Di Riccardo Bisti – 28 ottobre 2014
E' stato un grande giocatore. Nel 1991, al Palais Omnisport di Parigi Bercy, vinse addirittura il torneo. Quell'anno avrebbe poi regalato alla Francia il punto decisivo per la vittoria in Coppa Davis. Dopo il ritiro, Guy Forget ha pensato per una dozzina d'anni a chi schierare in singolare e in doppio nella Francia di Coppa Davis, poi ha lasciato perdere. E oggi, alla soglia dei 50 anni, dirige il “più importante torneo indoor al mondo”, come ama definire il BNP Paribas Masters. Un torneo particolare, incastonato nell'ultima settimana del calendario, e per questo pieno di vizi e virtù. In un'intervista rilasciata a Le Monde, che per questo torneo ha addirittura lanciato un blog dedicato, Forget ha fatto il punto della situazione sul futuro dell'evento. E non ha lesinato qualche frecciata agli ex colleghi, a suo dire troppo legati al denaro e alla montagna di esibizioni che stanno spostando il baricentro del tennis verso l'Asia, con tutti i rischi che comporta. Vale la pena riportare le dichiarazioni interessanti di Forget, che non ha ancora abbandonato l'idea-speranza di spostare il torneo a febbraio, rendendolo il primo Masters 1000 del calendario.
“Nei pressi del palazzetto c'è un cantiere per alcuni lavori, ma sono sospesi per tutta la durata del torneo. Abbiamo perso appena 1.000 posti nella capienza complessiva, ma non ce ne siamo accorti. Il pubblico di Bercy è più esuberante di quello del Roland Garros, ma dobbiamo ricordare che il pubblico ha sempre ragione. Sono loro che pagano, vogliono emozioni e sono liberi di esprimere il loro dissenso. Se dicono “Ohhhh” dopo un errore non significa che ce l'abbiano con il giocatore. Credo che lo scorso anno Benoit Paire avesse torto. E poi oggi sono molto più indulgenti rispetto agli anni 80-90”.
“Essere l'ultimo torneo dell'anno comporta vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi c'è la suspense di fine anno. Quest'anno abbiamo la lotta per il numero 1 ATP tra Novak Djokovic e Roger Federer, mentre lo scorso anno Federer non aveva la certezza di giocare il Masters e ci siamo ritrovati tutti i primi otto del mondo nei quarti, è stato eccezionale. Lo svantaggio è che qualche giocatore potrebbe preservarsi per le imminenti ATP World Tour Finals e la finale di Coppa Davis”.
“Abbiamo avuto la possibilità di spostare il torneo a febbraio, diventando il primo Masters 1000 stagionale. Per farlo, tuttavia, avrebbero dovuto spostare i tornei sudamericani a fine anno. Per questo, il progetto è stato accantonato. Giocare a febbraio ci permetterebbe di avere i giocatori più freschi e non ci sarebbero problemi di forfait. Mancherebbe l'incertezza di fine anno, ma penso che sia una buona soluzione. Se ricapiterà, tra uno o due anni, sarebbe interessante cogliere l'occasione”.
“Capisco le lamentele di alcuni direttori dei tornei. I giocatori hanno chiesto un calendario più corto per avere una offseason più lunga e ci siamo impegnati in questo senso. Ma poi giocano sempre più esibizioni durante le vacanze. C'è una certa discrepanza tra fatti e parole. I giocatori guardano al breve termine, vogliono guadagnare il più possibile. Hanno 10 anni di carriera e cercano di raccogliere il massimo. A parte i primi tre, non tutti hanno grandi introiti pubblicitari. Per questo, tutti gli altri guadagnano con i tornei e i ricavi delle esibizioni”
“In generale, i giocatori sono sedotti dai soldi. Ma che limiti dobbiamo mettere? Ci sono tornei che si impegnano da 40 anni, mentre paesi emergenti come Cina ed Emirati Arabi fanno tornei in perdita, spesso con le tribune vuote. Ogni anno perdono molti soldi. Allora mi domando se l'ATP debba favorirli. Devono uccidere chi ha fatto sforzi per tanti anni ma risponde a leggi di mercato? Ci sono federazioni che vanno avanti grazie agli introiti dei loro tornei, come la federtennis canadese che investe grazie ai ricavi del loro Masters 1000”.
“I giocatori vogliono la botte piena e la moglie ubriaca. Oltre alle esibizioni, vogliono importanti garanzie per giocare i tornei ATP. I Masters 1000 non ne danno, ma gli ATP 250 e 500 si. Se il torneo di Valencia, per esempio, volesse Roger Federer, lui potrebbe dire di volere un milione di dollari. “Se mi vuoi, io costo questo”. Capita, dunque, che un solo giocatore intaschi più del montepremi complessivo. E' incredibile ma è consentito. I giocatori vogliono anche più soldi negli Slam e si sono fatti ingolosire dal sud-est asiatico. Sugli Slam non avevano torto, perchè incassavano una percentuale troppo bassa sul totale dei ricavi. Poi però sono venuti dagli altri tornei, ma non è così che funziona. Per fortuna non tutti sono così".