L’INTERVISTA. Parla Giorgio Errani, padre di “Sarita”. Mentre si imbarca per Parigi, dice: “Più che l’obiettivo è bello ripensare alla strada percorsa per ottenerlo. I premi FIT? Non saprei”
"Sara è una ragazza leale e generosa"
Di Riccardo Bisti – 7 giugno 2012
Sono i giorni più importanti nella carriera di Sara Errani. Il Roland Garros 2012, in cui è in semifinale in singolo e in finale in doppio, si traveste da fiaba giorno dopo giorno. E’ più “favola” del 2010 di Francesca Schiavone. Le avevano dato della pazza, ma la milanese aveva detto in tempo non sospetti che “Prima o poi faccio il botto e vinco uno Slam”. Detto, fatto. Al contrario, questa figlia dell’Emilia Romagna devastata dai terremoti ha sempre tenuto un profilo basso. “L’umiltè” predicata da Arrigo Sacchi è il suo credo. Normale che sia così per chi è alta 164 centimetri e si è forgiata alla scuola della sofferenza. Ma c’è qualcuno che ha sempre creduto in lei. E’ papà Giorgio, grossista di frutta e verdura in quella Massa Lombarda dove Sara è cresciuta dopo essere nata a Bologna. Errani Senior ha sempre “lottato” per sua figlia, soprattutto negli anni dell’adolescenza, quando – diciamolo papale papale – non la "cagava" nessuno. Scriveva lettere alle riviste specializzate per chiedere un briciolo di riconoscimento per gli sforzi di una bambina che a 12 anni (do-di-ci!) ha preso armi e bagagli ed è andata al “campionificio” di Nick Bollettieri. Non lo ha mai fatto con aggressività, anzi portava i dati. "Se A vale più di B, perché si esaltano i risultati B?" si domandava. Non lo scopriremo mai, intanto oggi si gode una cucciola che è diventata numero 1 d’Italia e punta dritto alle top 10, indipendentemente da come andrà il match-carriera contro Samantha Stosur. Lo intercettiamo all’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna dove si sta per imbarcare per Parigi insieme alla moglie Fulvia. Sarà in prima a fila a sostenere “Sarita” contro Miss Muscolo Stosur. Saluta la Romagna nel giorno di un altro sisma: “A Massa Lombarda lo abbiamo sentito. Qualcuno si è preso un po’ di spavento, ma per fortuna da noi non c’è stato alcun danno”.
Giorgio Errani, come state vivendo questo Roland Garros?
Bellissimo, fantastico, incredibile. Non saprei cosa dire. Siamo contentissimi per Sara che sta finalmente raccogliendo i frutti del suo duro lavoro.
Vi sentite spesso con Sara? Vi ha raccontato qualcosa che non ha detto ai giornalisti?
Ci siamo scambiati tanti sms, più raramente al telefono. Sara non ama moltissimo stare al telefono. Quando ci sentiamo, tuttavia, cerchiamo di parlare di altri argomenti e non di tennis. Credo che ne abbia già abbastanza! Per questo non ci ha raccontato niente di particolare.
Ma lei avrebbe mai pensato che Sara Errani diventasse così forte?
Quando era molto giovane pensavo che sarebbe entrata tra le prime 50. Poi c’è stato un periodo in cui ha fatto grandi cose: ha vinto Palermo e Portorose, ha giocato alla pari contro la Safina, allora numero 1 del mondo…e ho pensato che le top 25 sarebbero state alla sua portata. Ma sinceramente non mi aspettavo che sarebbe arrivata così in alto. A noi sembra incredibile. La cosa più bella l’ha detta coach Pablo Lozano: secondo lui è più bella la strada che si compie per raggiungere l’obiettivo piuttosto che l’obiettivo stesso. Quando raggiungi uno scopo ti tornano alla mente tutti i ricordi della strada, anche se è stata dura. Non so come la viva Sara, ma per me è così. E’ bello vivere il ricordo delle emozioni vissute durante il percorso.
Rimanderebbe quella lettera a una rivista in cui “rivendicava” i risultati di Sara?
Non lo so. Ma sono tante le cose che non so. Per esempio, se la rimanderei da Bollettieri a 12 anni di età. Sotto certi punti di vista siamo stati degli incoscienti. Ce lo dicevano tutti, forse avevano ragione. Tuttavia, in una situazione simile credo che scriverei di nuovo quella lettera. Il quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare, non capivo il perché di quelle discriminazioni. Non trovavo giusto che una bambina (perché all’epoca era ancora tale) fosse così osteggiata, se non addirittura invisa. Furono momenti difficili, ed è uno dei motivi per cui è andata via dall’Italia. In quegli anni non c’era un ambiente che la supportava.
Di chi è il merito di questo risultato?
Di sole due persone: Sara e il suo allenatore Pablo Lozano. Adesso non saprei fare una percentuale, se 70-30, 60-40 o 50-50, ma loro si sono proprio “trovati”. Quella di insistere con Pablo fu una scelta sua, all’epoca un po’ “burrascosa”. Si trovava a Valencia, in un’Accademia dove c’era un head coach più qualificato di Lozano. Lui era uno dei vari maestri che a turno prendevano i vari giocatori. Si trovarono subito bene e lei un giorno mi disse: ‘L’anno prossimo lascerò quell’Accademia, ho deciso di provarci con Pablo. Cercheremo noi il posto dove allenarci e faremo tutto da soli’. All’epoca criticai la sua scelta, ma poi ho trovato la forza di darle fiducia, un po’ come quando andò da Bollettieri. Forse è stato il mio unico merito: ascoltarla come se fosse un’adulta e non una bambina. Ovviamente la scelta è stata giusta: Pablo non è stato all’altezza, di più.
Quali sono il pregio più bello e il difetto peggiore di Sara?
Pregio: lealtà e generosità. Penso che si evinca dalle sue dichiarazioni. Ha dedicato queste vittorie ai terremotati, a Barcellona aveva mandato un pensiero a Morosini che era morto il giorno prima…poi non si è dimenticata di ringraziare le compagne di Fed Cup. Sinceramente credo che sia una ragazza speciale, anche se il mio è il giudizio di un padre. Credo molto a quello che disse Mario Belardinelli: ‘Prima si fa l’uomo e poi il giocatore’. Penso che nel suo caso sia stato così. Difetti? Non saprei…forse è un po’ sanguigna ed impulsiva, ma credo che faccia parte del gioco.
Due anni fa la FIT aveva predisposto per Schiavone e Pennetta 100.000 euro in caso di semifinale, 200.000 per la finale e 400.000 per la vittoria. Pensa che sarebbe corretto fare altrettanto per Sara, anche per tenere un atteggiamento uguale per tutte?
I premi della Federazione li decide il Presidente. Quando Sara e la Vinci hanno fatto finale in Australia si disse molto contento di un risultato storico e che non si sarebbe dimenticato delle sue atlete. Nello specifico, non so se sia giusto premiare un’atleta con del denaro. Per fortuna non è una scelta che devo fare io, e non credo sia la cosa più importante. Io credo che un Presidente abbia delle priorità che possano cambiare di anno in anno. Non sono così addentro alla Federazione per arrogarmi il diritto di giudicare. Ho parlato 2-3 volte con Binaghi e mi semra una persona corretta, trasparente e con le idee chiare.
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