La filastrocca inizia a scricchiolare. Prima di ogni benedetto Slam femminile, da almeno 10 anni, il mantra è sempre lo stesso. “Se vuole, Serena Williams è la più forte. E se vorrà, vincerà”. Oggi la metafora è diversa. Prima di scendere in campo, la numero 1 si presenta con enormi cuffie e ascolta musica, presumibilmente a tutto volume. Vien da pensare che lo faccia per non sentire il rumore dei passi delle dirette inseguitrici. Sono sempre di più, sono sempre più vicine. Il 2016 racconta storie e vicende particolari: lei, che nelle finali importanti non sbagliava un colpo, ne ha perse due su due (dopo averne vinte 21 delle prime 25). E non vince un Major da un anno, quando ha superato Garbine Muguruza a Wimbledon 2015. Il Grand Slam sfumato in un drammatico 11 settembre (solo sportivamente, vivaddio) ha aperto una crepa che non si è rimarginata. Non a caso, ha perso la finale del Roland Garros contro la Muguruza. La cattiva notizia è che non l’ha persa per demeriti propri, ma perché la spagnola ha giocato meglio. Come se il 100% non sia più sufficiente, almeno non sempre. Secondo Chris Evert, vincitrice di 18 Slam agganciati da Serena nel 2014 e superati l’anno scorso, esistono un paio di ostacoli verso l’aggancio ai 22 Slam di Steffi Graf. A suo dire, Serena non mostra più da qualche mese l’incredibile spirito combattivo che ne ha contraddistinto la carriera. Quando aveva davvero voglia di vincere, si è tirata fuori dalle situazioni più compromesse. Ancora più importante, secondo “Chrissie”, la ritrovata autostima e fiducia delle avversarie. Adesso scendono in campo convinte di potercela fare. Persino una Yulia Putintseva qualsiasi, a Parigi, ha giocato a testa alta e le ha creato più di un problema. La Evert ha espresso la sua opinione durante una conferenza organizzata da ESPN per promuovere la copertura di Wimbledon. “Negli ultimi tre Slam mi pare che non sia stata in grado di cambiare marcia quando si è trovata in difficoltà. Una caratteristica che l’ha contraddistinta per tutta la carriera”.
IL 60-70% NON BASTA PIU’
Serena è ancora al vertice, ma il primato non è solido come sembra. In questo momento ha 1.564 punti di vantaggio sulla Muguruza. Uno scivolone a Wimbledon potrebbe persino favorire un sorpasso, anche se la spagnola dovrà a sua volta difendere i 1.400 punti della finale 2015. E’ proprio Garbine l’avversaria più minacciosa, specie se non si farà distrarre da sirene extra-campo, come peraltro le era accaduto l’anno scorso dopo la finale a Wimbledon. Era andata talmente fuori strada da convincere coach Alejo Mancisidor a lasciar perdere. Ma adesso c’è un sergente di ferro come Sam Sumyk e il rischio dovrebbe essere scongiurato. “Un sorpasso ai danni di Serena? Credo sia solo una questione di tempo – ha detto la Muguruza a Roma – ci sono tante giocatrici che stanno lottando e credo che prima o poi anche Serena andrà un po’ giù”. Tanti piccoli elementi, tanti piccoli fattori, fanno pensare che le avversarie non partano più battute in partenza. Sentono che il risultato dipende anche da loro, non solo dalle lune di Serena. “Ne ha parlato la Kerber, ne ha parlato la Muguruza. La vedono sempre meno intoccabile”. Sempre secondo la Evert, i nervi sono stati la chiave delle ultime due finali. “Negli ultimi anni, una Williams al 60-70% era sufficiente per vincere le partite. Adesso non è più così. La competizione è migliorata, le avversarie sono sempre meno intimidite. Quando scendono in campo hanno una strategia ben precisa. Hanno capito che è un essere umano”. Al netto di queste considerazioni, la Evert resta convinta che la connazionale possa ugualmente intascare il settimo titolo a Wimbledon. La preparazione è stata attenta e scrupolosa, focalizzata sulla parte atletica. Prima di volare a Londra, ha effettuato una settimana a Palm Beach con il preparatore Mackie Shilstone. “Hanno fatto davvero un ottimo lavoro – ha sottolineato la Evert – per una come lei è un ottimo segnale”.
“Questa Serena Williams si può battere”
E’ l’opinione di Chris Evert. L’americana, oggi analista per ESPN, vede due ragioni per cui la numero 1 deve preoccuparsi: l’incapacità di cambiare marcia e la rinnovata fiducia delle avversarie. “Adesso scendono in campo con un piano ben preciso: sono convinte di poterla battere”.