Rivelazione di Roger Federer: quando aveva 13 anni, la famiglia è stata a un passo dal trasferirsi definitivamente in Australia. Non si fece, e il piccolo Roger ci rimase malissimo.
Federer e Hewitt avversari in Coppa Davis. Ma avrebbero potuto essere compagni…
Di Riccardo Bisti – 15 gennaio 2013
Dopo aver letto questo articolo, gli australiani potranno mettersi a piangere. E gli svizzeri tirare un sospiro di sollievo. Ebbene si, Roger Federer avrebbe potuto diventare australiano, in barba alla natia Basilea e al Sud Africa di mamma Lynette. Lo svizzero aveva 13 anni e scoppiò in lacrime quando i genitori gli dissero che non si sarebbero trasferiti in Australia. Ci rimase malissimo. “Ricordo bene quel periodo. Sarebbe stato un notevole cambio di vita, non ho dubbi”. Roger aveva sfiorato l’argomento tre anni fa, ma solo oggi ha rivelato quanto ci fosse rimasto male. “E’ stata una vicenda molto seria. I miei genitori avevano preso in considerazione la cosa. Mio padre era andato in Australia per un paio di viaggi di lavoro, entrambi della durata di tre mesi”. Ancora oggi, il paese dei canguri è considerato una specie di La Mecca del lavoro. Ma già all’epoca era così. Era dunque normale che un’azienda farmaceutica facesse a Robert Federer una buona offerta di lavoro. “In famiglia c’è stato un acceso dibattito sull’opportunità di trasferirsi in Australia – ricorda Federer – mio padre ci chiese se eravamo disposti ad andare. Io ero entusiasta. Dissi: ‘Si, andiamo, sono pronto ad andare in Australia e rimanerci’”. Alla fine, il capofamiglia decise di declinare l’offerta, spegnendo gli entusiasmi del giocane Roger. “No, qui abbiamo troppi amici – disse papà Federer – le nostre radici sono qui, non credo sia giusto andare via”. Roger ci rimase malissimo. Non voleva crederci, scoppiò a piangere.
All’epoca era già un potenziale fenomeno, ma avrebbe fatto in tempo a diventare australiano. “Col senno poi sono contento di essere rimasto in Svizzera, ma sarebbe stato divertente giocare in Coppa Davis con Lleyton Hewitt”. Entrambi classe 1981, Roger e Lleyton sono compagni di vecchia data. Nel 1999, anno dell’esordio (per entrambi) a Wimbledon giocarono il doppio insieme. Nel 2003, quando Federer portò la Svizzera in semifinale di Davis, si affrontarono sulla Rod Laver Arena. Vinse Hewitt in rimonta, poi gli Aussies vinsero la loro ultima Davis. Fosse diventato australiano, probabilmente avrebbe vinto l’Insalatiera, unico trofeo che manca al suo straordinario palmares (insieme all'oro olimpico in singolare). Tuttavia, non sembra esserci spazio per i rimpianti. “La Svizzera è un paese incredibile. Sono molto grato a Swiss Tennis per tutto quello che ha fatto per me. Il set-up didattico in Svizzera era perfetto, quindi sono contento di essere cresciuto così. Probabilmente in Australia sarebbe stato ugualmente bello”. L’anno dopo, quando Roger aveva 14 anni, anziché trasferirsi, i Federer fecero una vacanza in Australia. C’erano tutti, anche la sorella Diana. “Abbiamo fatto un viaggio di due settimane: siamo stati alla Grande Barriera Corallina, a Cairns, Brisbane e Sydney. Non arrivammo a Melbourne, ma facemmo tutta la costa orientale”.
Se il viaggio si fosse concretizzato, Federer avrebbe potuto scegliere per chi giocare. La natia Svizzera o l’accogliente Australia? I regolamenti ITF sono molto elastici: consentono di giocare per una nazione dopo averne già rappresentata un’altra. “Chissà per chi avrei giocato. Si, forse per l’Australia. Credo che a un certo punto sarebbe stato bello. Adesso, ovviamente, è fuori discussione. Ma con le tradizioni e l’eredità che ci sono in questo Paese, sarebbe stato davvero divertente”. Federer non dà per scontato che insieme a Hewitt avrebbe vinto l’Insalatiera, ma non c’è dubbio che avrebbero formato una grande coppia. Probabilmente non avrebbero perso la finale del 2001, sempre alla Rod Laver Arena, quando furono costretti a schierare il modesto Wayne Arthurs, dando gloria eterna a Nicolas Escudè. E dopo il ritiro di Philippoussis, ultimo australiano davvero competitivo, chissà cosa avrebbero potuto fare. “Chi lo sa. Non si vincere a parole. Vincere la Davis richiede un sacco di sacrifici. Ma credo che avremmo avuto le nostre occasioni”. E magari gli avrebbero fatto capire il valore della Davis e tutto ciò che rappresenta. Simboli che Federer non ha mai amato fino in fondo, con la sua disponibilità “a intermittenza” per la nazionale rossocrociata. Bene, cari australiani: potete piangere.
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