Esce un documentario sulla cavalcata di Jimmy Connors allo Us Open 1991, quando giunse in semifinale a 39 anni. La rivelazione? Non ha mai più rivolto la parola ad Aaron Krickstein.
La mitica sceneggiata durante il match contro Aaron Krickstein

Di Riccardo Bisti – 29 ottobre 2013
 
"Sono qui a giocarmi il mio culo, a 39 anni, e tu stai facendo questo?"

 
Quando gli arbitri gli davano contro, o almeno lui pensava che lo facessero, Jimmy Connors si infuriava. A maggior ragione durante lo Us Open 1991, quando a 39 anni di età (e da numero 174 ATP), raggiunse una clamorosa semifinale. Quella clamorosa cavalcata, oggi, è oggetto di un documentario realizzato da ESPN e curato da due registi: Brian Koppelman e David Levien. “Jimmy non aveva alcuna intenzione di ascoltare i giudici di sedia – racconta Koppelman alla vigilia della ‘prima’, prevista nella notte italiana tra martedì e mercoledì – era capace di mettere in discussione l’intera personalità di chi si trovava ad arbitrarlo”. Il docu-film si intitola “This is What They Want” (questo è ciò che vogliono). Secondo gli autori, Connors interpretava il tennis come un incontro di wrestling dentro una gabbia. Incontri di questo tipo sono una lotta per la sopravvivenza e non prevedono la presenza di un arbitro. “Questo è il motivo per cui tutto il mondo è rimasto affascinato da lui. C’è stato un periodo, negli anni 70, in cui Jimmy non era soltanto la più grande star del tennis. Era la più grande star nel mondo dello sport". This is What They Want ripercorre la sua ultima cavalcata, partendo dal primo turno contro Patrick McEnroe fino all’epico ottavo di finale contro Aaron Krickstein, giocato nel giorno del suo 39esimo compleanno. E’ diventato talmente un classico che le TV lo rimandano in onda durante le pausa per pioggia. Ancora oggi è così.
 
La realizzazione del documentario è stata possibile grazie all’amicizia con il produttore esecutivo Bill Simmons, detto “The Sports Guy”, l’uomo che si occupa di questi documentari per conto di ESPN. “Ci ha scritto chiedendoci se eravamo interessati a dirigerne uno, e abbiamo subito pensato allo Us Open 1991 di Connors. Non ci avevamo mai pensato, ma quando è capitata l’opportunità è bastato uno sguardo per capirci”. Lo stesso Simmons non si capacitava di come fosse stato possibile non averci pensato prima. Non potevano esserci due registi migliori, visto che Koppelman e Levien sono cresciuti a 20 minuti da Flushing Meadows. La parte più difficile del progetto era ottenere un’intervista con Jimmy Connors, ma ci sono riusciti grazie ai buoni agganci di Chris Fowler, “L’uomo che sapeva sempre come trovare la disponibilità di Jimmy”. “Ovviamente la sua disponibilità era fondamentale – continua Koppelman – senza di lui, il film sarebbe stato soggetto a critiche. Quando lo abbiamo agganciato, abbiamo capito che il progetto era fattibile. Senza di lui, sarebbe stata dura andare avanti”. L’ex numero 1 è stato aperto e onesto nel film, in cui è descritto come un animale da competizione, che non si fermava davanti a nulla per vincere una partita di tennis. La grande rivelazione, forse, riguarda i suoi rapporti con Aaron Krickstein. Prima del match erano amici, dopo non si sono più parlati. Persino i più noti giornalisti americani sono rimasti sorpresi da questa notizia. Ed è per questo che Connors non ha partecipato alla presentazione del film, mentre invece sarà presente alla prima messa in onda.
 
“Nel suo libro, Connors prova a scrivere che Krickstein non lo ha mai cercato – dice Koppelman – era chiaro che Aaron lo idolatrasse. Era cresciuto pensando che fosse un amico e un mentore, ma non puoi criticarlo per il fatto che volesse distruggere l’avversario sul campo da tennis. Questo è il motivo per cui è un grande personaggio”. Gli autori si domandano cosa lo spingesse a lottare in quel modo a 39 anni. “Io non mi sono preoccupato di quello che pensava la gente – ha detto Connors – quindi non capisco perché la gente si preoccupasse di quello che facevo io”. Connors è stato paragonato a Pete Rose (grande campione di baseball) per la capacità di esaltare la gente, con l’altro regista Levien che dice: “Chi avrebbe potuto batterlo in una trasmissione come ‘Survivor’?”. Probabilmente nessuno, ma in quel torneo non era imbattibile. In semifinale, Jim Courier lo superò senza problemi. Ma la storia del torneo non è cambiata. Pochi ricordano chi vinse lo Us Open 1991 (per la cronaca, Stefan Edberg), figurarsi se ricordano chi ha battuto Connors. Secondo Koppelman, i campioni el passato avevano un lato umano che esaltava il pubblico. “Sapevano trasmettere un’angoscia adolescenziale anche se erano adulti”. L’esatto opposto dei campioni di oggi, che per vincere devono sapersi comportare da adulti anche da ragazzi. La chiave del cambiamento del tennis, forse, passa da qui oltre che da attrezzi e nuove tecnologie. Chissà.