IL PERSONAGGIO – Con un intrigante mix fra il tennis di talento tipico dei francesi e l’atteggiamento riservato dei nordici, Lucas Pouille è la sorpresa degli Internazionali d’Italia. Battuto nelle qualificazioni, è in semifinale con due soli match vinti e altrettanti (grossi) aiuti dalla bea bendata. “Fortunato? Mai”… (Foto Costantini / FIT)– Lucas Pouille ha almeno due persone da ringraziare. Prima Jo-Wilfried Tsonga, che si è stirato in allenamento e gli ha aperto le porte del tabellone principale con l’abbuono del primo turno, poi Juan Monaco, che ha fatto fuori Stan Wawrinka e poi ha dato forfait prima dei quarti per un problema all’anca. Così il 22enne francese, capelli chiari e occhi azzurri ereditati dei geni finlandesi di mamma Lena, è diventato il primo semifinalista della 73esima edizione degli Internazionali d’Italia. Proprio lui che i campi del Foro li aveva salutati già domenica, con tanta amarezza, sconfitto da Mikhail Kukushkin al turno finale delle qualificazioni. Da sorpresa negativa a sorpresa positiva, con parecchia fortuna ma anche la terza vittoria in un mese e mezzo contro un top-10: prima Ferrer a Miami, poi Gasquet a Monte-Carlo, quindi di nuovo lo spagnolo. Qualche segnale l’aveva dato, e in Francia lo aspettano da tempo, anche se da lì a giocare una semifinale in un Masters 1000 da lucky loser ce ne passa. Per trovarne un altro, l’unico, bisogna sfogliare i libri dell’ATP fino a tornare al 2004, con un altro biondo dagli occhi azzurri come Thomas Johansson, lui sì nordico al 100%. Ma lo svedese vinse comunque quattro match, mentre a Pouille ne sono bastati appena due: prima da 6-3 4-2 sotto contro Gulbis, poi di forza contro Ferrer, steso 6-4 6-1 in un’oretta. Insomma, qualche merito c’è, ma la fortuna ha fatto la sua bella parte. E così, invece di scendere in campo, intorno alle 12 si è presentato in conferenza stampa, felicissimo, scherzando coi giornalisti francesi. “Martedì mattina ero eliminato – ha detto –, mentre oggi sono in semifinale. Non so se avrei vinto con Monaco, ma posso dire di sentirmi benissimo. A ‘sto punto spero di raggiungere la mia prima finale. Magari la fortuna finirà, magari no. Incrociamo le dita”. Domani se la vedrà con Murray, passato 6-1 6-4 su Goffin, meno bravo a gestire le condizioni di gioco complicate a causa del vento.

TENNISTA PER CASO
Terzo di tre fratelli, Lucas poteva nascere in Finlandia come il primo, invece dopo un paio d’anni di matrimonio i genitori si sono trasferiti per lavoro a Grande-Synthe, nel nord della Francia, offrendo ai “galletti” un altro giovane di spessore. A febbraio era numero 91 del mondo, poi si è regalato gli ottavi a Miami e Monte Carlo, la prima finale ATP a Bucarest e ora la semifinale al Foro. Totale: 776 punti negli ultimi cinque tornei, la posizione numero 31 garantita per il prossimo lunedì e una testa di serie per il Roland Garros acciuffata in extremis. Non poteva chiedere di meglio, anche perché per lui i French Open sono il torneo di casa nel vero senso della parola, visto che si allena allo Stade Roland Garros da una vita, da quando aveva dodici anni, sotto la guida della Federazione francese. Già al tempo, il piccolo Lucas aveva le idee piuttosto chiare. “A quell’età sognavo di fare del tennis la mia vita, così mi sono trasferito a 600 chilometri di casa, da solo. E un paio d’anni dopo ho capito che potevo fare sul serio, allora ho provato a dare il 110% per diventare un giocatore”. Dal 2012 si allena col rude Emmanuel Planque (che non è a Roma perché si è preso una settimana di vacanza: tempismo perfetto), e a differenza di tanti professionisti si è avvicinato al tennis per caso. Niente genitori o parenti con la racchetta – papà lavora alla marina, e mamma con lui – ma solo un amico di suo padre che aprì un club e lo invitò. “Avevo otto anni, chiese a mio padre se mi andava di provare”. Una quindicina d’anni dopo eccolo qui, cresciuto nel mito di Federer, con un tennis servizio-diritto più adatto al cemento e il sogno di un posto fra i primi dieci. Non di più? “Certo, ma poi rischio di sembrare presuntuoso”.

TALENTO FRANCESE, ATTEGGIAMENTO NORDICO
A tennis gioca da francese, con la benedizione di Roger Federer (“sa fare tutto, in Francia c’è una grande scuola e giocatori come lui ne sono la dimostrazione”), ma come atteggiamento sembra più nordico, con la testa sulle spalle, la stessa fidanzata da cinque anni e interessi comuni a tutti i ventenni di ‘sto mondo. “I nordici sono molto calmi, freddi, non mostrano grandi emozioni. In campo sono così, ma anche fuori. Adoro stare con gli amici, magari per una partita a pallone, o con la mia famiglia. Giriamo il mondo ogni settimana, non ho molto tempo per stare con i parenti”. È la vita del tennista, sempre con la valigia in mano, un giorno up e l’altro down, come il suo torneo romano: ancora eliminato martedì mattina, in semifinale tre giorni dopo. Ma fare il tennista ha anche i suoi vantaggi. “Giocare in uno stadio pieno è un’emozione impareggiabile, e poi viaggiare, conoscere gente nuova ogni settimana. Per il momento non trovo parti difficili in questo ruolo. L’unica cosa che soffro un po’ è la distanza dai miei cari”. Il sogno? “Troppo facile: Roland Garros. O meglio, vincere uno Slam, ma specialmente quello. Penso sia il sogno di ogni francese”. Vero, eppure non ce la fanno dalla storica impresa di Yannick Noah, anno 1983, 33 stagioni fa. “È sempre più difficile: basta guardare agli ultimi dieci anni, quanti giocatori hanno vinto uno Slam? 6 o 7, i soliti noti più Del Potro e Wawrinka (dimentica Cilic, ndr). Qualcuno ci è arrivato vicino, ma vincere è difficilissimo”. E soprattutto non si può sempre puntare sulla fortuna. “Ma solitamente non sono affatto fortunato, anzi. Mi piace giocare, mi piace andare al casinò ma perdo praticamente sempre”. Chissà se ci farà una capatina al ritorno da Roma, con (almeno) 180mila euro in più sul conto corrente. Visto l’andazzo potrebbe valerne la pena.

MASTERS 1000 ROMA – Quarti di finale
Lucas Pouille (FRA) b. Juan Monaco (ARG) ritiro
Andy Murray (GBR) b. David Goffin (BEL) 6-1 6-4