AMARCORD – TennisBest fu uno dei primi a parlare di Sara Errani, quando Sarita non aveva ancora la foto sul sito WTA e le tribune si svuotavano quando entrava in campo.
Sara Errani in azione nel 2007, anno in cui è entrata tra le top 100
Di Riccardo Bisti – 13 febbraio 2013
Nella carriera di Sara Errani ci sono stati due spartiacque: la finale al Roland Garros e un’intervista con Vanity Fair. Nella chiacchierata con il noto magazine si è lasciata sfuggire, senza alcuna malizia, il sostantivo “fighetto” associato a Roger Federer. L’hanno massacrata di critiche. Da allora sta molto attenta a quello che dice in pubblico. La gestisce il fratello Davide e le sue interviste sono meno interessanti di un tempo. E’ la legittima difesa di chi è rimasto scottato dallo Star System. Eppure la Errani è una ragazza brillante e piena di idee, che si è conquistata la fama con le proprie forze, lottando quando nessuno la considerava. Come nel 2007, anno in cui è entrata tra le prime 100, non aveva ancora esordito in Fed Cup e non aveva alcuna esperienza nei grandi tornei. TennisBest fu uno dei primissimi a cercarla, conoscerla, raccontarla. Eravamo nati da pochi mesi e il sito aveva un formato completamente diverso da oggi (gli articoli erano impaginati come jpeg). Una semifinale al WTA di Palermo (torneo che poi avrebbe vinto due volte) la portò tra le top 100 e volemmo conoscerla meglio, anche perchè sul sito WTA non c’era nulla di lei, nemmeno il braccio dominante. Non fu difficile rintracciarla, e in un tardo pomeriggio di luglio ci concesse 20 minuti del suo tempo poco prima di partire per gli States. Oggi che Sarita è diventata una Campionessa, vale la pena rileggere le sue parole. Non la considerava nessuno, a Galatina le avevano fatto il tifo contro, in campo aveva ancora qualche isterismo e le tribune si svuotavano quando scendeva in campo. Sembra passato un secolo, sono meno di 6 anni. Vi riproponiamo tutto l’articolo, senza tagli nè modifiche. Un dolce ritorno al passato che farà piacere anche a Sara.
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Nel tennis, come nello sport e nella vita, ci sono persone le cui capacità non bastano per ottenere una meritata (e gratificante) popolarità. Senza cadere nella retorica, diversi calciatori sono famosi più per le “prodezze” fuori dal campo che per altro. E altri, magari professionisti esemplari, restano nell’anonimato, vittime innocenti della società dell’immagine. Anche nel microcosmo del tennis ci sono personaggi che vivono lontano dai riflettori, con storie belle ed emozionanti che restano lì, chiuse in uno scrigno che magari nessuno aprirà. Noi, una di queste storie, l’abbiamo trovata. L’abbiamo ascoltata, ci è piaciuta, e abbiamo deciso di toglierla dallo scrigno. E’ la storia di Sara Errani, 20enne di Massa Lombarda, che nell’indifferenza generale ha appena raggiunto uno dei traguardi più importanti per chi si affaccia al professionismo: entrare tra le prime 100 giocatrici al mondo. La cerchi sul sito dell’associazione giocatrici, che dovrebbe essere la bibbia del circuito WTA, e non trovi quasi nulla. Giusto la data di nascita. Per altezza, peso, residenza e persino braccio dominante…ritenta, sarai più fortunato. Non c’è neanche la foto. “Ma quelle le fanno quando inizi a girare per i grandi tornei, quindi ormai dovremmo esserci…”. Numero 171 WTA a inizio anno, la Errani sta mettendo insieme un 2007 di tutto rispetto: due semifinali nel circuito maggiore, ad Acapulco in marzo e a Palermo la scorsa settimana, nonchè ottime cose a livello ITF: la vittoria a Galatina, la finale a Cuneo e le semifinali a Prerov e Dinan. Grazie a questi risultati, la classifica del 23 luglio le ha fatto un bellissimo regalo: numero 91. E ora viene il bello, sperando che qualcuno si accorga di lei.
Sara, la prima domanda è d’obbligo: quando ti sei avvicinata al nostro sport?
Ho iniziato prestissimo! Ho un fratello più grande, e grazie a lui ho iniziato a tirare i primi colpi nel giardino di casa. Avrò avuto 3 o 4 anni. Anche mio padre, pur non avendo mai giocato, è un grande appassionato di tennis. I primi campi da tennis che ho calcato sono quelli di Massa Lombarda, dove vivo tuttora. Il mio primo idolo è stato Andre Agassi.
Sei appena entrata tra le top-100 e stai disputando un’ottima stagione. Eppure di te si sa poco o nulla: come te lo spieghi, e come vivi questa situazione?
Guarda, è una domanda che spesso mi pongo anch’io. Non saprei, mi sono data due possibili spiegazioni. Prima di tutto mi alleno in Spagna, quindi sono un po’ fuori dall’ambiente italiano. Eppure anche la Pennetta si allena in Spagna, e gode di una notevole popolarità. L’altra cosa è che sono un po’ piccola, non molto appariscente, e di conseguenza il mio gioco non può essere “brillante” come forse piace alla gente. Ti dirò che la cosa un po’ mi rattrista. Anche a Palermo, dove ho giocato molto bene, non ho avvertito un gran tifo. Il giorno delle semifinali, prima di me giocava la Knapp e c’era tantissima gente. Quando sono scesa in campo molti sono andati via…un po’ mi dispiace. Un altro episodio l’ho vissuto in finale a Galatina: giocavo la finale contro l’austriaca Schiechtl, e a un certo punto il pubblico ha iniziato a tifare per la mia avversaria! Avevo vinto il primo per 6-1, capisco il desiderio di vedere un match combattuto, però…
Al di là del tifo, come hai vissuto la settimana di Palermo? Senti di aver fatto dei progressi rispetto ad Acapulco, dove avevi compiuto il tuo primo exploit?
