Festhalle di Francoforte, l’americano stava attraversando un periodo di crisi interiore. Aveva capito che la sua leadership era terminata. Opposto ad Andrei Medvedev, prese a leggere un libro di Maupin a ogni cambio di campo. Scena unica nella storia del tennis. L’opera si intitolava “Maybe the Moon” e raccontava le storie di un nano obeso che raggiunge il successo come attore, ma vive male la situazione fino a voler scappare da un mondo patinato che lo ha ingabbiato in uno stereotipo. Tra un capitolo e l’altro, giocò una partita combattuta e sciupò quattro matchpoint prima di perdere 7-6 al terzo. La sconfitta sancì la sua eliminazione, poichè aveva già perso il match inaugurale. Forse, nel leggere le disavventure di Cady Roth (il protagonista del libro) si era reso conto che quel mondo gli stava stretto. Di sicuro non avrebbe più dominato il tennis.
1994 – GAUDENZI IL GUASCONE
Andrea Gaudenzi non è mai andato oltre gli ottavi in uno Slam. Il miglior risultato è giunto a inizio carriera, quando non aveva ancora compiuto 21 anni. Giunse al quarto turno del Roland Garros e giocò una bella partita, sul centrale, contro Goran Ivanisevic. Perse in quattro set, ma conquistò i parigini con una gag. Il giudice di sedia, il tedesco Zoltan Bognar, si assentò per una pausa fisiologica. Capita molto raramente che un arbitro abbandoni la postazione per questo motivo. Anche se non è vietato dei regolamenti, gli ufficiali di gara provano a ‘educare’ anche in questo senso. Non fu quello il caso, e Gaudenzi colse la palla al balzo: salì sul seggiolone dell’arbitro è si autoproclamò vincitore: “Jeu, Set, Match Gaudenzi”. Risate generali, anche dello stesso Ivanisevic, poi diventato ottimo amico dell’azzurro, tanto da giocare spesso il doppio insieme. La gag servì a stemperare la tensione, ma non a distrarre un Ivanisevic stranamente attento. Ma nessuno dimenticherà quel gesto.
1995 – JEFF TARANGO E L’ARBITRO “CORROTTO”
C’era un palio un ottavo di finale a Wimbledon. Risultato storico per due comprimari come Jeff Tarango e Alexander Mronz. Sul punteggio di 7-6 2-1 per l’avversario, Tarango si ritenne danneggiato da alcune chiamate del giudice di sedia Bruno Rebeuh. Infuriato per un’ammonizione a seguito di un semplice “shut up!” rivolto al pubblico, abbandonò il campo. Ma diede il meglio di sè in conferenza stampa, dicendo senza mezzi termini che Rebauh era un “corrotto”, buono solo ad aiutare i giocatori di lingua francese, su tutti Marc Rosset (poi, in seguitò, scagionò lo svizzero). Durante la conferenza stampa, si diffuse la voce che Rebeuh era stato aggredito all’uscita dal campo: Tarango sgranò gli occhi, dicendo di non saperne nulla. In quel momento, il colpo di scena: comparve Benedicte, la moglie (francese!) di Tarango, che disse di aver rifilato un ceffone a Rebeuh. “Se lo avesse fatto mio marito, lo avrebbero squalificato a vita. Allora ho pensato di pensarci io, perchè quel Rebeuh meritava una bella lezione”. Jeff se la cavò con due settimane di squalifica e una multa, ma non avrebbe mai raggiunto la seconda settimana di uno Slam.
2000 – GORAN RESTA SENZA RACCHETTE
Ormai era un tennista alla deriva. Con tre finali di Wimbledon sul groppone, Goran Ivanisevic era in fase calante e non vinceva più. A Brighton si presentò con soltanto tre Head Prestige nella borsa. Al secondo turno pescò il coreano Hyung Taik Lee, che lo mise in difficoltà fino a farlo innervosire. E così, dopo un break subito, spaccò la prima racchetta. Perse il primo set, vinse il secondo e sembrava poterla rimettere in sesto. Invece spaccò in rapida successione gli altri due telai (dopo una palla break mancata a un doppio fallo), restando senza attrezzo. “Non ho più racchette” disse, con un certo imbarazzo, al giudice arbitro. Gli chiesero se fosse possibile recuperarne una breve, ma non ci fu nulla da fare. E allora, piuttosto che usare le racchette di Ljubicic, con cui si trovava piuttosto male, decise di lasciar perdere e abbandonare. A memoria d’uomo, l’unico ritiro nella storia per…”mancanza di attrezzatura”. Ma meno di un anno dopo avrebbe vinto Wimbledon…
2002 – IL CAMPO DALLE DIMENSIONI SBALLATE
Nessuno aveva capito come mai Anne Kremer e Jennifer Hopkins commisero così tanti doppi falli nel loro primo turno ad Amelia Island 2002. Sulla terra verde americana, tra un ‘out’ e l’altro, la lussemburghese si impose in tre set e avrebbe raggiunto la semifinale. Tuttavia, per scrupolo, gli organizzatori diedero un’occhiata alle dimensioni del campo e scoprirono d aver commesso un clamoroso errore: “Lo spazio tra la rete e la riga di servizio dovrebbe essere di 21 piedi, mentre quella dall riga del servizio e quella di fondo di 18. Ebbene: sono state invertite”. Traduzione: l’area dove avrebbe dovuto atterrare il servizio era più corta di quasi un metro. Ciò che lascia perplessi è che nessuno se ne accorse, ne le giocatrici nè gli arbitri. A modo suo, fu una risposta a chi propone di accorciare lo spazio dell’area di servizio per rendere meno incisivo il colpo: i giocatori perderebbero le misure e commetterebbero un mare di doppi falli. Soltanto Anne Kremer sarebbe stata contenta di andare avanti così….
Maestrale o ponentino
Dai successi di Berrettini a quelli dell’uragano Sinner, in attesa dell’anno che verrà: che aria tira nel tennis italiano?...