Si ritira David Nalbandian. La spalla non regge più. Tutti si domandano: ha vinto poco (in relazione al talento) o troppo (in relazione alla pigrizia?). Lui avrebbe voluto la Davis, ma gli è sempre sfuggita. 
Il doppio di Davis contro la Francia resterà l'ultima partita di David Nalbandian

Di Riccardo Bisti – 2 ottobre 2013

 
Purtroppo per David Nalbandian, non c’è stato il lieto fine. Ha fatto tutto il possibile per farsi scattare una foto accanto alla Coppa Davis, ma il destino e il suo caratteraccio gli si sono rivoltati contro. E così, verrà ricordato per tre finali perdute. La Davis è l’unica ragione che lo ha spinto a trascinarsi col fisico a pezzi fino ai 31 anni. Lo scorso 3 maggio, si è sottoposto a un’ultima, disperata operazione all’anca e alla spalla. E’ tornato ad allenarsi poco prima di Ferragosto, nella speranza di recuperare per Repubblica Ceca-Argentina, ma non ce l’ha fatta. La colpa è della spalla, che gli impedisce di servire in modo dignitoso. L’anca, già operata nel 2009, gli avrebbe anche dato un’ultima chance. E’ questa la ragione del ritiro del “Rey David”, ultimo esponente di una nidiata di giocatori passata alla storia come la “Legiòn Argentina”. Grazie a loro, il tennis albiceleste è passato dal nulla alla gloria. Coria, Chela, Puerta, Gaudio, Calleri, Acasuso….ma il più forte di tutti era David, anche se non ha mai vinto uno Slam. Altra ingiustizia (per i fan) o punizione divina (per i detrattori). Perchè David aveva tutto per portare a casa 2-3 Major. E’ uno dei pochi ad aver raggiunto le semifinali in tutti i quattro Slam, ma in realtà è giusto che sia finita così. Perchè non ha mai vissuto da professionista. Preferiva dilettarsi col rally, o magari andare a pescare in Patagonia. Senza dimenticare i piatti di asado con gli amici, nella piccola città di Unquillo (provincia di Cordoba) da cui non si è mai voluto separare. Paradossalmente, la volta in cui è andato più vicino a vincere uno Slam non è stata la finale di Wimbledon (Hewitt lo malmenò in tre set), quanto lo Us Open 2003. Battè Federer (è stato la sua bestia nera per anni, prima che lo svizzero gli prendesse le misure) e fu letteralmente rapinato contro Andy Roddick in semifinale. Giunse a matchpoint, poi una chiamata scandalosa favorì l'americano. Difficilmente avrebbe perso la finale contro Juan Carlos Ferrero. Al Roland Garros 2004 si imbattè nella favola di Gaston Gaudio, mentre in Australia si fece rimontare due set di vantaggio da Baghdatis, ma in finale avrebbe perso da Federer, ancora seccato per la sconfitta nella finale del Masters 2005.
 
La vittoria a Shanghai resterà la più importante, anche se il suo palmares comprende anche uno splendido filotto di Masters 1000, Madrid e Parigi Bercy, dominati nel 2007. Nel 2005 chiuse l’anno al numero 9, ma un forfait in extremis lo fece volare a Shanghai appena in tempo. Era in Patagonia a pescare…Prese il ritmo con l’andare dei giorni, e vinse una memorabile finale contro Federer. Lo svizzero aveva la caviglia in disordine, ma negli ultimi set correva come se niente fosse. All’attività nel circuito si è alternata quella fuori dal campo, dove gli hobby avevano la priorità sugli allenamenti. “Avrei dovuto lavorare di più? – diceva spesso – credo che quello che ho fatto sia il meglio per me. Chi mi garantisce che avrei chiuso 5-6 stagioni di fila tra i primi 10?”. Nessuno, ma forse avrebbe potuto fare meglio che una rapida apparizione al numero 3 ATP agli albori della rivalità Federer-Nadal. Perchè pochi, pochissimi giocatori sono stati in grado di batterli entrambi, al loro meglio. David si, nel magico autunno 2007. Non aveva un gran servizio, le tartarughe le vedeva negli stagni di Unquillo e non certo sugli addominali, però trovava angoli mostruosi con entrambi i colpi, in particolare con il rovescio bimane. E quando gli girava, aveva una lucidità tattica disarmante. Bello, bellissimo da vedere. Ma troppo fragile. L’unica competizione che lo esaltava davvero era la Coppa Davis. Il sogno è diventato ossessione, ma non ha mai trovato la combinazione giusta. Prima aveva compagni troppo legati alla terra battuta (dal 2002 a oggi, l’Argentina ha perso otto volte nei palazzetti europei), poi è mancata l’alchimia con Juan Martin Del Potro. Il legame si è rotto nel 2008, quando Delpo andò a giocare il Masters anzichè preparare la finale casalinga contro la Spagna. Nalbandian la prese malissimo e la tensione salì alle stelle. Si parlò di botte negli spogliatoi. Oggi emerge un dettaglio che allora rimase (quasi) nascosto: Nalbandian, già nervoso per la scelta di giocare a Mar del Plata anzichè a Cordoba, si arrabbiò perchè Del Potro si faceva assistere dal padre nelle trattative economiche con la federtennis argentina. “Che fai, ti fai aiutare dal paparino?” gli disse. Da allora, salvo qualche episodio di facciata, i due non si sono mai spiegati. E ci ha rimesso l’Argentina, che nel 2013 ha dovuto fare a meno del suo miglior giocatore, anche perchè Martin Jaite, l’attuale capitano, è molto gradito a Nalbandian. Non ha mai vinto l’Insalatiera da giocatore, allora gli hanno chiesto se potrà riuscirci da capitano. “Non so, adesso penso all’oggi e non al domani” ha tagliato corto. C’è anche una famiglia da mandare avanti, con la storica compagna Victoria Bosch e la piccola Sossie, nata qualche mese fa. L’addio vero e proprio si vivrà il 21 e il 23 novembre, con due esibizioni insieme a Rafael Nadal, una Cordoba e l’altra a Buenos Aires. Allora sarà il tempo delle lacrime anche per lui.
 