Più che migliorata mi sento in fiducia. Acapulco veniva dopo un momento di crisi, mentre a Palermo mi sono presentata molto sicura di me. Ero reduce dalla finale di Cuneo, dai quarti a Biella…insomma, stavo giocando bene. Poi a Palermo ci sono condizioni che mi agevolano, guarda caso molto simili ad Acapulco: terra battuta, livello del mare e addirittura stesso tipo di palle! Poi il gran caldo: le altre ragazze faticavano, mentre io non lo soffro particolarmente. E ho infilato tre 6-2 6-0 di fila! Peccato per la semifinale: vincevo 5-3 nel primo, poi mi sono un po’ innervosita, anche per via del pubblico. A un certo punto uno spettatore mi ha detto: “Svegliati!” e ci sono rimasta un po’ male…
Ti alleni in Spagna. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta? E poi, come ragazza, hai patito l’andare via di casa a 16 anni?
In un certo senso sono stata costretta ad andare via, perchè in Italia non trovavo nessuno che volesse seguirmi a tempo pieno. Non erano disposti a viaggiare. In Italia molto maestri conducono la classica vita da circolo, facendo lezioni per poi tornare a casa la sera. Allenando un giocatore di alto livello non si può fare. Io a 12 anni avevo già vissuto un’esperienza simile, andando da Bollettieri per sette mesi. Allora fu molto difficile, non vedevo l’ora di tornare a casa. L’esperienza spagnola, pur tra mille vicissitudini (Sara è stata “parcheggiata”per qualche mese all’Accademia di Bruguera, poi si è spostata a Valencia in quella di Dorochenko e Aparisi, prima di accasarsi definitivamente all’Accademia TenisVal, sempre a Valencia, dove da quasi 3 anni è seguita da Pablo Lozano, ndr) non è stata particolarmente traumatica. Certamente non è facile lasciare tutti gli amici, a volte mi prende un po’ di nostalgia. Però sono molto concentrata sul tennis sui miei obiettivi: alla fine è questo che prevale.
Pochi appassionati ti conoscono. Che tipo di giocatrice sei?
Il mio colpo migliore è senz’altro il rovescio, ma sto lavorando molto per migliorare il dritto, ed anzi ultimamente mi sposto spesso sul lato sinistro del campo per picchiare proprio di dritto. Il servizio è “scarsino”, ma è comunque funzionale al mio gioco. Se servissi forte, la risposta mi arriverebbe prima e avrei meno tempo per impostare lo scambio. Per la mia statura faccio veramente il massimo, poi sono molto costante. Non sono una che vuole chiudere tutto al primo colpo, mi piace lottare e costruirmi il punto.
Qual è il tuo obiettivo per il 2007? E per la carriera?
A inizio anno il mio obiettivo stagionale era entrare tra le prime 80. Adesso sono al numero 90, e da qui a fine anno devo difendere i quarti al WTA di Budapest e poco altro. Dai, che forse ce la facciamo! Per il futuro non saprei, preferisco non pormi limiti. Prima voglio frequentare i grandi tornei, le grandi giocatrici, e solo allora mi renderò conto di quello che posso fare. E poi, ovviamente, conto di migliorare ancora! Di giocatrici veramente forti ho incontrato solo la Hingis, quindi la mia esperienza è ancora molto limitata.
E’ vero che c’è tutta questa differenza di mentalità tra Italia e Spagna?
Premesso che posso parlare solo della mia esperienza…secondo me si. In Spagna hanno più voglia di lavorare, nel senso che sono più disposti a un certo tipo di mentalità. Sono disposti a viaggiare, a fare sacrifici anche per un sogno proprio. E’ vero che gli spagnoli si inventano feste ogni sera, ma sul campo sono dei gran lavoratori. Mi sento circondata da persone che hanno veramente voglia di aiutarmi. In Italia non era sempre così. Inoltre, in Spagna c’è grossa attenzione verso la tattica. In Italia ci si concentra di più sull’aspetto tecnico, ma quando sono arrivata in Spagna non sapevo come comportarmi in campo. Adesso, invece, so perfettamente cosa fare su ogni singolo punto.
Pablo Lozano, il tuo coach, ha dichiarato che non sempre capisci che nel tennis si può perdere, e che devi imparare ad accettare meglio le sconfitte. Secondo te ha ragione? Stai lavorando in tal senso?
E’ verissimo! Prima di ogni match lui mi incita a dare il massimo, ma mi invita a restare tranquilla e accettare gli errori. Io però mi arrabbio lo stesso, voglio vincere. E questo a volte crea un po’ di isterismo. Ovviamente è una cosa negativa, perchè così facendo regalo fiducia all’avversaria. Si, su questo aspetto devo migliorare molto. Tuttavia credo che sarà importante frequentare i grandi tornei, dove ci sono ragazze serie e concentrate che non dicono una parola in tutto il match. Avere accanto esempi di questo tipo ti stimola a fare altrettanto. Nei tornei minori non è sempre così, un lancio di racchetta c’è sempre…
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