A Doha, Andrea Arnaboldi e il suo team hanno diviso il campo col numero uno del mondo. Coetanei, si conoscono da quando erano junior e nel loro unico confronto vinse l'italiano. Djokovic lo ricordava, e l'ha raccontato a Boris Becker nel corso dell'allenamento.
Da una parte della rete sedici tornei del Grande Slam, divisi fra i dieci di Novak Djokovic e i sei del suo coach Boris Becker, dall’altra Andrea Arnaboldi. Un sogno? No, una realtà che arriva da Doha (Qatar), dove in occasione del primo torneo del 2016 ‘Nole’ ha chiesto – tramite il suo manager 'Dodo' Artaldi – di allenarsi con il canturino, numero 159 ATP, regalandogli un’opportunità di quelle che capitano poche volte nella vita. “Non giocavamo insieme da quando eravamo juniores – racconta Arnaboldi da Melbourne, dove sta disputando le qualificazioni dell’Australian Open – e rifarlo ora che lui è numero uno al mondo ha un sapore speciale. Abbiamo scambiato qualche chiacchiera sul passato, e Novak ha raccontato a Boris Becker di quando ci affrontammo da under 16, al Torneo Avvenire di Milano. Lui era un predestinato, era già stato campione europeo under 14, ma vinsi io 6-2 6-4”. Ora le cose sono un po’ cambiate, ma Arnaboldi non è mai stato così vicino al tennis che conta. “Nell’off-season ho lavorato bene, quest’anno punto ai primi 100, spero di farcela al più presto”.
"UN RAGAZZO ALLA MANO"
Ancor più che per il 28enne lombardo, quella di Doha è stata un’occasione indimenticabile per il suo team, composto dal tecnico Fabrizio Albani e dal mental coach Roberto Cadonati, che hanno scommesso su di lui e su sè stessi nell'estate del 2013, portandolo a traguardi mai raggiunti prima, come il secondo turno dello scorso anno al Roland Garros. Entrambi erano in campo con lui a Doha, dove ha perso nelle qualificazioni dal britannico Kyle Edmund, poi giunto ai quarti di finale. “Ero curioso di vedere da vicino come lavora un campione del suo calibro – ha detto Cadonati – e ho trovato grande meticolosità e attenzione ai particolari. Ogni minimo errore viene analizzato, si ferma lo scambio e poi si riparte. Tutto il suo entourage si dà da fare perché lui possa occuparsi solo della prestazione. Djokovic è un ragazzo sicuro di sé, ma anche molto alla mano. Questa occasione ci offre spunti per migliorare il nostro lavoro, e per Andrea rappresenta uno stimolo in più per confrontarsi ad alti livelli”.
I COMPLIMENTI DI BORIS BECKER
“Dare la palla al numero uno del mondo – racconta Albani – fa un certo effetto, così come vedere che il suo arrivo è seguito da una nuvola di appassionati che si accalcano attorno al campo per osservarlo. È stata un’esperienza professionale incredibile”. E anche un allenamento molto valido per il numero uno, con la ciliegina sulla torta di Becker che prima fa i complimenti ad Arnaboldi per la qualità del suo tennis e poi chiede un contatto ad Albani, per giocare in altre occasioni. “Lo viviamo come un premio. Se lavori in un certo modo e con i giusti obiettivi, capita di confrontarsi e condividere il proprio lavoro anche con i migliori. Ci conferma che la strada è quella giusta: ci concentreremo ancora di più per crescere, e magari incontrarli in un match ufficiale. Già all’Australian Open? Tutto è possibile. Siamo preparati per far bene”.
Da sinistra, Novak Djokovic, Roberto Cadonati, Fabrizio Albani e Boris Becker
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