Nel circuito mondiale ci sono pochissimi coach donna. Oltre alle difficoltà logistiche, tante giocatrici sono restie a farsi seguire da una donna. Ma dalla ex Unione Sovietica….
Alina Jidkova segue Galina Voskoboeva da un anno e mezzo
Di Riccardo Bisti – 11 agosto 2012
Il tennis è tra gli sport dove le donne hanno maggior prestigio e visibilità. Maria Sharapova e Serena Williams, per intenderci, sono icone di livello mondiale. Ma c’è un ruolo dove la donna non riesce ad emergere: il coach. Anche sforzandosi, non si trovano più di 5-6 allenatrici top. Le ragioni sono molteplici. La prima riguarda la natura stessa di donna: chi mette su famiglia, e magari fa un figlio, è meno portata a viaggiare. E' stata la scelta di Laura Golarsa, che ha recentemente aperto al sua Academy in cui fanno base Alberta Brianti e diversi giovani di belle speranze. Per ora, con lo status di mamma, la Golarsa ha preferito restare a Milano. La situazione è ben diversa per un uomo, che anche dopo la paternità può concedersi un buon numero di settimane fuori casa. Oltre ai problemi logistici, ci sono quelli di mentalità. Ancora oggi, le tenniste preferiscono farsi allenare da un uomo. Scegliere strade alternative è un po’ come attaccare lo status quo. Recentemente si è affacciata nel mondo del coaching Nathalie Tauziat, ex finalista di Wimbledon. Lavora con la promessa canadese Eugenie Bouchard. “Ho imparato molte cose. E’ un mestiere tutto nuovo. Essere stata una buona giocatrice non è affatto garanzia di essere una buona allenatrice”. Secondo la francese, il rapporto coach-giocatrice tra sole donne porta dei vantaggi. “Penso che ci siano delle cose che a una donna puoi dire e a un uomo no. Io e la Bouchard non condividiamo tutto, ma di sicuro ci sono cose che non condividerebbe con un allenatore uomo”. La Tauziat ha 44 anni e tre figli, tra cui due gemelli di quattro anni. Risiede a Barritz, in Francia. Non sembrerebbe la situazione ideale per girare il mondo, eppure ce la fa. “Ho un marito fantastico che accetta la situazione, almeno per il momento. Sto fuori parecchie settimane, ma quando torno a casa ci sto anche 45-60 giorni. Quando vado fuori casa faccio un ‘pacchetto’ di settimane. E’ una questione di organizzazione, e per ora sta funzionando”.
Un’altra allenatrice full time è la ex giocatrice russa Alina Jidkova, 35 anni, numero 51 WTA nel 2005. Si è ritirata alla fine del 2010 e attualmente segue la connazionale (che però gioca per il Kazakistan) Galina Voskoboeva. Le due lavorano insieme da un anno e mezzo, ed è il primo incarico da coach per la Jidkova. I risultati sono ottimi: la Voskoboeva era uscita dalle prime 600 dopo un lungo stop per un intervento chirurgico alla spalla, mentre oggi è n. 57 dopo aver toccato un best ranking al numero 42 (e 27 in doppio). “Pensavo che assumere Alina fosse un buona idea perché lei ha avuto una lunga carriera – dice la Voskoboeva – lavora sodo, poi si è costruita da sola. Non ha avuto niente in regalo”. Come detto, la Jidkova non aveva allenato professioniste. In precedenza aveva seguito un paio di giovani a Boca Raton, dove risiede, ma nulla di serio. “Credo che sia difficile, per chi ha avuto una carriera importante, iniziare con dei bambini. Ci vuole una motivazione diversa, nonché una certa abitudine” conclude la Voskoboeva. La diretta interessata la mette sul piano dell’adrenalina. “Dopo che hai fatto la professionista è difficile tornare alla vita normale. Non c’è vittoria, non c’è sconfitta, non c’è adrenalina. Allora vuoi perlomeno provare a trasmettere questa esperienza”. La Voskoboeva è un caso più unico che raro, perché si fa allenare soltanto da coach donne. La prima è stata la “mitica” Tatiana Naumko, famosa per aver allenato Andrei Chesnokov, una delle pochissime donne che ha lavorato a tempo pieno nel circuito ATP. Poi ha lavorato con Evgenia Maniokova, vincitrice del doppio misto a Parigi nel 1993 e attuale coach di Ekaterina Makarova.
E’ un circolo virtuoso. La prima allenatrice della Jidkova fu la leggendaria Larisa Preobrazhenskaya, storica allenatrice dello Spartak Mosca. E proprio dalla ex Unione Sovietica arrivano tante aspiranti coach. Anastasia Myskina ha già lavorato con la Kuznetsova, Tatiana Poutchek si è ritirata l’anno scorso e adesso è già capitano della Fed Cup bielorussa. La ex top 20 Iroda Tulyaganova, la cui carriera è stata falcidiata dagli infortuni, ha iniziato a lavorare con la connazionale Akgul Amanmuradova. In questo momento sono eccezioni, ma potrebbe essere l’inizio di una nuova tendenza. C’è però un problema, segnalato da Judy Murray, mamma di Andy e attuale capitano della Fed Cup britannica. Detto che la LTA ha “spedito” quattri giovani allenatrici ai match di Fed Cup per farsi le ossa, secondo mamma Murray la presenza di un’allenatrice donna obbliga ad avere uno sparring partner uomo, mentre il coach maschio può svolgere entrambi i ruoli. Se non sei tra la prime 10, pagare la coach e lo sparring partner può essere piuttosto costoso. La soluzione sarebbe la condivisione dell'allenamento con altre giocatrici: per gli uomini è routine, ma tra le donne è piottosto difficile. “A qualcuna piace, a qualcun’altra no – ammette la Tauziat – ma quando io trovo una partner per la Bouchard lei non mi pone problemi. Le piace palleggiare con altre ragazze”. La Voskoboeva pensa che sia un falso problema: “Le mie allenatrici non tirano forte come gli uomini, ma non sbagliano mai. Gli uomini tirano fuori alla terza palla, mentre le donne sono un muro. Non credo sia importante che l’allenatrice sia una tennista di buon livello. Ciò che conta è che alleni come si deve”. Dopo quella delle tenniste, avremo un’invasione russa anche a livello di allenatrici?
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