Non era mai capitato, nelle 47 edizioni delle ATP World Tour Finals, che la finale del Masters vedesse i due contendenti giocarsi molto di più del ruolo di maestro della stagione. Succederà nell’ultimo incontro del Tour di questo pazzo 2016, prima dominato da Novak Djokovic, poi diventato di proprietà di Andy Murray, che dopo l’amaro k.o. nei quarti di finale dello Us Open ha deciso di non perdere più. Almeno fino a domani alle 19, quando il cemento dell’O2 Arena sarà tutto per la loro resa dei conti, quella che il pubblico londinese ha sognato fin dal primo giorno del torneo. Non c’è più spazio per calcoli, punti, sensazioni: chi vince il titolo chiude l’anno da numero uno del mondo. E, stando a quanto si è visto in serata, Novak Djokovic non ha alcuna intenzione di cedere il passo. Gli è bastata un’ora e spiccioli per urlarlo ai quattro venti, schiacciando un Kei Nishikori troppo brutto per essere vero. Alla vigilia sembrava un avversario difficile, quasi preoccupante per la versione del serbo vista nel round robin, ma d’un tratto Novak è tornato Djokovic, il dominatore, quello vero. I pericoli sono diventati bazzecole, la semifinale una passeggiata da 6-1 6-1, Nishikori un giocatore capace di fargli appena il solletico. In due set il giapponese ha tenuto il servizio una volta, a risultato ampiamente compromesso, litigando col suo tennis e spianando la strada a un Djokovic bravo a regalare il meno possibile. Avrebbe messo 100 firme per una semifinale così, senza complicazioni fisiche e soprattutto mentali, per dimenticare momentaneamente i dubbi di una seconda parte di 2016 deludente, e presentarsi al 100% alla sua grande occasione, al match che può raddrizzare tutto. Non cancella i passi falsi, ma i libri possono subito tornare a dargli ragione.
LA FINALE DELLA FINALI. MA CHE MURRAY SARÀ?
A parti invertite, ciò che è accaduto nelle semifinali londinesi ricorda quello che avvenne a maggio agli Internazionali d’Italia: Murray passeggiò nella sua semifinale, mentre Djokovic dovette lottare a lungo (e fino alla sera tardi) contro un Nishikori ben diverso da quello odierno, e all’indomani ne pagò le conseguenze. Stavolta spetta a lui la possibilità di approfittare della fatica di Murray, che nel giro di quattro giorni ha ritoccato due volte il record di durata per un match alle ATP Finals, chiudendo senza più un briciolo di energie il duello contro Milos Raonic. Il tennis non è matematica, ma i 218 minuti del britannico sono comunque oltre il triplo dei 66 di “Nole”, che va a caccia del record di sei titoli alle Finals di Roger Federer. Per non parlare dei suoi nervi, logorati da un match giocato sempre sul filo di lana e deciso da un punto o due. Tutto questo per dire che, nel confronto numero 35 di una rivalità iniziata da teenager, quanto visto nelle settimane recenti potrebbe pesare molto meno, coperto da una differenza di condizione atletica praticamente inevitabile. Vien da sperare, per il bene dello spettacolo, che Murray riesca a raccogliere quante più energie possibile, per provare a giocarsi ad armi pari un duello rincorso da mesi. Ma la fortuna (sempre che di fortuna si tratti) è cieca: a volte dà e altre toglie. A Roma gli ha sorriso, consegnandogli il titolo con cui ha gettato le basi della sua incredibile progressione, mentre adesso sembra intenzionata a chiedere il conto. Proprio nel momento meno opportuno.
ATP WORLD TOUR FINALS – Semifinale
Novak Djokovic (SRB) b. Kei Nishikori (JPN) 6-1 6-1
Quando il gioco si fa duro, “Nole” torna a giocare
ATP WORLD TOUR FINALS – A Novak Djokovic bastano 66 minuti per conquistare la sua sesta finale al Masters: spazza via con un doppio 6-1 un Kei Nishikori in giornata no e lancia la sfida ad Andy Murray per il trono del ranking ATP. Il campione serbo pare tornato ai suoi livelli migliori, e la stanchezza del rivale gli darà una bella mano.