Il 9 dicembre sarà il giorno decisivo per conoscere il futuro del Masters 1000 di Miami. La terza Corte Distrettuale di Appello di Miami dovrà pronunciarsi nella diatriba tra gli organizzatori del torneo (la cui società si chiama “International Players Championships”) e il cittadino Bruce Matheson, che nel settembre 2014 aveva avuto ragione in primo grado. Il primo giudice ha imposto di mantenere Crandon Park così com'è, bloccando i vari progetti di ampliamento che puntano a salvare il torneo al costo di 50 milioni di dollari. Tutti soldi privati, senza nessun aiuto pubblico. Ma cosa c'entra il signor Matheson con il torneo di Miami? Facile: la sua famiglia era proprietaria di Crandon Park e l'ha donato alla Contea nel 1940, pur mantenendo un certo potere decisionale. Da parte sua, il direttore del torneo Adam Barrett ha detto che la prima scelta del torneo (che è di proprietà IMG) resta Miami, ma che proseguono i ragionamenti per un eventuale spostamento. “Amiamo Miami, la gente è stata ottima con noi, e resteremo qui fino a quando sarà possibile – ha detto – ma è una questione di domanda e offerta e ci sono problemi che sembrano difficili da superare. Alcune infrastrutture del torneo non sono al passo con i tempi e non ci stiamo adeguando. La gente ha già votato a favore degli ammodernamenti, ma ci hanno impedito di andare avanti”. Quando parla della “gente”, Barrett allude a un referendum tenutosi nel 2012, in cui il 72% della popolazione si era detta favorevole ai progetti di ampliamento.
IL CENTRO USTA DA 100 CAMPI
Barrett non ha citato eventuali sedi alternative, ma non mancano le indiscrezioni. L'unica soluzione americana – e davvero indolore – sarebbe Orlando, dove peraltro sta per nascere un impianto nuovo di zecca, mentre le altre piste portano a Dubai, Doha, Pechino, Shanghai e Singapore. Il varo di un altro Masters 1000 in Asia non sarebbe un dramma dal punto di vista logistico: lo si potrebbe collocare dopo Dubai (dove hanno già un tabellone di livello), spostando in avanti Indian Wells. Si tratta di sedi di primo piano, in grado di ospitare un torneo che ogni anno accoglie 300.000 spettatori e non va oltre proprio a causa delle strutture, ormai giunte al limite. La USTA, la federtennis americana, inaugurerà un centro tennis costato circa 60 milioni di dollari e dotato di 100 campi. L'impianto si trova a Lake Nona, sobborgo di Orlando, sempre in Florida. Annunciato lo scorso aprile, dovrebbe essere completato entro la fine del 2016. Tenendo conto della vicinanza tra Miami e Orlando, potrebbe essere una soluzione per tenere il torneo negli Stati Uniti e non rivoluzionare il calendario.
"NON E' UNA MINACCIA, MA UNA POSSIBILITA'"
I cronisti del Miami Herald stanno seguendo con trepidazione la vicenda e hanno chiesto un parere a Buddy Dyer, sindaco di Orlando. Lui non si è sbilanciato “Di recente abbiamo costruito diversi nuovi impianti: un centro eventi e uno per gli spettacoli, oltre a ristrutturare lo stadio di football – ha detto – da parte nostra, poi, abbiamo facilitato l'edilizia privata per due ulteriori costruzioni: lo stadio per la Major Soccer League e il Centro USTA. Per ciascuno di questi impianti, la nostra comunità ha l'obiettivo strategico di ospitare eventi di livello mondiale. Per il tennis pensiamo a Coppa Davis, Fed Cup e i vari campionati NCAA, sia regionali che nazionali”. Il sindaco di Orange County, Teresa Jacobs, non ha commentato la possibilità di portare il torneo nella nuova sede di Orlando, parlando genericamente della possibilità di ospitare eventi di vario genere. Da parte sua, Barrett è stato chiaro: “La nostra non è una minaccia: non dico che se non otterremo questo, questo e quest'altro ce ne andremo. Però ci sono delle realtà che dobbiamo affrontare. Ed è vero che ci sono alcune città desiderose di ospitare questo torneo”. Insomma, non crediamo ci siano grossi segreti: se Miami potrà ammodernarsi, il torneo (che peraltro ha perso il title sponsor) resterà nell'affascinante isolotto di Key Biscayne almeno sino al 2023 (data di scadenza dell'attuale contratto di locazione). In caso contrario, traslocherà. A quel punto bisognerà capire se la USTA avrà la forza e/o la volontà di mantenere il torneo negli Stati Uniti.