Vincere due Slam e restare nell’anonimato. E’ il curioso destino di Svetlana Kuznetsova, che pure sarebbe un bel personaggio. Ma ha fallito troppi appuntamenti. C'è ancora spazio per lei?

Di Riccardo Bisti – 22 dicembre 2014

 

Nel mondo del tennis si trovano personaggi di ogni tipo. Ci sono quelli seri, i giocherelloni, gli artisti, i filosofi mancati, i timidoni e gli aggressivi. E poi c’è chi racchiude tutte le peculiarità e per questo è ancora più interessante, anche se non c’è la fila per intervistarla. Non sarà avvenente come Maria Sharapova, ma Svetlana Kuznetsova ha comunque vinto due Slam. E oggi, scesa al numero 27 WTA, si avvicina ai trent’anni con la stessa voglia di tanto tempo fa, quando vinse clamorosamente lo Us Open, ancora teenager, battendo Elena Dementieva in finale. “E’ stato bello” si affretta a dire. Ma non ricorda nulla. Forse, anche per questo, è molto attiva sui social network. Almeno lascia traccia di quello che fa. A differenza, di Dory, il pesce che dimenticava tutto ne “Alla ricerca di Nemo”, “Sveta” può sfogarsi con la tecnologia. “Però, se non ricordo quello che ho fatto 15 secondi fa, figurarsi un torneo giocato 10 anni fa”. Quando vinse a Flushing, pur essendo numero 9 WTA, fu considerata una sorpresa assoluta. “E’ la più sorprendente vincitrice Slam dell’Era Open” scrisse Sports Illustrated. In effetti. Quel torneo è ricordato soprattutto per il quarto di finale tra Jennifer Capriati e Serena Williams, ‘sottratto’ a Serena da alcuni clamorosi errori arbitrali che convinsero il tennis a dotarsi in fretta e furia di occhio di falco. In semifinale giunsero due russe e due americane (Capriati e Davenport). I padroni di casa speravano in una finale tutta americana, invece Svetlana ed Elena sancirono la rivoluzione russa. L’avessero fatto una trentina d’anni prima, Kruscev ci avrebbe fatto la propaganda. Fu un anno d’oro per il tennis russo: in precedenza, la Myskina aveva vinto il Roland Garros e la Sharapova si impose a Wimbledon (e avrebbe vinto il Masters). Ma nemmeno Masha, con la sua algida intelligenza, sa essere interessante e curiosa come la Kuznetsova. Anche Sveta ha la sua storia da raccontare.

IL TENNIS COME LA MUSICA
Figlia di ciclisti, l’hanno spedita in Spagna da bambina per imparare a giocare a tennis. Lo Spartak Club di Mosca è un ottimo posto dove allenarsi, ma le accademie spagnole offrono più chance. Tanto potente da sembrare un po’ mascolina, e un tocco di palla apprezzato persino dalla Navratilova, ha vissuto con agio la transizione a professonista. Profondamente innamorata del tennis, allo Us Open 2004 firmò un record difficilmente battibile: tra la vittoria in finale e la conferenza stampa andò ad allenarsi. In fondo, 24 ore dopo avrebbe giocato la finale del doppio. “Il tennis mi offre la possibilità di esprimermi – disse con il trofeo accanto – mi sento come una cantante che esegue un brano con il cuore”. All’epoca, si pensava che potesse diventare numero 1. Aveva tutto, a partire da un fisico tozzo ma compatto, perfetto per il tennis muscolare di oggi. Eppure, 12 mesi dopo, divenne la prima campionessa Slam a perdere al primo turno nel torneo successivo. “Ho fatto del mio meglio, ma non era il mio giorno – disse dopo la sconfitta contro Ekaterina Bychkova – che devo fare? Spararmi? No, non credo”. Quel giorno è nato un personaggio che tiene duro ancora oggi, lontano dai riflettori più luminosi. Svetlana è un po’ come la Henin: per uscire dall’anonimato, in assenza di fisico da pin-up e carisma, l’unico modo è vincere. E lei non ha vinto abbastanza, anche se nel suo corpo troneggia un tatuaggio con la scritta: “Il dolore non mi uccide. Sono io che uccido il dolore”. L’abbiamo vista giocare una delle più brutte partite della storia recente (Us Open 2007 contro Anna Chakvetadze: più che un match di tennis, sembrò una regata velica a causa del vento), ma anche una delle più belle (l’incredibile ottavo contro la Schiavone all’Australian Open 2011, perso dopo 4 ore e 44 minuti). Per apprezzarla ci vuole sensibilità, la capacità di non fermarsi alle apparenze. Roger Federer possiede questa dote: è un suo tifoso e nel 2008 le consigliò di tornare ad allenarsi a San Pietroburgo quando lei voleva smettere, vittima di una crisi esistenziale di…mezza carriera.
 
NON PUOI CAMBIARE SVETLANA
La Kuznetsova può battere chiunque, ma anche perdere. Nella sua carriera hanno trovato spazio il successo più bello e la sconfitta più rovinosa. Qualcuno la conosce più per le sconfitte, ma a lei non interessa. “La vita è piena di stereotipi. Secondo gli stereotipi bisogna sposarsi, bisogna vincere più partite. Ma a me cosa cambia?”. Per sua fortuna, non sarà ricordata per un singolo exploit. Nel 2009, dimostrando che non tutto arriva per caso, ha vinto il Roland Garros. E se avesse vinto le altre due finali giocate (Roland Garros 2006 e Us Open 2007), entrambe perse contro Justine Henin, avrebbe quattro Slam in tasca contro i cinque della belga. Invece il bilancio dice 7 a 2 e probabilmente resterà tale. Ma Svetlana non si cruccia. “Nulla accade per caso o per fortuna. Non si può vincere con la fortuna. Vincere due Slam è molto difficile”. A volte è complicato seguire i suoi ragionamenti. “Sono una persona che cambia, mi piace cambiare. Quando mi appassiono a qualcosa divento incontenibile. Se mi piace il rock, vado in fissa per il rock. Se decido di vivere a Mosca, non posso più stare in Spagna. Se faccio qualcosa, lo faccio al 100%. Il fatto è che tra i 19 e i 24 anni ho vissuto una ventina di cambiamenti al 100%”. Il successo a Parigi è arrivato a 24 anni. Sembrava poterla lanciare nell’olimpo, stavolta con una nuova consapevolezza. Invece rischia di essere un canto del cigno. Da allora, tra incertezze e infortuni, non è quasi mai stata protagonista. E oggi, pur avendo la stessa passione di allora, fatica a trovare la motivazione nei tornei più piccoli. “Non mi sveglio la mattina pensando di vincere un altro Slam – racconta – prima di tutto amo il tennis. Mi piace lavorare duro. E ogni tanto penso a cosa mi mancherà quando mi sarò ritirata. Mi mancheranno la gioia e la soddisfazione dopo una vittoria”. Quest’anno ha messo fine a un digiuno di vittorie che durava da 4 anni. Ha vinto il piccolo tornei di Washington, intascando il 14esimo titolo WTA. “Credo in me, posso ancora battere le top-10” racconta oggi, che sta preparando l’ennesima stagione presso l'Accademia Casal-Sanchez sotto la guida di coach Carlos Martinez, uno spagnolo tifoso del Barcellona che nei giorni scorsi l’ha portata allo stadio a vedere una partita di Champions League. Un tifoso le ha detto: “Nella vita puoi cambiare tutto: macchina, casa, appartamento, moglie, amici…ma non la squadra di calcio”. Non si può neanche cambiare il modo di essere Svetlana Kuznetsova. Lei l’ha pensato di sicuro.