Una dozzina d’anni fa Juan Martin Del Potro raccoglieva un solo game contro il torinese Massimo Ocera. Non si è mai avvicinato al tennis che conta, ma è un personaggio tutto da scoprire. Che una volta mollata la racchetta ha trovato altre strade: poesia, musica e un bar-vineria che gestisce a modo suo.(*) Leggenda narra che i top player non dimentichino nessuno dei loro match, sconfitte in primis. E allora sarebbe curioso domandare a Juan Martin Del Potro se ricorda il suo ultimo incontro a livello Futures, giocato nel 2005 sulla terra battuta di Bassano Del Grappa. Di certo non se l’è scordato Massimo Ocera, classe 1982, torinese dal rovescio magico e una personalità tutta da scoprire, che quella semifinale la vinse 6-0 6-1 e all’indomani conquistò il quarto dei cinque titoli Futures di una carriera mai decollata del tutto, con un best ranking al numero 380 ATP che grida vendetta in tutte le lingue del mondo.
«La settimana precedente a Verona – racconta – ci persi 6-2 6-2 giocando malissimo», ed archiviò quella sconfitta nel faldone delle “giornate no”. «Però non mi era sembrato un fenomeno: era solido, sbagliava poco, ma non imbattibile». Aveva ragione, visto che una decina di giorni dopo non ci fu di nuovo storia, ma a parti invertite. «La classica partita in cui va tutto bene, dal primo all’ultimo punto. Qualsiasi rischio prendessi, andava a buon fine. E sul 6-0 3-0 lui smise praticamente di giocare». Seppur ancora 17enne, quel Del Potro era già intorno alle 400esima posizione della classifica ATP, aveva da poco vinto tre Futures, ci sapeva fare. «Si vedeva che era centrato, che aveva ben chiaro il suo percorso e i suoi obiettivi, ma non ho pensato potesse diventare un fenomeno. Non mi aveva impressionato come altri. Tipo Bolelli, che affrontai in quello stesso torneo: mi tirò un vincente di diritto che lo ricordo come fosse ieri».
Dopo quel match, negli spogliatoi, il giovane “Delpo” scoppiò in lacrime. «La sensazione è che un match così non gli fosse mai capitato. Era rimasto sorpreso, si capiva che non ne era abituato». Di certo è stata una sconfitta costruttiva, tanto che proprio dopo quel torneo l’argentino abbandonò i Futures per passare ai Challenger, e l’anno dopo era già fra i top-100 ATP. Proprio in quel 2006 in cui Ocera decise di mollare tutto, a soli 24 anni, stanco del tennis. «Capitava di sentirmi dire che uno col mio tennis dovesse essere 30 al mondo. Una ca**ata epocale. Avevo dei colpi fenomenali? Magari è vero. Ma tutto il resto intorno? Non ho mai avuto un livello standard che mi permettesse di poter salire. Per riuscire a dare il massimo dovevo caricare ogni match di adrenalina, come se fosse il più importante della mia vita. Per una serie di circostanze non ho mai avuto un rapporto sereno col tennis».Così, logoro della situazione, ha detto basta. «E di rimpianti non ne ho. Se fossi arrivato avrei perso altre cose: non avrei mia moglie e mio figlio di otto anni». E non avrebbe potuto coltivare le sue passioni, quella storica per la musica e quella per la poesia, nata un po’ per caso ma che l’ha condotto alla pubblicazione di due libri: Inattesa e Scintille. «Scarabocchiavo qualche verso qua e là, quando mi passava per la testa. Aspetti della mia vita, ma senza un canone ben preciso. Più tardi ho trovato un modo per mettere le parole in metrica ed è arrivato il libro». Poi è arrivata la volontà di legare poesia e musica, e con l’amico Simone Garza è nato un piccolo gruppo a due, i Balzi del Mulo. «Inizialmente ci siamo concentrati su una sorta di reading musicale, ma ci stava un po’ stretto. E allora pian piano ci stiamo buttando sulla musica vera e propria. Stiamo lavorando al terzo disco, insieme a una band di persone preparatissime, che credono molto nel nostro progetto. Il disco conterrà nove brani e ognuno parla di persone fondamentali della nostra vita. Il sogno sarebbe di vivere con la musica, ma so che non succederà».
E così nel 2015, dopo essersi mantenuto per anni grazie ai tornei Open e alle gare a squadre in Italia e in Germania, ha deciso di aggiungere un’altra sfaccettatura al personaggio Ocera, che anche dopo l’addio all’attività internazionale è rimasto in quella Palazzolo sull’Oglio (Brescia) dove si era trasferito a 16 anni per il tennis. Ha mollato la racchetta (o quasi, gioca la Serie B e qualche mattina fa da sparring all’Accademia Vavassori) e si è lanciato in un progetto nuovo, aprendo a Palazzolo il “Covo dei Muli”, un bar-vineria con musica dal vivo, dove ha fatto convogliare le sue passioni. «Ho imparato a fare un mestiere nuovo. Da unico titolare mi occupo di tutto: barista, commercialista, arredatore, organizzatori di eventi. Ne sono orgoglioso. Ho portato al bar il mio modo di essere in campo: divertente, creativo, cerco di piacere a tutti. Chi capita da noi, raramente non torna». Già, proprio come chi gli vedeva tirare il rovescio lungolinea.
(*) Articolo pubblicato sul numero di maggio 2017 della rivista Il Tennis Italiano
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.BIOFILE
Massimo Ocera è nato a Torino, il 24 marzo 1982. In carriera ha vinto cinque tornei del circuito Futures, arrivando nel 2005 alla posizione numero 380 del ranking ATP. Ha abbandonato a soli 24 anni il tennis internazionale, continuando però a giocare fra tornei Open e campionati a squadre in Italia e in Germania. Nel frattempo, ha pubblicato due raccolte di poesie (Inattesa e Scintille, entrambe disponibili sulla piattaforma Amazon) e con l’amico Simone Garza ha fondato il gruppo musicale “Balzi del Mulo”, prossimo alla pubblicazione del terzo disco. Nel 2015 si è lanciato in una nuova attività, aprendo a Palazzolo sull’Oglio (dove risiede) il bar-vineria “Covo dei Muli”, dove lavora. Attualmente gioca il campionato nazionale di Serie B per l'Sc 2001 di Vittorio Veneto (Treviso). Sposato con Alessandra, ha un figlio di nome Sebastian, di 8 anni.
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