Qualche incertezza in avvio non scalfisce Serena Williams: mette il turbo e lascia tre game ad Anastasija Sevastova, rendendo innocue armi che fino al giorno prima sembravano letali. “Un anno fa lottavo per la mia vita, per questo anche solo scendere in campo è una vittoria”. Il record di Margaret Court è sempre più vicino.

I grandi campioni emergono nei momenti importanti. Serena Williams lo sa, e lo ha mostrato nella prima semifinale dello Us Open 2018, giocata sotto il tetto perché il meteo aveva invitato alla prudenza. Sotto 2-0 nel primo set contro Anastasija Sevastova, ha vinto 12 degli ultimi 13 game e si è imposta con un netto 6-3 6-0. “Tutto questo è incredibile – ha detto Serena – un anno fa stavo lottando per la mia vita su un letto d'ospedale, dopo aver avuto una bambina. Ogni volta che metto piede su un campo da tennis sono grata di poter giocare. Non importa quello che succede, sento già di aver vinto”. Meglio vincere, però: quella di sabato sera sarà la 31esima finale Slam della sua carriera. Dovesse farcela, diventerà la più titolata di sempre affiancando Margaret Court con 24 titoli. Brekkata in avvio, ha rapidamente trovato la precisione nei colpi e ha intascato cinque giochi di fila (da 0-2 a 5-2). La Sevastova ha tenuto il suo turno di servizio per il 5-3, ma è stata innocua nel game successivo. Prima lèttone a raggiungere la semifinale allo Us Open, non ha capitalizzato il vantaggio iniziale e non è mai stata incisiva in risposta, anche perché Serena serviva sempre esterno e la buttava fuori dal campo sin al primo colpo. A parte l'inizio, è parso chiaro che il suo rovescio in slice, così come le smorzate, non le avrebbero fruttato le decine di punti intascati nei turni precedenti. Il secondo set è stato una sentenza: 26 minuti di dominio Williams, confortati dalle statistiche: Serena ha tirato 31 colpi vincenti e non ha più concesso nulla al servizio. Oltre a dominare da fondocampo, è stata quasi perfetta a rete: si è presentata a giocare la volèe 28 volte e ha portato a casa 24 punti.

IMPRESSIONANTE LONGEVITÀ
L'americana è già certa di risalire al numero 16 WTA, ma la classifica è l'ovvia conseguenza delle vittorie. Intanto è la terza più anziana finalista Slam, a 36 anni e 349 giorni. In caso di vittoria, aggiornerà il record (che già le appartiene) di più anziana vincitrice. Quello che sta facendo è impressionante: quando ha giocato il suo primo match nel circuito, nel 1995, ben diciotto delle attuali top-100 WTA non erano ancora nate. La più giovane di loro, Dayana Yastremska, non era ancora nata quando Serena si è aggiudicata il suo primo Slam, lo Us Open 1999. Le percentuali di Serena, pur tenendo conto di alcuni momenti di buio, sono clamorose: su 63 Slam giocati, in 48 occasioni è arrivata nei quarti di finale. E soltanto due volte (Roland Garros 2012 e 2014) non ha raccolto il terzo turno. Il dibattito sulla più forte di sempre resterà acceso anche dopo il suo ritiro, ma non ci sono dubbi che i primati della Williams supereranno l'eredità del tempo. “Ma io sono un essere umano, anche se le aspettative sono enormi” ha detto Serena, che per adesso non ha mai parlato apertamente di ritiro, almeno per sua volontà, a differenza di un Roger Federer che sta lentamente sdoganando il pensiero nella sua testa. Ha rischiato di smettere in almeno due occasioni, per gravi motivi di salute, ma ogni volta è tornata più forte di prima. Dopo di lei arriveranno tante campionesse. È sempre stato così, ma difficilmente rivedremo una donna – ancor prima che una giocatrice – capace di rifiorire dalle proprie ceneri agonistiche. E dopo averla vista in semifinale, sembra improbabile che non sia lei a sollevare il trofeo dello Us Open.

US OPEN DONNE – Semifinale
Serena Williams (USA) b. Anastasija Sevastova (LET) 6-3 6-0