Dopo due anni e mezzo di inattività, Joachim Johansson vince 4 partite a Stoccolma. Dovesse andare in semifinale, diventerebbe n. 1 di Svezia. Ma occhio ai facili entusiasmi…
Markus Eriksson ha quasi 24 anni, è numero 406 ATP ed è allenato da Fredrik Rosengren. Con i suoi 94 punti ATP, è il numero 1 di Svezia. Anni fa (neanche troppi, a dire il vero), essere il miglior tennista gialloblu voleva dire essere tra i primi 10 al mondo, forse anche il numero 1. Il caso svedese è incredibile: sono piombati dalle stelle a stelle in appena 15 anni. Un crollo verticale che cozza con la qualità degli allenatori. Oltre a Rosengren, la "Good to Great Academy" di Stoccolma si propone come uno dei luoghi più “cool” del tennis mondiale, con gli ottimi risultati conseguiti alla guida di Grigor Dimitrov e (soprattutto) Stanislas Wawrinka. Ma gli indigeni non emergono: il promettente Elias Ymer, “sponsorizzato” qualche tempo fa da Jonas Bjorkman, è ancora n. 794, mentre l’ex baby fenomeno Daniel Berta è addirittura fuori dai primi 1.000. Una situazione troppo brutta per essere vera, emersa nella sua crudezza con la lunga pausa di Robin Soderling, fermo da due anni e tre mesi a causa di una terrificante forma di mononucleosi. E allora, in una settimana priva di grandi eventi, “la” storia della settimana diventa quella di Joachim Johansson, il mitico “Pim Pim”, 198 centimetri di potenza devastante ma fragile. La sua storia è nota: entrato a gamba tesa nel circuito a inizio anni 2000, ha centrato un’incredibile semifinale allo Us Open 2004, battendo il campione in carica Andy Roddick con il suo tennis bum-bum, fondato su un servizio mostruoso. E’ arrivato al numero 9 ATP, ma la sua carriera è stata ben presto rallentata (e spesso interrotta) dagli infortuni. Nel 2011 ha tentato un mini-comeback, ha aiutato la Svezia a passare un turno in Coppa Davis, poi si è fatto male di nuovo ed ha alzato bandiera bianca, a 29 anni ancora da compiere. Un dato su tutti: ha giocato la miseria di nove Slam.
La decisione sembrava definitiva, tanto che oggi ha messo in piedi una società, la Pim Pim Ace Management, dove fa un po' di tutto: propone modelli di business, allena ragazzini e adulti e si propone per giocare esibizioni. Possibile che sia felice così? In fondo, la scelta di ritirarsi non è stata sua…E allora, qualche settimana fa, è giunta la notizia di una wild card per le qualificazioni di Stoccolma, laddove sette anni fa battè addirittura Rafael Nadal. Alla Kungliga Tennishallen non ha mai vinto, ma quel palazzetto retrò è come casa sua. La superficie in Play-It esalta le sue bordate, e le tribune in legno rimandano ai tempi in cui il tennis indoor era davvero veloce, e non omologato come oggi. L’invito è arrivato non senza polemiche: Fredrik Rosengren, che è anche capitano di Davis, ha criticato la scelta degli organizzatori. A suo dire, avrebbero potuto favorire qualche giovane. “Niente di personale contro Joachim, ci mancherebbe altro. Però ho qualche dubbio su questa scelta”. Da parte sua, “Pim Pim” (lo chiamano così sin da piccolo, quando il fratello maggiore faticava a pronunciare il suo nome di battesimo e allora diceva ‘Joa-pim’) preferisce stare alla larga dalle polemiche. “Non sta a me decidere”. D’altra parte, se hanno dato una wild card a Jonas Bjorkman (41 anni) per il doppio, perchè non darla al 31enne Johansson (peraltro solo per le qualificazioni)? Mai scelta fu più azzeccata. Gli anni passano, ma il servizio è sempre lo stesso. Chvojka, Bachinger e Dzumhur sono volati via senza avere neanche una palla break. Al primo turno del main-draw, ha battuto seccamente Alejandro Falla. Ok, il colombiano non sta giocando granchè, ma quest’anno vanta pur sempre una finale a Bogotà, su un campo rapidissimo. E tre anni fa stava per battere Roger Federer a Wimbledon.
Lo svedese si è imposto con un netto 6-1 6-3. In meno di un’ora, ha conquistato altri 20 punti ATP: sommati ai 12 delle qualificazioni, entrerà in classifica direttamente tra i top-700 ATP. Se per caso dovesse arrivare in semifinale (dura, perchè adesso troverà Milos Raonic, numero 2 del tabellone), diventerebbe il numero 1 di Svezia anche secondo il computer. Sarebbe clamoroso. E chissà quali strane idee potrebbero maturargli in mente. Per adesso gli organizzatori se la ridono: nonostante la contemporaneità della partita della nazionale svedese di calcio, le tribune erano quasi piene. Chi era presente, giura che in Svezia non si respirava un così grande interesse dai tempi d’oro di Soderling. In effetti, il match di giovedì contro Milos Raonic è da non perdere. Pioveranno ace a grappoli, è facile ipotizzare uno o due tie-break…e a quel punto potrebbe succedere di tutto. Se lo augurano in tanti: l'avventura di Johansson sta piacendo molto, come se lo svedese potesse portare freschezza e spettacolo nel circuito. Francamente, ci sembra un entusiasmo esagerato. Nulla contro Johansson, che anzi è un personaggio molto piacevole: due anni fa, quando giocò a Bergamo, non chiese alcun trattamento di favore e si comportò benissimo, con moglie e figlio al seguito. I presenti ricordano ancora con affetto una sua frase: “L’Italia mi resterà sempre nel cuore, perchè è il posto dove mio figlio ha visto per la prima volta un prato verde. Sapete, in Svezia sono sempre coperti di neve…”. Ma è giusto ricordare cosa si diceva di lui una decina d’anni fa. Con la sua potenza strabordante, era visto come una minaccia al futuro del tennis. Con il solo servizio (in realtà, gioca benino anche dritto e rovescio) era arrivato tra i top-10. Tanti temevano che fosse il prototipo del tennista-robot, emblema di un power-tennis che avrebbe seppellito tecnica e spettacolo. Anche per giocatori come lui, l’ATP ha messo in atto un rallentamento di palle e superfici che ha generato un’eccessiva omologazione. Il rientro di Johansson è un episodio piacevole, quasi divertente, ma non è il caso di idolatrarlo. Un maggiore spettacolo non passa dal ritorno di un bombardiere, ma da un’analisi attenta e complessiva del problema-omologazione.
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