I viaggi verso Egitto e Turchia per lavoro o turismo sono diminuiti notevolmente. In effetti chi sarebbe disposto ad andare in zone, al giorno d’oggi, molto pericolose? Nessuno, tranne il tennista del circuito minore, disposto a correre il rischio pur di conquistare un punto in più e scalare la classifica per raggiungere un obiettivo.Cari genitori, un giorno sareste disposti a sentirvi dire da vostro figlio tennista “Devo andare in Egitto perché è più facile prendere punti ATP e se voglio arrivare ad alti livelli mi servono punti" ? Non se ne parla molto, si tratta di step che vengono dati per scontati nella vita dei giocatori, passaggi che tutti (vabbè, molti) hanno fatto e che bisogna fare, eppure dovrebbero far riflettere. Sono i viaggi a cui sono costretti i frequentatori del circuito minore, quelli che pur di conquistare un punto in più sono pronti a prendere il primo aereo per l’Egitto o per la Turchia…e passarci pure tre settimane. Il meccanismo è abbastanza semplice: da quelle parti ci va sempre meno gente per ovvi motivi, la qualità tecnica si abbassa, e così facendo ci sono più possibilità di avanzare nel tabellone e conquistare qualche punto in più. Il meccanismo sarà pur semplice, ma di coraggio ce ne vuole. Diversi tennisti fanno questa vita, e solo dei “pazzi” come i tennisti possono fare una scelta simile. Quale altro sportivo sarebbe disposto a correre rischi simili pur di raggiungere un obiettivo? Se chiedi: “Ma non avete paura?” rispondono così: “Se deve succedere, succede. E’ pericoloso stare anche in Italia allora.”
“Si, ma se andate a casa loro qualche rischio in più magari c’è, no?" provi a farli ragionare, ma non li smuovi. Per loro girare il mondo, in posti più o meno belli e più o meno pericolosi, è la normalità. Se vi fate raccontare qualche trasferta, vi si apre un mondo.
Prendiamo un altro sport: il calcio, per esempio. I calciatori sarebbero disposti a fare questi sacrifici sapendo che il riscontro economico rischia di essere addirittura in passivo? Già, perché abbiamo tralasciato una parte importante in cui i calciatori raramente si imbattono; i costi. Il tennista difficilmente trova lo sponsor che gli finanzia la trasferta. Se ce l'hanno, gli sponsor si limitano a fornire abbigliamento e attrezzatura. Facciamo quindi un calcolo. Giochiamo un torneo in Egitto tra due settimane. Cerchiamo i voli; quello più economico per Sharm el-Sheikh costa 160 euro (solo andata: ovviamente non possiamo sapere quando torneremo). Poi dovremo prenotare una camera in cui dormire; i villaggi convenzionati con il torneo costano circa 60 euro. Inoltre sappiamo che l'incordatura è a carico nostro, circa 15 euro. Bene, inizia il torneo. Perdiamo al primo turno di qualificazioni. Quanto portiamo a casa? Zero. Perdiamo al primo turno di tabellone. Quanto portiamo a casa? Zero. Vinciamo il torneo. Quanto portiamo a casa? Circa 1.300 euro, lordi. Ma con questi 1.300 dobbiamo ripagare l’aereo, il villaggio, le incordature, i pranzi e le cene. In pratica, se si vince, si torna a casa con pochi euro ma con un bagaglio di esperienza impagabile. Se si perde resta solo l’esperienza impagabile. I giocatori non se ne rendono conto, ma è sempre bello sentirli parlare tra di loro
“Ti ricordi quando abbiamo fatto quel torneo in Taiwan?”
“Quando eravamo in Cina c’era…”
“Sono tornato l’altro ieri dalla Tunisia…”
Guai a condannare chi sceglie di fare questa vita, ci mancherebbe. La vita del tennista del circuito minore non è facile, e chi ora si ritrova tra i Top 100 è consapevole di quello che ha dovuto affrontare e che potrebbe sempre ricapitare (infortuni e scadimenti di forma sono sempre dietro l'angolo). Ma una cosa va sottolineata: onore a chi, pur di inseguire il proprio sogno, è pronto a seminare. Soldi, coraggio e sacrifici. Nella speranza, un domani, di poter raccogliere.
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