LA STORIA – Thomas Emmrich aveva battuto Lendl e Borg, ma non ha giocato nel circuito perchè la DDR gli impedì di viaggiare. E il Muro di Berlino è caduto troppo tardi. 
Thomas Emmrich oggi, a colloquio con Michael Stich

Di Riccardo Bisti – 29 novembre 2013

 
Non ne parla volentieri. Neanche oggi, che ha compiuto 60 anni. A un certo punto sospira: “Sono nato troppo a est…”. Chissà se Thomas Emmrich ha mai sfogliato un manuale di tecnica. Scrivono sempre che il muro è il migliore amico del tennista. Sta zitto, non si stanca mai, rimanda sempre la palla…ed è onesto. Nel leggere una cosa del genere, si sarebbe infuriato. Non è diventato un giocatore per colpa di un muro, il più famoso e infame della storia. Nel 1961, con l’inizio della Guerra Fredda, Berlino fu divisa in due. Il muro avrebbe impedito ai tedeschi dell’est di fuggire verso il capitalismo. Emmrich aveva otto anni e aveva appena iniziato a giocare. Non lo sapeva ancora, ma la sua carriera era già rovinata. Eppure giocava benissimo. Da junior, è stato un mezzo fenomeno. Gli è capitato di battere Ivan Lendl, Bjorn Borg e Tomas Smid. Il suo serve and volley era plasmato sullo stile di Roy Emerson, suo idolo d’infanzia. Nei primi anni 70, Emmrich condivideva un sogno con la sua fidanzata. Desideravano entrambi di vincere un torneo del Grande Slam. Lei si chiamava Martina Navratilova e nel 1975 ebbe il coraggio di abbandonare la Cecoslovacchia e trasferirsi negli Stati Uniti, dove avrebbe conosciuto vittorie, gloria, soldi…e il suo vero orientamento sessuale. Emmrich no. Lui è rimasto nella DDR. Non poteva viaggiare. Gli altri paesi del blocco orientale consentivano ai propri tennisti di entrare nei circuiti ATP e WTA. Tutti tranne la Repubblica Democratica Tedesca. Motivo? La Germania Est puntava esclusivamente alle Olimpiadi, alle medaglie da mettere in mostra a Berlino. Investivano milioni di marchi, ricorrendo al doping sistematico. Ma il tennis non faceva parte del programma olimpico (ne era uscito nel 1924, salvo una parentesi come sport dimostrativo a Città del Messico 1968), e non interessava all’onnipotente Manfred Ewald, Ministro dello Sport. Eppure la DDR aveva, forse, un potenziale campione. Thomas non ebbe la forza di scappare e sfogò la sua frustrazione nei campionati nazionali. Vinse 47 titoli tra il 1970 e il 1988 (16 in singolare, 31 in doppio e doppio misto).
 
 
Thomas Emmrich in azione a Katowice nel 1971

Eppure, all’inizio, aveva protestato. Bussò persino alla porta di Erich Mielke, Ministro della Sicurezza dello Stato (la famosa STASI). Ma dovette ingoiare un rifiuto dopo l’altro. L’unico modo per realizzare il suo sogno era uscire illegalmente dal paese e infilarsi nella Repubblica Federale Tedesca, la parte libera della Germania. L’idea era interessante. “Ma è stato impossibile – ha raccontato di recente – io non mi sono mai iscritto al Partito, ma i miei genitori si. Se i fossi fuggito, avrebbero potuto avere dei problemi”. Per paura di rappresaglie contro la famiglia, rimase al di quà del muro. Ma la passione per il tennis è rimasta. Era troppo forte per i connazionali, vinceva tutto a mani basse. Il momento più esaltante fu quando fece da sparring partner in Coppa Davis per altre squadre del blocco comunista. Il compenso? Alcune racchette e un paio di scarpe. In teoria non avrebbe potuto introdurle in Germania, ma lo fece di contrabbando. Il tutto mentre gli altri paesi avevano la loro stella: la Polonia di Fibak, l’Ungheria di Taroczy, la Bulgaria delle sorelle Maleeva, la Cecoslovacchia di Lendl, Mecir e Mandlikova…lui si limitò a giocare per due volte il torneo di Sofia, cogliendo un quarto di finale e un secondo turno. La STASI non se ne accorse e non ci furono conseguenze, se non la traccia indelebile della sua presenza nel ranking ATP, la 482esima posizione alla vigilia del Natale 1980. L’anno dopo, Martina Navratilova prese la cittadinanza statunitense. Fece scalpore in tutto il mondo. Fu l’ultima volta in cui Thomas ebbe la tentazione di scappare. Ma poi pensò ai suoi genitori e lasciò perdere.
 
Tanta pazienza sembrava poter essere premiata a metà degli anni 80. Il CIO decise di reintrodurre il tennis nel 1988, ai  Giochi di Seul. Finalmente, sarebbe diventato importante anche per il governo. Emmrich aveva 30 anni, era ancora in buona efficienza…e invece no. Il tennis era diventato fonte di immensi guadagni. Una svolta intollerabile per il Partito Comunista di Berlino. E così decisero di non mandare i propri tennisti nel perverso occidente. L'ultima beffa. Nel 1988, Lendl toccò le 150 settimane in vetta al ranking ATP. Martina Navratilova giocò la nona finale a Wimbledon. Steffi Graf si aggiudicò il “Golden Slam” mentre la DDR furoreggiava alle Olimpiadi di Seul, aggiudicandosi l’incredibile cifra di 102 medaglie contro le 40 della Germania Ovest. Lui vinse il 16esimo titolo nazionale, nell’assoluta indifferenza. Era arrivato Boris Becker, un giovane con il mondo ai suoi piedi. Emmrich, 14 anni più anziano, rappresentava un passato vergognoso, l’epoca delle frontiere, della Guerra Fredda. Era nato nel posto sbagliato al momento sbagliato. “Becker è sempre stato un modello per me. A volte mi sono detto che forse avrei potuto ottenere un successo come lui. Mi sarebbe piaciuto vivere una sensazione del genere”. Il 9 novembre 1989, mentre il mondo osservava sbalordito la caduta del Muro di Berlino, Thomas Emmrich si trovava nella sua casa di Magdeburgo, nel centro di un paese che stava per scomparire, lontano dall’euforia generale. Guardava la TV mentre si toccava i legamenti infortunati, a 36 anni. Maledetto Muro, maledetto destino.
 
Dopo l’apertura delle frontiere, Thomas Emmrich ha partecipato a diversi tornei senior, diventando vicecampione europeo in singolare e campione europeo in doppio tra gli over 40. Ha continuato a giocare fino a 50 anni compiuti, e oggi gestisce una scuola tennis presso il Tennis Club Stadtwald di Hilden. Suo figlio Martin, 29 anni, è un ottimo doppista. Attualmente numero 42 nel ranking di specialità, quest’anno ha giocato due finali: a Dusseldorf (con Begemann) e a Kitzbuhel (con Kas). Ancora oggi, non è riuscito a togliersi l’etichetta di “figlio del campione della DDR”.  Però ha coronato un sogno: esordire in Coppa Davis.

Lo scorso settembre, Martin Emmrich (primo da dx) ha compiuto il sogno mai realizzato dal padre: rappresentare la Germania unita in Coppa Davis