Con la sconfitta a San Pietroburgo per mano di Kasatkina, l’enfant prodige elvetica sprofonderà attorno alla posizione numero 130. Per lei quattro ritiri e 15 eliminazioni al primo turno negli ultimi 20 tornei. La futura numero uno del mondo designata deve risalire la china.Da San Pietroburgo a San Pietroburgo. Dodici mesi possono bastare per stravolgere mire e orizzonti, per fermarsi a un passo dall’empireo e sprofondare nell’anonimato. È quanto sta accadendo a Belinda Bencic, classe 1997, talento più cristallino della sua generazione, che la settimana prossima sparirà tra le prime 100 del mondo attestandosi attorno alla posizione numero 130 quando neanche un anno fa toccava il settimo gradino del ranking WTA.
IL CROLLO
Con la sconfitta rimediata al primo turno del torneo russo all’elvetica usciranno 305 punti WTA per un tonfo nel ranking di circa 50 posizioni che farà sprofondare una classifica già fiaccata da una disastrosa seconda parte di 2016. Dalla finale persa contro Robertina Vinci, il ruolino di marcia della svizzera ha tinte rosso sangue: nei 20 tornei ai quali ha preso parte, sono arrivate 15 sconfitte al primo turno e negli ultimi dodici mesi sono state appena otto le partite vinte. Bencic ha vinto una partita delle ultime nove, contro Annika Beck a Pechino, prima di ritirarsi per l’ennesima volta. In dodici mesi, le è capitato quattro volte di ritirarsi a match in corso, senza dimenticare il forfait prima di scendere in campo nel secondo turno di Wimbledon. Insomma, un autentico disastro suffragato (in parte) da una serie di infortuni tragicomica: la schiena le ha fatto saltare l’intera stagione sul rosso, il polso l’ha messa k.o. all’All England Club e alle Olimpiadi, una rovinosa caduta ha causato il ritiro a Wuhan e, infine, un dolore al piede l’ha costretta al ritiro a Sydney. Troppi infortuni e troppo diversi tra loro per accanirsi con la malasorte, specie se si scorrazza il circuito con un fisico eufemisticamente non tirato a lucido. PREDESTINATA
E pensare che, in avvio di carriera, godeva di così tanto credito che quasi non aveva fatto notizia il suo ingresso – da diciottenne – in top-ten, arpionato proprio a seguito della finale a San Pietroburgo. Nonostante l’età post-adolescenziale, da anni ormai si parla di Bencic con toni di assodata certezza, come se vederla in cima al ranking fosse solo questione di tempo. Di lei si è detto “quando diventerà numero uno” senza mai veramente dubitare nella riuscita della scalata. Difficile sostenere il contrario specie quando, appena diciottenne, vinse l’Open del Canada schiaffeggiando in semifinale Serena Williams. La svizzera, a ben vedere, pare l’alter ego femminile di Sascha Zverev: col tedesco, oltre a una chiacchierata simpatia reciproca fuori dal campo e l’anno di nascita, Belinda condivide il fardello di un futuro designato come numero uno. La differenza sostanziale tra i due è il contesto: mentre Zverev si trova a competere in un circuito fortemente gerarchizzato al vertice, Bencic ha approfittato di una concorrenza più docile che le ha permesso di arrivare più in alto (fino al numero 7 nel febbraio 2016), impiegando meno tempo.
Dopo aver assaporato l’odore del successo, tuttavia, Belinda e Sascha hanno reagito in modo diverso: mentre il tedesco è sempre più convintamente proiettato in rampa di lancio e già “settato” nella testa come un numero uno – basti ascoltare le risposte preconfezionate che offre ai cronisti per credere – Bencic si è probabilmente adagiata su un talento unico che chiaramente non basta per primeggiare ai massimi livelli. Come si è oscurato il mondo dell’enfant prodige di Flawil in appena dodici mesi: era a qualche gradino dalla cima, ora si ritrova costretta a mischiarsi con la plebe del tennis mondiale per risalire la china e restaurare una classifica che dalla prossima settimana non le darebbe accesso neanche al main draw del Roland Garros.
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