Potrà consolarsi pensando che il suo ultimo match è stato una vittoria. E che vittoria! Nel quarto di Davis contro la Francia, in coppia con Horacio Zeballos, ha battuto i forti Llodra-Benneteau al termine dell’ennesima prestazione tutto cuore, un po’ come quella del 2002, quando all’esordio assoluto battè Kafelnikov-Safin in 6 ore e 20 minuti insieme a Lucas Arnold. E’ stato il match più lungo della Davis fino a quest’anno, quando il doppio di Svizzera-Repubblica Ceca ha superato le sette ore. Allora si capì che Nalbandian sarebbe stato un grande uomo-Davis. Ha vinto dappertutto, su tutte le superfici, nelle finali è rimasto imbattuto in singolare…ma l’Argentina non ce l’ha mai fatta. Un dolore intimo, atroce, difficile da digerire anche per uno come lui, che riesce a farsi scivolare tutto addosso. Non ha un carattere facile: anni fa, definì Tim Henman “spazzatura” per futili motivi, ebbe un violento screzio con Lleyton Hewitt, e lo scorso anno fu squalificato durante la finale del Queen’s per aver ferito un giudice di linea prendendo a calci un box pubblicitario. Spesso ha dato l’impressione di essere sul campo un po’ per caso. E allora ci si domanda quale sia la vera dimensione di Nalbandian. Ha vinto troppo…o troppo poco? Ci piace pensare che abbia fatto miracoli in relazione alle ore trascorse sul campo e in palestra. Non sappiamo se avesse vinto di più allenandosi meglio: l’unica certezza è che si sarebbe infortunato meno, e allora…chissà. L’ATP non lo ha inserito tra i top-5 del decennio, ma gli ha conferito una menzione speciale. Mica male per uno che non è mai andato oltre il numero 3 ATP e, tutto sommato, ha giocato una sola finale Slam. Ma Nalbandian aveva un grande pregio: sapeva emozionare sul campo da tennis. Ogni suo colpo era lontano dalla banalità, dagli schemi precotti da scuola SAT. C’era una follia tutta personale che ha stregato migliaia di appassionati. Tanti hanno discusso i suoi atteggiamenti, ma la sua classe non è mai stata messa in dubbio. Era talmente limpida da aver ispirato un paio di canzoni: la più bella, intitolata “Rey David”, l’ha scritta Gustavo “Titi” Pauletti ed è diventata una sorta di inno ufficiale della sua carriera. Orecchiabile, simpatica, giocava sul suo orgoglio di essere argentino. E poi la sua vittoria al Masters ha ispirato un rifacimento di un pezzo dei Backstreet Boys. Lo prendevano in giro, ma lui è stato al gioco e ha addirittura cantato insieme al gruppo-trash che l’aveva composta. Anche per questo, Nalbandian ci mancherà molto. Ci eravamo abituati alla sua assenza, ma c’era sempre la speranza del lieto fine, della testardaggine finalmente premiata. Invece adesso abbiamo una certezza: David non tornerà. Ha troppe cose da fare, troppi interessi che il tennis gli ha privato in quasi 15 anni di carriera. Se solo avesse avuto una testa diversa….